Designer vagina, la chirurgia estetica vaginale
Nell'ultimo decennio si è diffusa sempre di più soprattutto tra le donne molto giovani. Perché intraprendere questa strada? Quali sono i rischi?
SALUTE – Restringere il canale vaginale, ridurre le piccole labbra che sporgono rimuovendo una parte della mucosa, ricostruire l’imene con un’imenoplastica, ritrovare l’elasticità e il turgore perduti con l’età. Tutto questo è la chirurgia estetica vaginale, che negli ultimi dieci anni si è diffusa sempre di più sia nel settore medico privato che in quello pubblico. E spesso in quello privato si è lasciata andare ad affermazioni poco mediche -alcuni esempi in una classifica di Buzzfeed, che inizia con Bad vaginas ruin relationships-.
Se alcuni canali privati non tengono traccia né forniscono dati in merito al numero di persone che si rivolgono al chirurgo, per altri -come la clinica del Regno Unito Transform Cosmetic Surgery– raccogliere i dati è tra gli obiettivi in corso. La TCS, i cui professionisti operano in tutti gli ambiti della chirurgia estetica, ha ricevuto circa 1.150 richieste per labioplastica (intervento correttivo alle piccole labbra) all’anno negli ultimi quattro anni. “Transform si trova in una posizione privilegiata per poter diffondere queste informazioni con autorità”, ha commentato la direttrice operativa Patricia Dunion al Telegraph, “e pianifichiamo di registrare tutti i dati per i prossimi 40 anni, in modo da fornire il quadro su ciò che spinge i britannici a considerare la chirurgia estetica”.
Designer vagina
In inglese alla chirurgia estetica vaginale ci si riferisce anche come “designer vagina” surgery. Designer perché tra le motivazioni che spingono una donna a rivolgersi al chirurgo ci sono sì problemi fisici di tipo funzionale, ma anche un’abbondante dose di motivazioni estetiche. Ovvero di insicurezza e disagio nei confronti del proprio corpo, spesso tutto fuorché motivate, nonché uno degli aspetti che più preoccupa i medici a livello internazionale. Chi richiede una designer vagina oggi? Principalmente giovani ragazze tra i 18 e i 24 anni, spinte da motivazioni che riguardano uno scontento per l’aspetto della propria vagina, non tanto per la funzionalità. Ed è questo uno dei motivi per i quali alcuni esperti ritengono vada sempre affiancata un’assistenza psicologica alle donne che si avvicinano a questo tipo di chirurgia.
Non solo per il loro benessere ma anche per evitare che interventi a puro scopo estetico vengano pagati dal sistema sanitario nazionale, come spiega un gruppo di medici del Royal College of Obstetricians & Gynaecologists (RCOG) nel rapporto Ethical considerations in relations to female genital cosmetic surgery del 2013, in cui si trattano tutti gli aspetti in discussione da parte della comunità scientifica in merito alla chirurgia che interessa i genitali femminili. A partire dal fatto che se le testimonianze delle pazienti parlano di una soddisfazione al 100%, mancano ancora studi controllati e su ampi campioni sugli effetti a lungo termine (sulla salute psicologica, sessuale e via dicendo). Molte delle ricerche disponibili parlano di risultati positivi ma fanno riferimento al trattamento di singoli casi.
Chi lo fa e perché: in Italia
“L’intervento più richiesto è la labioplastica vaginale, ovvero la riduzione delle piccole labbra”, racconta Stefano Veneroso, chirurgo estetico. Normalmente non sono visibili ma a volte capita che sporgano dalla fessura vulvare, molto prominenti o cadenti. “Le motivazioni che spingono una donna a cercare questo intervento sono spesso di carattere funzionale: per via dell’ipertrofia, condizione con la quale si nasce, le pazienti soffrono di irritazioni locali molto frequenti, oppure provano dolore durante i rapporti sessuali”.
Altre volte si tratta invece di cause estetiche o comunque non patologiche, come il disagio nell’indossare vestiti molto attillati o costumi da bagno perché le piccole labbra sono visibili, oppure fastidi legati allo sfregamento locale per quelle donne che praticano sport come l’equitazione o il ciclismo. Che problemi comporta concretamente un’ipertrofia vaginale (sul cui trattamento non c’è una vera e propria unanimità)? Perlopiù questioni legate all’igiene, perché “spesso c’è un ristagno di urine e le pazienti tendono a soffrire di frequenti vaginiti”, spiega Veneroso. “Cercano di ovviare con un’igiene intima intensa, ma anche in questo caso le conseguenze ci sono perché viene alterata la flora batterica. In passato la situazione era la stessa, solo che l’argomento non veniva trattato”.
La vagina ideale
Un elemento più recente è la concezione di una vagina ideale, un modello uniformato di come dovrebbero essere i genitali femminili. E lo dobbiamo alla pornografia e alle immagini pesantemente modificate al computer. Immagini in cui non ci sono piccole labbra visibili attraverso i costumi da bagno, modelli che -insieme alla moda di cerette come quella brasiliana, che sono sempre più diffuse- hanno contribuito a plasmare l’idea che ci siano vagine belle e brutte, giuste o sbagliate. Quando invece la variabilità di una vagina è più o meno infinita, e delle piccole labbra un po’ sporgenti non sono segno di una qualsivoglia condizione clinica. La stessa ipertrofia non è altro che una peculiarità anatomica, ma le “pressioni sociali” portano molte donne a pensare che sia qualcosa di anormale.
“Anche le pazienti che all’inizio sembrano spinte da motivazioni estetiche poi arrivano a lamentare dei fastidi nei rapporti sessuali oppure un’igiene intima difficoltosa. Ma dal punto di vista psicologico, pur avendo una situazione anatomica del tutto normale, non stanno bene”, racconta Veneroso. “Hanno difficoltà a mostrarsi nude di fronte a un nuovo compagno, o a fare la doccia con altre ragazze”. Nel rapporto RCOG vengono trattati anche i termini entro i quali è “eticamente corretto” da parte di un medico fare questo tipo di interventi. “La chirurgia cosmetica deve essere praticata per ovviare alla sofferenza causata dalla percezione di anormalità”, una frase piuttosto libera alle interpretazioni -scrivono gli autori-, che lascia nelle mani del chirurgo la responsabilità di stabilire se sia questa la circostanza. La stessa SICPRE, la Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, invita a fare molta attenzione e a rivolgersi unicamente a specialisti seri, evitando lo sfruttamento commerciale.
L’intervento di labioplastica (come la maggior parte degli altri di chirurgia vaginale, il cui costo in Italia è compreso tra i 2.500 e i 5.000 euro) viene fatto in day hospital, in anestesia locale con sedazione profonda, e prevede poi circa una settimana di riposo a casa. Quattro settimane invece di astensione sia dai rapporti sessuali che dallo sport. Al termine dei primi sette giorni scompaiono le suture, realizzate con filo chirurgico riassorbibile.
Rischi e complicanze
Per la labioplastica, ce ne sono?
“Le piccole labbra svolgono un ruolo importante nelle funzioni sessuali. Ci sono evidenze di una fitta innervazione e della presenza di recettori per l’estrogeno sulla loro estremità libera. Contengono tessuto erettile alla base, si ingrandiscono e partecipano all’eccitazione sessuale. Dopo una labioplastica possono verificarsi danni a lungo termine alla sensibilità e alle funzioni sessuali, perché l’intervento potrebbe compromettere l’innervazione”
Questo si legge sul rapporto RCOG, in cui gli autori sottolineano la responsabilità dei medici di chiarire alle pazienti tutti i potenziali rischi dell’intervento. Veneroso rassicura: “La labioplastica viene fatta in anestesia locale e comporta sicuramente il rischio oggettivo dell’intervento in sé. Come tutti gli interventi chirurgici. La cosa importante sono le tecniche che si utilizzano. Bisogna asportare la giusta quantità di mucosa e usare suture adeguate. I possibili rischi stanno nel modo in cui viene fatta l’escissione, il chirurgo non deve mai eccedere nella porzione alta, quella clitoridea, che è ricca di terminazioni nervose.”.
Lipofilling e motivazioni cliniche
Se la ricostruzione dell’imene in Italia non viene richiesta, in quanto legata solo a motivazioni culturali e religiose, un intervento diffuso è invece il restringimento del canale vaginale, che viene richiesto perlopiù dalle donne che hanno avuto più figli o parti multipli. Il motivo anche in questo caso non è patologico ma legato al benessere, in particolare alla salute sessuale (che, non va dimenticato, è riconosciuta dall’OMS come un elemento fondamentale per ogni individuo). “Le pazienti non provano più piacere nell’avere rapporti con il proprio compagno ed è per questo che richiedono l’intervento”, spiega Veneroso.
Quando alla base del disagio ci sono invece delle patologie come la vulvodinia (condizione che causa dolore cronico nell’area che circonda la vulva e le cui cause ancora non sono chiare, ma che compromette pesantemente la qualità della vita) oppure la distrofia vulvovaginale (che induce in vagina e vulva un processo di atrofia, con assottigliamento delle piccole e grandi labbra e riduzione della vascolarizzazione) si può ricorrere alla tecnica del lipofilling.
“Spesso viene utilizzato per le donne in menopausa, o per trattare determinate condizioni. Si tratta di infiltrazioni in sede vaginale del grasso della paziente, che viene prima prelevato e trattato, poi iniettato nuovamente in modo da ridare il tono, il turgore e l’elasticità perdute”, spiega Veneroso. Il lipofilling può aiutare anche nel caso di episiotomie e cicatrici, per ridare elasticità alla porzione di tessuto che, a causa della cicatrice, è in continua tensione. E causa dolore, oltre a compromettere a volte la qualità della vita e impedire una soddisfacente vita sessuale. “Si tratta di una tecnica della medicina rigenerativa e viene usata molto comunemente anche in altri distretti corporei”.
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