Il fu Ettore Majorana?
Il libro di un fisico francese e le recenti notizie sulla sua presenza in Venezuela negli anni Cinquanta alimentano uno dei grandi gialli del Novecento
CULTURA – In una notte terribile Adriano Meis gira per le strade di Roma scosso da emozioni e sentimenti contrastanti. Il Tevere e le sue acque sono la via d’uscita dalla situazione in cui si è ritrovato, la possibilità di voltare pagina. Lascia cappello e bastone sul parapetto del ponte e, approfittando dell’oscurità, invece di annegarsi, semplicemente, se ne va. Tornerà a Miragno, in Sicilia, riprendendosi la sua identità di Mattia Pascal, pronto a “morire per la terza volta”.
La notizia che Ettore Majorana fosse ancora in vita tra il 1955 e il 1959, secondo quanto indicano le conclusioni delle indagini della Procura di Roma guidate dal procuratore aggiunto Pierfilippo Liviani, ha inevitabilmente riportato alla ribalta il parallelo tra il fisico catanese, collega di Enrico Fermi tra i ragazzi di via Panisperna negli anni Trenta del Novecento, e il personaggio scaturito dall’invenzione romanzesca di Luigi Pirandello. Majorana quando scompare nella notte del 27 marzo 1938 avrebbe usato anch’egli l’acqua, quella del mare tra Palermo e Napoli, per inscenare un finto suicidio e sparire. Secondo la Procura di Roma, il fisico riapparirebbe in Venezuela nella seconda metà degli anni Cinquanta, come testimonia la foto in cui un certo Bini (questo l’alter ego che avrebbe scelto Majorana) è ritratto in compagnia di un altro italiano, Francesco Fasani, a Valencia in Venezuela. A suffragare questa ipotesi, la presenza anche di una cartolina degli anni Venti indirizzato a Quirino, zio di Ettore Majorana, e trovata tra le carte di Fasani.
La riapertura delle indagini era stata voluta nel 2011 dalla stessa famiglia di Majorana, che non ha mai accettato l’ipotesi del suicidio, dando indirettamente ragione a Enrico Fermi che sosteneva che un uomo dell’intelligenza di Ettore aveva sicuramente la capacità di sparire senza lasciare traccia se lo avesse desiderato. Ma lo voleva davvero? Quella del congedo dal mondo quasi per una scelta morale è sostanzialmente la tesi sostenuta negli anni Settanta da Leonardo Sciascia nel suo volume La scomparsa di Majorana: l’acuta intelligenza del fisico catanese, la sua genialità, gli avrebbero fatto comprendere con largo anticipo sui suoi colleghi le potenziali e distruttive conseguenze delle ricerche sulla fisica subatomica. Conoscenze che, appena sette anni più tardi a quella notte del 1938, avrebbero portato ai funghi atomici di Hiroshima e Nagasaki.
È un’ipotesi che Etienne Klein, fisico francese e direttore del Laboratoire des Recherches sur les Sciences de la Matière (LARSIM), rifiuta nel suo recente Cercando Majorana (Carocci, 2014), in cui ha ripercorso la vita e i luoghi di quello che è, a tutti gli effetti, un suo mito personale. Quella di Sciascia è un’ipotesi suffragata a posteriori dalla conoscenza che lo scrittore aveva della storia successiva al 1938, sostiene. Ma all’epoca in cui Ettore Majorana era sicuramente vivo e attivo in Italia, l’idea che avesse potuto intuire fino in fondo la possibilità di costruire una bomba nucleare cozza con le conoscenze scientifiche dell’epoca. E quand’anche il Grande Inquisitore, come era soprannominato dai colleghi all’Istituto di Fisica di Roma, avesse compreso tutto questo in anticipo, allora perché avrebbe poi accettato la cattedra di Fisica nucleare all’Università di Napoli?
Klein ha fatto in prima persona quel viaggio in nave tra Napoli e Palermo, cercando di immedesimarsi in Majorana. Chiede al comandante che probabilità ci sono di ritrovare il corpo di una persona che dovesse gettarsi in mare su quella tratta. Una su due, gli risponde, considerando le correnti marine. Avrebbe Majorana, nella sua acutezza e genialità affidato il suo proposito di scomparire del tutto a un gesto dalla stessa probabilità del lancio di una monetina? Anche l’ipotesi del suo ritiro in un convento gli appare improbabile e, comunque, non suffragata da prove. In definitiva, Majorana «è una particella quantistica, il cui destino sovrappone una moltitudine di traiettorie, senza che nessuna di esse possa essere considerata più reale delle altre».
A differenza di altre indagini sulla sua scomparsa, nel libro di Klein – davvero appassionato, sebbene non sempre sorretto da una verve narrativa adeguata – rimane la figura scientifica di Majorana. Del suo lavoro viene sottolineata l’importanza, ci rammenta Klein, ma non ci si prende mai la briga di spiegarla, «come se la scomparsa dell’uomo avesse inghiottito l’opera del ricercatore». Ma il Majorana fisico teorico è di strettissima attualità in almeno tre campi di ricerca: perché i neutrini che osserviamo sono sempre “sinistrorsi”? Perché e come è scomparsa l’antimateria? Di che cosa è fatta la materia oscura? Klein collega il Majorana visionario degli anni Trenta a questa attualità scientifica e dimostra che il solo fatto che un ricercatore dalla vita attiva così breve abbia trattato temi tanto vasti e diversi lo ponga necessariamente tra i più grandi. Tra Newton e Galilei, dice qualcuno.
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