Le planarie si fanno crescere la testa di altre specie
Questi vermi piatti sono famosi per la capacità di rigenerarsi, ma sanno fare molto di più: per esempio sviluppare testa e cervello altrui
WHAAAT? Il venerdì casual della scienza – Alla Tufts University un gruppo di biologi è riuscito a fare crescere a una specie di planaria la testa di altre specie, sempre vermi piatti del genere Planarium, comprese le caratteristiche fisiologiche del cervello. Il tutto senza agire sulla sequenza genomica degli animali, ma intervenendo sui loro circuiti fisiologici, più precisamente sulle sinapsi elettriche del loro corpo. La scoperta è talmente interessante da essersi guadagnata la copertina dell’International Journal of Molecular Sciences, uscito il 24 novembre.
Le planarie sono diffuse un po’ in tutto il mondo e vivono in acque dolci e salate: oltre a essere animali molto sensibili all’inquinamento e, di conseguenza, ottimi bioindicatori dello stato di salute di un ecosistema (acquatico o terrestre), hanno una notevole capacità rigenerativa che le ha rese oggetto di studi scientifici. Non si tratta solo di riparare le ferite, o farsi ricrescere la coda come fanno le lucertole: se vengono tagliate a pezzetti, ogni frammento darà origine a una nuova planaria.
Le informazioni su un organismo, quelle che ne determinano l’anatomia e quindi (nel caso delle planarie) la forma che noi possiamo osservare anche a occhio nudo, esistono anche al di fuori della sequenza genomica: riuscire a cambiare la forma della testa di una planaria attraverso le sinapsi, per esempio, suggerisce che le differenze tra una specie e l’altra possano dipendere anche dall’attività di reti bioelettriche. D’altronde, precisano i ricercatori, non è una novità che le reti neurali sfruttino le sinapsi per accumulare e riscrivere informazioni all’interno del cervello.
“È convinzione diffusa che la sequenza e la struttura della cromatina – il materiale che costituisce i cromosomi – determini la forma di un organismo. I nostri risultati hanno mostrato che la funzione delle reti fisiologiche può andare a scavalcare l’anatomia ‘di default’ di una specie”, racconta Michael Levin, senior author della pubblicazione, direttore del Center for Regenerative and Developmental Biology della School of Arts and Sciences alla Tufts University. “Modulando la connettività delle cellule tramite le sinapsi elettriche, siamo riusciti a ottenere la morfologia della testa e le caratteristiche cerebrali appartenenti a una specie completamente diversa, su un animale il cui genoma era perfettamente normale”.
Tra le applicazioni più interessanti, ma decisamente spalmate sul lungo periodo, c’è l’influenza che potrebbe avere questa scoperta nella ricerca sui difetti congeniti. Oltre a inserirsi nell’ampio spettro di studi che stanno approfondendo la capacità rigenerativa negli animali, planarie in particolare, nella visione di un futuro ora difficile da immaginare in cui avremo padroneggiato del tutto la possibilità di far ricrescere, per esempio, un arto amputato.
Testa nuova per Girardia
La specie che ha guadagnato teste e cervelli nuovi (da Schmidtea mediterranea, Dugesia japonica e Polycelis felina) è Girardia dorotocephala, molto nota alla scienza proprio per le straordinarie capacità rigenerative: interrompendo le giunzioni comunicanti (gap junctions), canali proteici che permettono alle cellule di comunicare tra loro mandando segnali elettrici, i ricercatori sono riusciti a indurre sulla planaria lo sviluppo di nuove teste, la forma del cervello di altre specie, la distribuzione stessa delle cellule staminali caratteristiche di un individuo adulto.
Quanto è stato facile? Più vicina era la specie di planaria “target” da cui arrivava la testa, ovvero più strettamente era imparentata con G. dorotocephala, più lineare era il processo. Ma alla fine arriva la sorpresa più grande: la modifica è solo temporanea. Qualche settimana dopo aver completato la sua rigenerazione, facendo crescere una testa diversa dalla sua, ogni verme cominciava un processo di rimodellamento e tornava alla sua testa originale. Il come, è ancora da scoprire.
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