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Come lavorano gli anticorpi? Come un portiere che para un rigore

Un nuovo modello sviluppato da una giovane dottoranda fiorentina spiega come la struttura degli anticorpi incide sul loro funzionamento

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RICERCA – Conoscere come la struttura di un anticorpo incide sulla sua funzionalità è un passaggio importantissimo, perché ci permette di capire come questi ultimi ottimizzano la loro reazione all’attacco di un corpo estraneo e quindi – eventualmente – di pensare a come riuscire a potenziarne l’efficacia.

La notizia è che un team dell’Università di Firenze, in collaborazione con il gruppo di Francesco Piazza dell’Università di Orléans, è riuscito a mettere a punto un modello computerizzato semplificato che descrive a 3 dimensioni la struttura degli anticorpi e che riesce dunque a spiegare come questi ultimi riescono a legarsi in modo efficiente alle molecole estranee, cioè gli antigeni, marcandoli ed eliminandoli. Lo studio è stato pubblicato su Nature Scientific Reports e forma parte della tesi di dottorato di una giovane brillante dottoranda fiorentina, Marta Galanti che proprio a febbraio discuterà la propria tesi effettuata in cotutela internazionale tra l’università di Firenze e quella di Orléans. Finora, infatti, si disponeva solamente di immagini statiche degli anticorpi ottenute tramite microscopia elettronica o cristallografia a raggi X.

La metafora che utilizzano gli autori per spiegare l’attività degli anticorpi è quella calcistica del portiere: gli anticorpi catturano gli antigeni estranei esattamente come un portiere esegue una parata perfetta. “Un anticorpo è strutturato come un corpo a tre lobi flessibili – ci spiega Piazza – dove i due bracci superiori hanno alla loro sommità una regione limitata la cui composizione amminoacidica si differenzia da anticorpo ad anticorpo (vedi immagine). Proprio questa differenza è quella che permette a ogni anticorpo di riconoscere e catturare un particolare antigene, legandosi a regioni particolari della sua superficie, a seconda delle dimensioni e della forma di quest’ultimo. Come un portiere che si prepara per afferrare il pallone con una o entrambe le braccia. Ci sono antigeni molto piccoli e altri di grosse dimensioni, come per esempio i virus, che possono essere anche 50 volte più grandi di un anticorpo.

“In una prima parte di questa nostra ricerca ci siamo concentrati sulla creazione dell’algoritmo alla base del modello matematico. In particolare, abbiamo testato i dati sperimentali che erano stati ottenuti nel 2004 mentre uno dei co-autori dello studio, Duccio Fanelli, lavorava in un importante laboratorio svedese” spiega Piazza. “Quello che abbiamo realizzato è un modello molto semplice di questa struttura a tre braccia dell’anticorpo, e soprattutto poco costoso in termini di tempo di calcolo. La chiave risiede nel fatto che il modello, nonostante la sua semplicità, riproduce fedelmente la “forma” dei tre lobi. Una volta fatto questo, in una seconda parte della nostra ricerca abbiamo usato il modello per valutare l’efficacia dell’anticorpo per alcuni antigeni specifici, nel nostro caso antigeni di piccole dimensioni. Per efficacia intendiamo il numero di antigeni catturati per unità di tempo, a seconda della tipologia dell’antigene stesso”. Il modello ancora non è stato esteso dunque allo studio di molecole più grosse, come per esempio i virus, ma – prosegue Piazza – si tratta di un aspetto che il team intende indagare in un prossimo futuro.

Gli anticorpi sono oggi fra i principali attori delle nuove biotecnologie in ambito medico, basti pensare all’immunoterapia nel caso del cancro o ai nuovi sviluppi legati ai cosidetti “nanobodies”. “Per questa ragione capire la dinamica degli anticorpi – conclude Piazza- è il primo passo per rendere tali proteine ancora più efficienti, magari creandone versioni opportunamente ingegnerizzate per applicazioni in ambito biotecnologico e terapeutico”.

@CristinaDaRold

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Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   
Crediti immagine: Università di Firenze

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.