Cucinare fa morire 4 milioni di persone ogni anno
Si tratta soprattutto di donne e bambini, che muoiono usando fonti energetiche tradizionali come la legna. Le soluzioni, ecologiche ed economiche, ci sono già, ma la loro adozione è molto lenta
SPECIALE GENNAIO – Cucinare può uccidere. Non solo direttamente, durante i cosiddetti incidenti domestici, ma soprattutto in modo lento e indiretto: 4 milioni di persone, principalmente donne e bambini, muoiono ogni anno per malattie legate all’inquinamento domestico generato da fonti energetiche tradizionali, soprattutto la legna. Da 1,5 a 3 miliardi di persone, tuttora, non hanno un accesso minimo alla corrente elettrica. I problemi legati ai forni domestici primitivi vanno a incidere negativamente su tre aspetti principali della vita di queste persone: la salute, la condizione sociale e l’ambiente. Per Kirk Smith, Professore all’Università della California, l’utilizzo di fonti energetiche tradizionali “è un grosso problema, un problema maggiore rispetto all’inquinamento atmosferico o della potabilità dell’acqua”.
Poche settimane fa, Pechino è salita alla ribalta internazionale per aver raggiunto livelli proibitivi di inquinamento. Eppure, è stato calcolato che l’inquinamento medio delle case himalayane era due volte maggiore di quello raggiunto a Pechino. In zone montuose, come appunto l’Himalaya o la catena andina, la scarsità di ossigeno produce una combustione ancora peggiore dal punto di vista sanitario: le stufe tradizionali a legna producono inquinanti pari a circa 400 sigarette fumate contemporaneamente. I problemi a carico del sistema cardio-respiratorio sono evidenti, soprattutto perché l’utilizzo di stufe tradizionali è diffuso in contesti rurali dove l’assistenza medica è scarsa o addirittura assente. Ecco dunque perché più di 4 milioni di persone muoiono ogni anno. Ma i danni provocati dall’uso di metodi di cottura tradizionali non finiscono qui.
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Secondo l’IEA, circa il 38% della popolazione umana globale utilizza fonti energetiche tradizionali (legna e carbone) per riscaldarsi, fare luce in casa e cucinare. Al momento sono già disponibili soluzioni economiche, ecologiche e all’avanguardia per dotare le famiglie più povere di migliori servizi energetici per cucinare, quali per esempio alcuni forni solari che raggiungono il 92% di efficienza energetica. Tuttavia la loro adozione è molto lenta. Perché?
Dobbiamo guardare l’aspetto sociale del problema. Le vittime dell’inquinamento da utilizzo tradizionale delle biomasse sono soprattutto donne e bambini, tradizionalmente coloro che trascorrono più tempo in ambienti domestici. Nelle zone rurali poco sviluppate domina una forma di famiglia fortemente patriarcale, in cui “i cordoni della borsa” sono tenuti esclusivamente dal capo-famiglia maschio, che ha il compito di provvedere economicamente ai bisogni della famiglia e di mantenere la rete sociale. Queste due attività comportano che il capo-famiglia sia quasi sempre fuori casa e, dunque, risenta in maniera incidentale dell’inquinamento domestico. In altre parole, chi detiene il potere di decidere dove spendere i soldi è colui il quale avverte meno i benefici di un sistema di cottura più pulito.
Questo è tuttavia solo un aspetto. Il taglio e la raccolta della legna da ardere è spesso un compito femminile e infantile, e occupa la maggior parte del tempo a disposizione. Riuscire a liberare questo tempo, attraverso tecnologie che impieghino fonti rinnovabili, significa dai ai bambini la possibilità di andare a scuola, e permettere alle donne di avere una qualche forma di introito complementare per la famiglia, dando loro maggior potere contrattuale nelle scelte domestiche.
C’è, infine, un aspetto ambientale che non va trascurato. Nelle famiglie di tipo patriarcale che vivono in ambiente rurale poco sviluppato tendenzialmente si hanno tassi di natalità molto alti (a fronte di tassi di natalità infantile altrettanto sostenuti). La popolazione globale sta aumentando in maniera esponenziale, e, sebbene si concentri principalmente nelle megalopoli costiere, il ritmo è sostenuto anche in ambienti rurali. Ciò significa che i 2 miliardi e mezzo di persone che dipendono da biomassa per ricavare l’energia di cui hanno bisogno sono in continuo aumento, facendo da volano a problemi ambientali quali la deforestazione, l’erosione del suolo e il degrado dell’ambiente che li circonda.
Infine l’ultimo problema, che è di comunicazione. Vedere una capitale globale come Pechino immersa in una nebbia di smog è sicuramente un’immagine molto forte. Sapere che nelle capanne africane o himalayane le persone utilizzano ancora il fuoco da legna per cucinare ha un impatto sull’opinione pubblica mondiale enormemente inferiore. Tuttavia, anche se il problema non è molto conosciuto, risulta necessario creare politiche di sviluppo che incentivino l’utilizzo di fonti energetiche pulite e rinnovabili. Da queste infatti può derivare una maggiore salute e maggiore potere sociale per donne e bambini, con grande beneficio anche per l’ambiente.
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