Aipoly: l’app che regala una “visione artificiale” ai non vedenti
Basta scattare una fotografia per ottenere una descrizione dell'oggetto che ci si trova di fronte: così l'applicazione può aiutare le persone con disabilità visiva
SENZA BARRIERE – “Sto attraversando il Quatar, domani sarò in Australia. Potremmo sentirci quando arriverò lì?”, ci comunica Alberto Rizzoli mentre cerchiamo di fissare il nostro appuntamento telefonico d’oltreoceano, sfidando il fuso orario. Da tempo il giovane startupper non vive più nel nostro Paese: ha abbandonato l’Italia per seguire i propri sogni e il lungo viaggio sembra aver portato i frutti sperati. Sì, perché Rizzoli – classe 1994 e talento da vendere – con una brillante intuizione sta migliorando la qualità della vita di migliaia di persone non vedenti. “Tutto è iniziato qualche anno fa, dopo la laurea in gestione aziendale a Londra”, racconta con entusiasmo. “Grazie a un finanziamento stanziato da Google sono approdato prima a Mountain View, in California, e poi alla Singularity University, nella Silicon Valley, dove ho potuto sviluppare la mia idea: Aipoly.”
Di cosa si tratta? Aipoly è un’applicazione per smartphone dedicata ai non vedenti che tramite un sistema di “visione artificiale” identifica gli oggetti, li descrive, ne indica la posizione e il colore. Inoltre, può riconoscere azioni e espressioni del volto umano.”Pensate alle persone che non possono vedere: in una manciata di secondi questa app scatta una fotografia all’oggetto che ha di fronte, lo riconosce e fornisce all’utente una sintetica descrizione vocale di ciò che ha individuato. Così, le persone con disabilità visiva potranno sapere cosa indossano, seguire le indicazioni stradali o conoscere il prezzo di qualcosa che desiderano acquistare, il tutto in completa autonomia”, racconta lo startupper. “Pensate ancora al supermercato, un luogo in cui i prodotti, spesso, non recano la scritta in Braille sulle confezioni. Chi non vede si orienta a fatica, basandosi per lo più sulla forma, senza conoscere il contenuto. Grazie ad Aipoly, invece, potrà identificare subito quanto scelto, proseguendo rapidamente con la propria spesa: l’app è in grado di effettuare fino a sette riconoscimenti al secondo ed è dotata di un vocabolario di circa 5000 parole, come quello di un bambino di tre anni.” Ma non è tutto.
Fonte: Aipoly
Aipoly, che per funzionare sfrutta le reti neurali, non è solo in grado di riconoscere un oggetto: ne memorizza “il significato”, riuscendo così a ricollegarlo a più elementi appartenenti alla medesima categoria. “L’applicazione nasce con un dataset, un gigantesco archivio costituito da 16 milioni di immagini, con il quale si ‘istruisce’ la rete neurale. Ogni fotografia è associata a una breve descrizione e corrisponde a un input che l’intelligenza artificiale sarà in grado di memorizzare e di riconoscere al momento opportuno, contemplando anche delle varianti. Il punto di forza di questa app risiede proprio nella capacità di vedere, per esempio, 10 000 sedie diverse e di riconoscerle ogni volta come ‘oggetto sedia’, dotato di caratteristiche specifiche che lo contraddistinguono, e di raccontarlo all’utente che non può vederlo”, specifica Rizzoli. “Gli 88 non vedenti sui quali abbiamo testato l’applicazione erano entusiasti. È stato come ridare loro una piccola parte della percezione visiva, indispensabile per consentirgli di immaginare quanto descritto e di figurarselo nella propria mente.”
Ma i campi di applicazione di Aipoly sono molti e non riguardano solo i non vedenti. “Siamo rimasti stupiti quando abbiamo constatato che gli utenti giapponesi usufruiscono dell’app per apprendere l’inglese”, racconta Rizzoli. “Questi dati ci hanno suggerito nuove frontiere di impiego che non avevamo considerato, come l’insegnamento delle lingue. Ci piacerebbe espandere il potenziale di Aipoly nell’ambito dell’educazione. Qui in Australia la nostra app viene usata anche per questo: per sconfiggere l’analfabetismo negli adulti. E poi chissà cosa ci riserverà il futuro. Magari un giorno potrebbe evolversi e diventare il cervello di un giocattolo, in grado di trasmettere conoscenza ai bambini fin dai primi anni. Del resto, all’inizio non ci aspettavamo un successo di questa portata, tantomeno i riconoscimenti ricevuti in Italia da parte del presidente Sergio Mattarella”, racconta lo sviluppatore, che condivide il lavoro con la collega Marita Cheng, ventiseienne australiana esperta di robotica.
È proprio a Cheng che si deve il nome dell’app: “Aipoly è un nome composto. Ai sta per artificial intelligence; poly, invece, è il nome del pappagallo di Marita. Noi, quest’app, ce la siamo immaginata così: sempre vicina a chi la usa e capace di suggerire con un breve cinguettio una parola o un nome, proprio come il fido pappagallino.”
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