5 anni di vita in più dal 2000 a oggi. Ma quanti in salute?
Un europeo nato nel 2015 ha un'aspettativa di vita di 76 anni, di cui 68 in buona salute, e in Italia siamo 10 anni sopra la media. Ma le disuguaglianze sono ancora molte fra assistenza sanitaria e impatto delle malattie croniche
SALUTE – Mai si era visto un incremento tanto rapido dell’aspettativa di vita a livello mondiale dai tempi del boom economico: in soli 15 anni, dal 2000 al 2015, l’aspettativa di vita dei nuovi nati è aumentata di 5 anni, passando da 66 a 71 anni. E gli italiani in questo possono essere relativamente ottimisti, dal momento che siamo nella top10 dei paesi con la più alta aspettativa di vita non solo in Europa ma nel mondo, secondo quanto riporta l’ultimo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Vivere di più però non è un indicatore della buona salute di una popolazione, se non si considerano la fetta di anni goduti in buona salute, la presenza di sistemi di prevenzione e l’accesso alle cure una volta che la salute viene meno. Tutti indicatori che evidenziano profonde disuguaglianze anche rimanendo in Europa.
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Europei: 68 anni da sani, 8 da malati
A pensarci bene si tratta di un bel pezzo della nostra vita che passiamo, in media, in cattiva salute. L’aspettativa di vita che un neonato europeo nel 2015 può aspettarsi è pari infatti a 76,8 anni, di cui 68 in buona salute. Ciò significa che i rimanenti 8 anni li viviamo mediamente in balia di malattie croniche come cancro, malattie cardiovascolari, respiratorie e diabete. In Italia le cose vanno un pochino meglio rispetto alla media: per i neonati nel 2015, l’aspettativa di anni vissuti in salute è infatti di 72,8 anni su 82,7.
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Malattie croniche e morti precoci: molte le disuguaglianze
Un dato interessante da incrociare con l’aspettativa di vita alla nascita è la probabilità di morire per malattie croniche in età relativamente giovane, cioè prima della media degli anni considerati come aspettativa di vita. È qui infatti che emergono le disuguaglianze, poiché il dato riflette le differenze di accesso alle cure, di qualità dei servizi sanitari e di prevenzione. L’Italia se la cava piuttosto bene, con una probabilità di morire di malattie croniche in età precoce relativamente bassa, ma non si può dire lo stesso del sistema Europa. Nei paesi dell’ex Unione Sovietica, infatti, la probabilità è ancora altissima, paragonabile a quella dei paesi di Africa e Medio Oriente.
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Quanto personale sanitario?
L’OMS considera infine il numero di medici e infermieri per abitante come uno degli indicatori per la qualità dei servizi sanitari, e quindi di accesso alle cure, sottolineando profonde differenze fra i paesi europei, in particolare fra Nord Europa e Balcani. In Lituania e Albania si contano 41 professionisti sanitari ogni 10 mila abitanti, in Lettonia 70, mentre per contro in Danimarca se ne contano 202 su 10 mila abitanti, in Svezia 150, in Germania 136. In Italia contiamo 92 addetti alla salute su 10 mila abitanti.
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