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Aborto: una proposta di legge per farmacisti obiettori

"Va bene il diritto all'obiezione, ma che cosa offre l'obiettore alla società, in cambio del disservizio che crea?" se lo è chiesto il bioeticista Maurizio Mori in merito alla proposta di legge presentata dai deputati Gian Luigi Gigli e Mario Sberna.

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Secondo la nuova proposta di legge se il farmacista ritiene che un certo farmaco sia in grado di provocare un aborto, potrebbe decidere di non dartelo anche se lo chiedi con regolare ricetta medica.

GRAVIDANZA E DINTORNI – Immaginate la scena. Una giovane donna entra in farmacia con una ricetta medica per il misoprostolo, un farmaco antiulcera. Il farmacista legge la ricetta, guarda la donna. Rilegge la ricetta, riguarda la donna. Infine, le dice che non può darle il farmaco richiesto: è un obiettore di coscienza, lui, e il misoprostolo – assunto a dosi più elevate di quelle previste per il trattamento dell’ulcera – potrebbe provocare un aborto se la donna fosse incinta. Si tratta infatti di una sostanza in grado di stimolare contrazioni dell’utero che potrebbero portare all’espulsione di un embrione o di un feto. Non importa che la donna abbia davvero l’ulcera e che il suo medico abbia ritenuto il misoprostolo il farmaco più adatto per curarla: il farmacista teme che possa esserci a rischio una vita e rifiuta di fornirglielo.

E adesso altra scena, altra farmacia, altra donna che entra a comprare una spirale contraccettiva. E altro farmacista obiettore che le dice “no, niente da fare” perché giudica la spirale in grado a provocare un aborto (non è esattamente così, ma così la pensa lui). Ecco, sono scenari che un giorno potrebbero diventare realtà, secondo quanto previsto da una proposta di legge sul diritto all’obiezione di coscienza per i farmacisti. Presentata alla Camera lo scorso 4 maggio dai deputati Gian Luigi Gigli e Mario Sberna, entrambi di Centro democratico, e ora in discussione presso la Commissione affari sociali, la proposta recita testualmente così:

Ogni farmacista titolare, direttore o collaboratore di farmacie, pubbliche o private, aperte al pubblico o interne presso aziende ospedaliere o strutture sanitarie private, adducendo motivi di coscienza, ha il diritto di rifiutarsi di consegnare a chi glielo chiede, anche esibendo la relativa prescrizione medica, qualsiasi dispositivo, medicinale o sostanza che il professionista giudichi, in scienza e in coscienza, atto a produrre effetti anche potenzialmente abortivi, ovvero che risulti prescritto ai fini della sedazione terminale.

Insomma, se il farmacista ritiene che un certo farmaco sia in grado di provocare un aborto, potrebbe decidere di non dartelo anche se lo chiedi con regolare ricetta medica. E se si tratta di farmacista ospedaliero, potrebbe rifiutarsi di dispensare i farmaci previsti per l’aborto farmacologico (la RU486, per intenderci). Idem per i farmaci per la sedazione terminale: quelli che, in caso di dolori incontrollabili e ingestibili a fine vita, permettono di indurre un sonno profondo per sopportare i dolori stessi fino al sopraggiungere della morte.

Ma quali sono, esattamente, i “dispositivi, medicinali o sostanze atti a produrre effetti anche potenzialmente abortivi”? “Ovviamente ci sono i farmaci abortivi veri e propri, come il mifepristone  (l’RU486), che blocca l’azione del progesterone, l’ormone che assicura il mantenimento della gravidanza, e le prostaglandine o loro analoghi che provocano la contrazione dell’utero” spiega il ginecologo trentino Emilio Arisi, presidente della Società medica italiana di contraccezione. “Alcune prostagladine, come il misoprostolo, possono essere impiegati anche ad altri scopi, in particolare come gastroprotettori e antiulcera, a dosaggi inferiori rispetto a quelli previsti per l’interruzione di gravidanza”.

In effetti è un dato di fatto che, talvolta, il misoprostolo viene cercato e impiegato al di fuori della prescrizione medica proprio per l’aborto. “Spesso lo si cerca su Internet, ma può darsi che ci siano situazioni in cui viene acquistato in modo illegale anche in farmacia” sottolinea Arisi. Aggiungendo che il ricorso “fuori controllo” a questa sostanza è pratica comune soprattutto tra prostitute nigeriane e sudamericane. “Del resto, l’idea di usare un farmaco antiulcera come abortivo è nata proprio in certi paesi del Sudamerica, dove l’aborto è illegale” ricorda il ginecologo. “E ovunque e da sempre, se non c’è possibilità di abortire in modo legale lo si fa in modo clandestino”.

Per quanto riguarda i dispositivi, potrebbe sorgere qualche dubbio rispetto alla spirale al rame che alcuni, specialmente nei gruppi cosiddetti provita, considerano abortiva. “In realtà, sappiamo dai dati di letteratura che questo dispositivo può essere utilizzato come contraccettivo di emergenza, perché se inserita entro qualche giorno dal rapporto presunto a rischio può impedire l’annidamento in utero di un eventuale ovulo fecondato” precisa Arisi. “Non ci sono dati specifici su un utilizzo come abortivo della spirale, inserita a gravidanza già iniziata. Alcuni dati emergono invece da esperienze di gravidanze insorte nonostante fosse inserita una spirale. In questi casi si è visto che, se il dispositivo viene lasciato in utero, la probabilità di aborto spontaneo può raggiungere il 40%”. Come metodo abortivo sembra dunque macchinoso e poco efficace, ma tanto potrebbe bastare a un farmacista obiettore per rifiutarsi di vendere la spirale.

Infine, quel “giudichi in scienza e coscienza” fa pensare che tra i bersagli del farmacista obiettore potrebbero tranquillamente finire anche anche la pillola del giorno dopo e quella dei cinque giorni dopo, che alcuni si ostinano a ritenere abortive nonostante Aifa, Agenzia italiana del farmaco, ed Ema, agenzia europea del farmaco, abbiano chiaramente documentato e spiegato che si tratta di contraccettivi d’emergenza. Che dunque impediscono in extremis l’avvio di una gravidanza, mentre non hanno effetto se questa è già iniziata. Per le donne maggiorenni, queste due pillole dovrebbero essere liberamente disponibili in farmacia senza neppure bisogno di ricetta medica, ma la cronaca riferisce spesso di casi di farmacisti che hanno rifiutato di consegnarla.

L’iter della proposta di legge Gigli/Sberna in commissione non è ancora cominciato, ma immaginiamo che non potrà che suscitare aspro dibattito. “Mi sembra una proposta incostituzionale” afferma l’avvocato Marilisa d’Amico, ordinario di diritto costituzionale all’Università di Milano. “Tanto per cominciare, c’è il rischio di mettere in crisi un servizio pubblico – l’erogazione di farmaci – che ha a che fare con il diritto alla salute delle persone, un diritto essenziale. In più, mette a rischio l’applicazione della legge 194 sull’aborto“. Immaginare scenari è facile. Pensiamo a piccoli paesi con una sola farmacia: se in maggioranza gli operatori obiettano, fino a dove dovrà andare il malcapitato cliente per farsi dispensare il suo farmaco? E cosa succederebbe in ospedale se ai medici obiettori – sappiamo che in certe regioni sono la grande maggioranza, anche più dell’80 o 90% – si sommassero anche i farmacisti obiettori? Sarebbe la fine dell’applicazione, già difficile, della legge 194. La fine di un diritto.

Certo è chiaro subito da che parte stanno Gigli e Sberna, che danno avvio alla loro proposta di legge con una citazione dall’enciclica Evangelium vitae di Papa Giovanni Paolo II e il riferimento ad alcune dichiarazioni di Papa Francesco. Un fatto sorprendente per uno Stato come l’Italia, che dovrebbe essere laico, ma al quale siamo ampiamente abituati. “Nella nostra storia passata e recente sono state diverse le questioni di natura sociale e politica rispetto alle quali ci siamo dovuti confrontare con le posizioni della Chiesa cattolica: dal divorzio all’aborto, dalla fecondazione assistita alle direttive anticipate” commenta Gilberto Corbellini, professore di storia della medicina e di bioetica all’Università di Roma Sapienza. Secondo il quale la nuova proposta di legge nasce nell’ambito di una forte discussione interna proprio al mondo cattolico. “Può darsi che alcune posizioni oggi si sentano messe un po’ all’angolo, non solo dal clima sociale generale, ma anche dalle posizioni stesse della Chiesa ufficiale. Mi sembra che Papa Francesco oggi insista più su temi come i cambiamenti demografici e i movimenti migratori che su crociate come quelle fatte a suo tempo contro la Legge 40”.

In ogni caso, quello del diritto all’obiezione di coscienza continua a essere un tema delicato e difficile, tanto che la proposta di legge vi dedica ampio spazio. Per i relatori, si tratta di un diritto “proprio di ogni ordinamento liberale” e che uno stato democratico “può soltanto riconoscere, se vuole distinguersi dai regimi autoritari”. E ancora, non di un atteggiamento di disobbedienza all’autorità legittima, ma di “una difesa della coscienza del singolo quando il diritto positivo e le istituzioni mettono in discussione i diritti naturali, primo tra i quali il diritto alla vita”. Questo, però, è terreno minato. “Certamente quello all’obiezione di coscienza è un diritto individuale importante, ma non può mai mettere in crisi l’applicazione di leggi dello Stato” sostiene l’avvocato Marilisa D’Amico, ordinario di diritto costituzionale a Milano. “Se a ogni singola morale si consente di non obbedire alle leggi dello Stato, si finisce con l’andare incontro a una situazione in cui ognuno ha diritto alla propria legge. Cioè al caos”.

Oltre che con il medico e il farmacista obiettori, potremmo ritrovarci con l’insegnante obiettore, che rifiuta di spiegare concetti o autori che secondo la sua morale non sono appropriati, con il giudice obiettore, che rifiuta di giudicare certe categorie di persone o di reati, con il taxista obiettore, che lascia a piedi chi, per varie ragioni, non corrisponde al suo ideale di cliente perfetto. “E anche tra i farmacisti, le possibili obiezioni potrebbero estendersi ad altri campi oltre all’aborto” aggiunge Corbellini, pensando ai farmaci prodotti con sperimentazione animale, oppure ai vaccini.

E c’è anche un altro aspetto da considerare. “Va bene il diritto all’obiezione, ma che cosa offre l’obiettore alla società, in cambio del disservizio che crea?” chiede il bioeticista Maurizio Mori, ordinario di filosofia morale all’Università di Torino. “Già è assurdo che si permetta a chi sceglie una professione elettiva di derogare dalle mansioni previste per quella professione. Non è che un militare a un certo punto può decidere di non sparare più: o meglio, se lo decide deve necessariamente ritirarsi dall’esercito. Allo stesso modo, perché un medico che lavora nell’ambito del Servizio sanitario nazionale può rifiutarsi di fornire una prestazione prevista dalla legge? E per di più può farlo senza offrire niente in cambio?”. Allo stesso modo, perché consentire che il cittadino viva un disservizio anche sul fronte della distribuzione dei farmaci?

Su tutta la questione abbiamo chiesto un parere ai diretti interessati, i farmacisti. La Federazione degli ordini dei farmacisti italiani ha declinato l’invito a commentare, limitandosi a sottolineare l’importanza della formazione scientifica sul tema, tanto da essersi fatta promotrice proprio di un corso ECM specifico sulla contraccezione d’emergenza. Netta, invece, la posizione di Annarosa Racca, presidente di FederFarma, la Federazione nazionale dei titolari di farmacia. “Certo il problema è delicato, e conosco personalmente colleghi per i quali anche consegnare un contraccettivo di emergenza costituisce una dolorosa forzatura. Posso capirli, ma la farmacia è un esercizio pubblico, parte integrante del Servizio sanitario nazionale, e come tale deve rispettare le leggi dello Stato”.

Racca sottolinea inoltre che, almeno al momento, l’obiezione di coscienza non è comunque un tema particolarmente sentito all’interno del sindacato. “Siamo impegnati su tanti altri versanti, perché la farmacia deve evolvere continuamente per rispondere alla domanda di salute sempre più complessa di una popolazione che invecchia e di una società che cambia velocemente, mentre si riducono le risorse pubbliche. Tra l’altro, ricordo che le farmacie sono anche impegnate, insieme ad associazioni di malati, nella diffusione della lotta contro il dolore inutile. Un obiettivo che potrebbe entrare in contrasto che le richieste della proposta di legge sulla sedazione terminale”. In poche parole una bocciatura.

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Valentina Murelli
Giornalista scientifica, science writer, editor freelance