Sclerosi multipla: un complesso iter diagnostico per scongiurare diagnosi sbagliate
Molte patologie esordiscono con sintomi che possono essere scambiati per quelli della sclerosi multipla. Ma non c'è motivo di preoccuparsi: insieme al Canada, l'Italia è l’unico Paese al mondo ad avere una rete di centri specializzati. In cui a valutare i pazienti c'è un'intera équipe medica e non solo il neurologo.
SALUTE – A fine agosto, uno studio pubblicato sulla rivista Neurology ha tirato le fila sulle diagnosi sbagliate di sclerosi multipla ricevute dai pazienti negli Stati Uniti. Un gruppo di 24 neurologi ha ripercorso l’iter di 110 pazienti che avevano ricevuto una diagnosi errata di “definitiva” o “probabile” sclerosi multipla, alcune delle quali hanno seguito per anni le terapie per trattare una malattia che non avevano. Gli esperti, coordinati da Andrew J. Solomon dello University of Vermont College of Medicine, sono arrivati alla conclusione che è necessario insistere sulla formazione dei professionisti della salute, in modo da migliorare gli strumenti a disposizione per una diagnosi corretta e per distinguere tutte quelle patologie che possono “travestirsi” da sclerosi multipla.
Proprio a maggio di quest’anno, sulle pagine del Guardian, Julie Crouch raccontava la sua personale esperienza da paziente con una diagnosi errata, rimessa in discussione dopo 13 anni quando il suo neurologo privato è andato in pensione e un nuovo medico ha ripercorso i casi del collega. Smentendo subito la diagnosi di sclerosi multipla.
“Il valore di questo articolo è ricordare a tutti noi che in medicina bisogna sempre essere pronti a rivedere le proprie decisioni diagnostiche e terapeutiche”, commenta a OggiScienza Giancarlo Comi, primario di Neurologia, Neurofisiologia clinica e Neuroriabilitazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, che rassicura. “Conosco bene i colleghi americani che hanno firmato lo studio e il valore del loro lavoro. Visitano un gran numero di pazienti e proprio a partire dai casi con cui hanno avuto a che fare si sono concentrati sulle diagnosi errate. Ma non c’è alcun motivo di preoccuparsi, soprattutto perché la situazione negli Stati Uniti è molto diversa dalla nostra. Insieme al Canada, l’Italia è l’unico Paese al mondo ad avere una rete di centri specializzati, il che ha creato molta competenza”.
Quest’eccellenza ci consente di brillare a livello internazionale grazie all’esperienza dei nostri centri e permette ai pazienti italiani di essere seguiti in modo unico. La dinamica, racconta Comi, ha radici ben precise. “Quando la prima terapia per la sclerosi multipla è arrivata in Italia era molto costosa. Per contenere le spese, si è stabilito che per legge solo i centri accreditati potessero prescriverla ai pazienti”. Questa scelta permane tuttora e si è rivelata vincente: negli altri Paesi il singolo neurologo può prescrivere la terapia al suo paziente e non è soggetto al confronto con i colleghi, dunque alla valutazione di ogni caso da parte di un’intera équipe medica come avviene in Italia. “Quella scelta”, conferma Comi, “si è rivelata una grandissima intuizione”.
Nei criteri diagnostici per la sclerosi multipla ci sono aspetti positivi, ovvero devono essere presenti determinati fattori, ma soprattutto aspetti negativi che aiutano i medici a escludere altre possibili diagnosi. Non c’è un unico esame che da solo possa darci una risposta, ma i criteri si sono fatti così precisi che se l’evoluzione della malattia “non quadra” con quella della sclerosi multipla si ritorna sulla diagnosi iniziale. Oggi, nel mondo, si contano circa 2,5-3 milioni di persone con sclerosi multipla, di cui 600 000 casi in Europa e circa 110 000 in Italia.
“È lecito domandarsi perché capita di sbagliare”, prosegue Comi. “La diagnosi si basa su due pilastri: dimostrare che il paziente soffre di una malattia infiammatoria del sistema nervoso centrale, che provoca un’infiammazione nel cervello o nel midollo spinale, e provare che questa malattia è attiva nel tempo, caratterizzata da successive ondate. È tutto questo a rendere la questione complicata: le aree infiammate, che possiamo vedere bene con una risonanza magnetica, non garantiscono di trovarsi di fronte a un caso di sclerosi multipla. Infiammazioni simili possono verificarsi anche con altre malattie, perciò non si può avere alcuna certezza prima di aver messo in fila una serie di elementi”.
Un puzzle di accertamenti
Il primo passo nell’iter diagnostico è proprio escludere che ci siano altre patologie. “A volte, nella pratica clinica di ogni giorno, dobbiamo sospendere il giudizio. E riconoscere che la condizione attuale non consente una diagnosi certa. In base alla mia esperienza posso dire che quest’incertezza può protrarsi anche per qualche anno, perché la malattia entra in uno stato di quiete e non ci ‘dice’ più nulla, né a favore né contro la diagnosi”, prosegue Comi. In questi casi il paziente va seguito con cura e continuità, ripetendo gli accertamenti nel tempo e valutando in che modo si evolve la situazione nel sistema nervoso. Soprattutto tramite la tecnica dei potenziali evocati, che ci permette di monitorare il funzionamento delle vie nervose, oggi siamo in grado di anticipare di molto quello che accadrà alla persona”.
I sintomi più frequenti con cui si presenta la sclerosi multipla, e che solitamente sono quelli che conducono un paziente a rivolgersi a un centro specializzato, sono disturbi nella vista come lo sdoppiamento o l’offuscamento di un occhio, problemi di equilibrio come vertigini e instabilità, ma anche la diminuzione nella sensibilità di una parte del corpo. Può anche verificarsi l’esatto contrario, con la comparsa di sensazioni estremizzate come formicolii, punture di spillo, costrizione. Tutti questi sintomi possono arrivare isolati o in combinazione, ma “un elemento importante è che si tratta di disturbi che compaiono all’improvviso”, specifica Comi. “Possono peggiorare nel giro di ore o giorni per poi regredire, anche completamente, in alcune settimane. Nel 90% dei casi di sclerosi multipla si verifica proprio questa successione che è un elemento molto suggestivo per la diagnosi”. Nel restante 10% delle persone colpite, la sclerosi multipla non esordisce con un episodio acuto ma in modo subdolo, per esempio con la comparsa di difficoltà a camminare, sintomi anche molto leggeri che possono passare inosservati per anni.
Il passo successivo per arrivare a una diagnosi è consultare un neurologo, meglio se in un centro specializzato nella sclerosi multipla: in Italia ce ne sono quasi 200. “A quel punto ci si sottopone a una serie di accertamenti. Prima di tutto la risonanza magnetica, che può limitarsi al solo cervello o anche al midollo spinale in base alla manifestazione dei sintomi. Si procede con la tecnica dei potenziali evocati e con una serie di esami del sangue per valutare l’assetto generale e gli aspetti immunologici. Lo scopo di questi esami non è dimostrare la presenza di un’alterazione, che nella sclerosi multipla non c’è, ma escludere la presenza di altre patologie”. L’ultimo passo è l’esame della puntura lombare o rachicentesi, eseguita a livello della colonna vertebrale lombare per raccogliere il liquor cerebrospinale, un fluido incolore e trasparente che circonda il cervello, il midollo spinale e le radici dei nervi periferici. L’analisi del liquor permette agli esperti di dimostrare la presenza di un processo infiammatorio o infettivo nel sistema nervoso, il che la rende un ottimo strumento nell’iter di diagnosi.
“È proprio nel liquor che, nell’80-85% dei casi, anche all’esordio della patologia troveremo i segni dell’infiammazione del sistema nervoso”, spiega Comi. “A seconda del caso è possibile dover procedere con ulteriori accertamenti, analisi particolari di sangue e urine o biopsie del tessuto nervoso. La difficoltà non sta tanto nell’interpretare i risultati degli esami, quanto nel mettere insieme tutti questi tasselli ed escludere altre possibili condizioni.
Difficoltà diagnostiche: quando i sintomi di esordio sono simili
Il rischio di confondere la sclerosi multipla con altre patologie dipende dal modo in cui si presenta, ma tra le difficoltà diagnostiche più note vi sono le vasculiti cerebrali (infiammazioni dei vasi cerebrali) e a volte il sospetto di un tumore, con le cosiddette “manifestazioni pseudo-tumorali”. Sono molte le patologie il cui esordio è simile a quello della sclerosi multipla: molte malattie immunitarie, come la sarcoidosi, iniziano proprio con manifestazioni nervose, mentre altre come la malattia di Devic (o neuromielite ottica) esordiscono con disturbi visivi acuti.
Nonostante questo, negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti per arrivare a diagnosi sempre più precoci, che hanno permesso di anticipare l’inizio della terapia, “l’elemento fondamentale per vincere la battaglia contro la sclerosi multipla”, ricorda Comi. Il merito va soprattutto alla risonanza magnetica, che oltre alle manifestazioni della patologia consente di capire anche cosa è successo nel cervello e nel midollo spinale, mostrando dove sono e che caratteristiche hanno le lesioni subite dal paziente. “Siamo in grado di vedere molto più di quanto si potrebbe pensare: è stato stimato che per ogni episodio che una persona ha nella sua vita ce ne sono stati altri 10 dei quali non si è accorta. E con la risonanza possiamo vederli tutti”.
Nel corso degli anni vari progetti di ricerca (come l’italiano MS Pepkit) hanno provato a ideare un test diagnostico che permettesse di individuare la sclerosi multipla con un prelievo di sangue. Ma siamo ancora molto lontani da questo traguardo, perché al momento attuale nessuno è riuscito a fornire evidenze definitive che sia possibile fare una diagnosi solo attraverso un semplice campione di sangue. “Nonostante questo, oggi è possibile fare una diagnosi convincente già in occasione del primo episodio nel 40-50% dei casi”, sottolinea Comi. “A breve un gruppo di studiosi del campo della sclerosi multipla si riunirà negli Stati Uniti per un grosso congresso, al quale parteciperò anche io, dove verranno fissati i nuovi criteri diagnostici. I nuovi dati che abbiamo a disposizione ci consentiranno di aumentare questa percentuale, consentendo di diagnosticare subito sempre più pazienti”.
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