Come ingannare il ritmo circadiano
Piccole variazioni nella concentrazione di ossigeno aiutano a ripristinare l'orologio biologico, riducendo sensibilmente il jet lag
SCOPERTE – Chiunque di noi ha sperimentato ciò che segue a un lauto pranzo: un piacevole torpore che porta alla sonnolenza, indipendentemente dalle lancette dell’orologio. Sonnolenza che ci colpisce con maggiore facilità nei giorni di calura o, più naturalmente, quando si avvicina l’ora di coricarci. Cibo, temperatura e fotoperiodo scandiscono infatti il nostro ritmo circadiano, l’orologio biologico che ci tiene sincronizzati con la naturale alternanza di notte e dì. Questi stimoli sono accomunati dalla variazione di ossigeno assunto dall’organismo, un dettaglio che ha convinto Gad Asher, ricercatore di cronobiologia al Weizmann Institute of Science di Rehovot, a indagare sull’effettivo coinvolgimento di questo elemento chimico.
Tramite una serie di esperimenti sui topi, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Cell Metabolism”, Asher e colleghi hanno dimostrato che è possibile ingannare il ritmo circadiano attraverso variazioni piccole, ma cadenzate, della concentrazione di ossigeno presente nell’ambiente. I ricercatori hanno modulato il rilascio di ossigeno per diminuirne del 3%, due volte al giorno, la concentrazione cellulare, inducendo negli animali lo sfasamento del ritmo circadiano. I ricercatori hanno quindi condotto alcuni esperimenti che riproducevano la condizione di jet lag. Nella prima fase, i topi erano lasciati liberi di mangiare, dormire e correre nella ruota: la diminuzione di ossigeno non modificava il ritmo circadiano. Tuttavia, quando i ricercatori mutavano il fotoperiodo per riprodurre un salto temporale di sei ore, i topi sottoposti a variazioni di ossigeno sincronizzavano rapidamente le proprie abitudini al nuovo ritmo.
Dallo studio è emerso il coinvolgimento del fattore di trascrizione HIF1, e in particolare della sua subunità HIF1α. Gli autori ritengono probabile che i livelli di HIF1α rappresentino il ponte di collegamento tra metabolismo cellulare e ritmo circadiano per il suo ruolo giocato nell’omeostasi cellulare dell’ossigeno. “Abbiamo dimostrato che il ripristino del ritmo circadiano può avvenire modificando le concentrazioni di ossigeno e che queste a loro volta dipendono da HIF1α – spiega Asher – Tuttavia, non è ancora chiaro come HIF1α si integri all’intero dell’orologio biologico”.
La scoperta del gruppo israeliano si intreccia con l’evoluzione del traffico aereo. Attualmente, la cabina degli aerei di linea è pressurizzata a una pressione atmosferica equiparabile a quella di una località posta a 2100-2400 metri sul livello del mare. La bassa pressione consente di ridurre l’usura dell’aereo ma livelli di ossigeno ridotto provocano in alcuni passeggeri il cosiddetto mal d’aria, caratterizzato da cefalee, nausea e una generale sensazione di stanchezza. Per ovviare a questi disturbi, alcune case costruttrici stanno prendendo in considerazione la possibilità di aumentare la pressione all’interno della cabina. A bordo di un Boeing 787 Dreamliner i passeggeri sperimentano una pressione equivalente a 1800 metri sul livello del mare.
Così facendo, i passeggeri potrebbero perdere un potenziale vantaggio nel recuperare il jet lag. Per questo motivo il gruppo di Asher ha in programma una seconda serie di esperimenti basati sull’aumento dei livelli elevati di ossigeno, con l’obiettivo di verificare se la sua influenza sul ritmo circadiano dipenda dalla diminuzione o solamente dalle variazioni di concentrazione. “Non vediamo l’ora di iniziare questi esperimenti: sarà interessante sia per la scienza di base sia da un punto di vista prettamente pratico – conclude Asher – I passeggeri dei voli di linea potrebbero beneficiare due volte dall’aumento della pressione interna delle cabine”.
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