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La Mela Artificiale

Ovvero, come la pubblicazione del primo articolo di Apple in materia di intelligenza artificiale ne segni apertamente l'ingresso nella tenzone globale, con dei risultati tecnici di assoluto rilievo.

Da una parte non rinuncia alla sua vocazione di produrre oggetti elitari, unici e qualitativamente superiori, dall’altra Apple non lesina ben più che mere strizzatine d’occhio alle altre grandi corporate attive nel campo dell’intelligenza artificiale. Crediti immagine: FirmBee, Pixabay

RICERCA – Abbiamo già parlato in questo articolo di The Partnership on Artificial Intelligence to Benefit People and Society, alleanza tra IBM, Facebook, Amazon, Microsoft e Google per lo sviluppo di nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale, orientato, almeno nei propositi dichiarati, al miglioramento del tenore di vita della popolazione mondiale.

Non si può non notare che mancano all’appello almeno altri due grandi colossi, ossia Tesla ed Apple. Per quanto riguarda il primo, il suo fondatore Elon Musk si è espresso più volte in maniera molto critica nei confronti della direzione attualmente intrapresa nel campo dello sviluppo dell’AI, che ha definito “potenzialmente più pericolosa della bomba atomica”.

Per questo motivo, Musk ha deciso di non aderire alla Big 5 Alliance, e anzi di fondare una organizzazione no profit, OpenAI, con la finalità di “salvare il mondo” dalle possibili, future implicazioni negative dello sviluppo di tecnologie avanzate in questo ambito. Visto che Mr Musk ha intenzione di investire un miliardo di dollari in OpenAI, è probabile che il suo fiuto imprenditoriale gli abbia fatto intravedere potenziali fattori di successo di una strategia individuale piuttosto che comune.

Come si sta muovendo, invece, Apple? Pur non assumendo posizioni radicalmente contrapposte come quelle di Elon Musk, i vertici aziendali della Mela hanno deciso di non aderire alla Partnership, preferendo per ora di percorrere la propria strada in solitario. L’interesse per l’AI resta comunque molto rilevante, al punto che anche Apple ha deciso di mostrare i muscoli, pubblicando il suo primo paper in questo ambito.

Oltre a servire a segnalare al mondo scientifico e accademico  il “ci siamo anche noi” del colosso di Cupertino, l’articolo ha un contenuto decisamente interessante, descrivendo una tecnica innovativa per generare immagini sintetiche quanto più possibile vicine a quelle del mondo reale. Perchè è importante farlo? Si tratta, in effetti, di una cosiddetta “strategia abilitante”: molti algoritmi analizzano immagini reali cercando di rinvenire in esse informazioni utili per specifiche finalità.

Ad esempio, si potrebbe commissionare a una macchina il compito di esaminare milioni di immagini in rete, allo scopo di sviluppare, poniamo, un sistema in grado di riconoscere un occhio umano di un certo colore e sfumatura. Ovviamente ricercare in rete immagini reali avrebbe un costo e richiederebbe un tempo non trascurabile.

Ecco allora che la capacità di generare immagini sintetiche, ma altamente verosimili, può rivelarsi un fattore chiave per velocizzare e ottimizzare il compito. La tecnica utilizzata per lo sviluppo è ispirata alle GAN (Generative Adversarial Networks), che utilizza due reti neurali. Le reti neurali sono algoritmi basati su modelli matematici costituiti da neuroni artificiali, che simulano il comportamento delle cellule del cervello.

Nella fattispecie, due reti denominate generatore e discriminatore vengono messe in competizione l’una contro l’altra: l’obiettivo del generatore, infatti, è trasformare una mappa casuale di toni di grigio o colore in un’immagine realistica, mentre quello del discriminatore è di distinguere tra immagini reali e create artificialmente.

La rivisitazione delle GAN da parte degli studiosi di Apple è stata ribattezzata SimGAN: si tratta di un approccio di tipo S+U (simulated plus unsupervised), laddove: simulated, ossia simulato, allude all’impiego di un simulatore di immagini, unsupervised, ossia non supervisionato, è relativo al fatto che non è necessario il supporto di un operatore umano nella esecuzione del compito. In altri termini, SimGAN è autonomo.

Vediamo più in dettaglio come funziona l’algoritmo proposto da Apple. Anzitutto, un simulatore genera un’immagine sintetica, che, naturalmente, per sua natura contiene degli artefatti, ovvero dei dettagli che ne denunciano in modo evidente l’origine artificiale. Ad esempio, una discontinuità non naturale dei toni di grigio, o una ripetitività “leziosa” di un certo pattern di pixel. Sull’immagine sintetica originale il discriminatore avrebbe gioco facile, proprio perchè dagli artefatti potrebbe riconoscerla banalmente, confrontandola con un set di immagini reali di cui dispone.

Ecco allora che entra in gioco un refiner, ossia una rete neurale  di perfezionamento, che riduce o attenua gli artefatti presenti nell’immagine sintetica originale, rendendo più ardua la vita del discriminatore. Come già accennato, quanto più abile diviene il generatore, munito del refiner, nel creare immagini realistiche, tanto più efficiente dovrà essere il discriminatore a individuarne l’origine sintetica. Il risultato finale sarà che le immagini prodotte e classificate come reali dal discriminatore saranno assolutamente realistiche e praticamente indistinguibili da quelle reali.

Per mettere alla prova SimGAN, i ricercatori Apple hanno utilizzato un ‘visual Turing test’: 10 immagini sintetiche generate da SimGAN, e altre 10 reali ritraenti lo stesso soggetto, sono state mostrate ad alcuni esaminatori umani, a cui è stato chiesto di classificarle. In 162 casi su 200 si è ottenuto che le immagini sintetiche hanno ingannato anche gli esaminatori umani: 81% di successo, non male davvero per un primo tentativo.

Un dettaglio che non si può fare a meno di notare: tra i riferimenti bibliografici dell’articolo spuntano anche lavori di Yann LeCun, direttore di Facebook AI Research, e uno dei principali promotori della Partnership tra i Big 5. Insomma, Apple si è buttata nella mischia, e se da una parte non rinuncia alla sua vocazione di produrre oggetti elitari, unici e qualitativamente superiori, dall’altra non lesina ben più che mere strizzatine d’occhio alle altre grandi corporate attive nel campo dell’intelligenza artificiale.

Leggi anche: Come dipinge una intelligenza artificiale?

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Gianpiero Negri
Laureato in Ingegneria Elettronica, un master CNR in meccatronica e robotica e uno in sicurezza funzionale di macchine industriali. Si occupa di ricerca, sviluppo e innovazione di funzioni meccatroniche di sicurezza presso una grande multinazionale del settore automotive. Membro di comitati scientifici (SPS Italia) e di commissioni tecniche ISO, è esperto scientifico del MIUR e della European Commission e revisore di riviste scientifiche internazionali (IEEE Computer society). Sta seguendo attualmente un corso dottorato in matematica e fisica applicata. Appassionato di scienza, tecnologia, in particolare meccatronica, robotica, intelligenza artificiale e matematica applicata, letteratura, cinema e divulgazione scientifica, scrive per Oggiscienza dal 2015.