IN EVIDENZA

Speciale LEA – Nuovi LEA e pazienti autistici: cosa cambia

I LEA indicano il Fondo sanitario nazionale come fonte di finanziamento della legge 134 sull'autismo, obbligando tutte le Regioni ad attuare finalmente le Linea guida del 2011 per i minori e le Linee di indirizzo del 2012. Ne parliamo con l'esperto Carlo Hanau.

Le Regioni dovranno fornire un supporto multidisciplinare per la cura e l’abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico. Crediti immagine: Public Domain

SPECIALE LEA – Un ambito in cui i nuovi LAE erano da tempo attesi riguarda la presa in carico delle persone con disturbi dello spettro autistico. Non tanto per presunte novità che i nuovi Livelli Essenziali di Assistenza portano con sé, ma perché essi rappresentano l’ultimo necessario anello della catena di cambiamenti in materia iniziata ormai più di dieci anni fa, nel 2006, con l’iniziativa dell’allora Ministro Livia Turco per la messa a punto della Linea guida, pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità soltanto nel 2011, che aveva l’obiettivo di fare il punto su ciò che la scienza ci dice sull’autismo e di consigliare servizi e trattamenti mirati per questa patologia, ancora ampiamente sottodiagnosticata.

Ne abbiamo parlato con Carlo Hanau, già docente di programmazione e organizzazione dei servizi sociali e sanitari e referente del Master sull’autismo presso Università di Modena e Reggio Emilia, che da anni segue da vicino l’evoluzione della legislazione in materia di autismo.

“Per l’autismo i nuovi LEA indicano il Fondo sanitario nazionale quale fonte di finanziamento della legge 134 del 2015 – ci spiega Hanau – togliendo l’alibi della mancanza di fondi e obbligando tutte le Regioni ad attuare finalmente i contenuti sui quali la legge 134 si era fondata: le Linea guida del 2011 per i minori affetti da autismo e le Linee di indirizzo della Conferenza Unificata del 22 novembre 2012. Non è stato un percorso facile, dal momento che la Linea guida è stata osteggiata da alcuni, che avevano firmato all’inizio del 2012 una petizione contraria. La petizione non è stata accolta dal Ministero, che ha promosso le Linee di indirizzo per attuare e completare la Linea guida, ampliando il campo oltre ai minori anche agli adulti con autismo.”

L’autismo non è una malattia come siamo abituati a intenderla, con una propria definizione basata su di una causa precisa, ma è una condizione più o meno grave, una serie di comportamenti, di sintomi, di disturbi – non a caso si parla di disturbi dello spettro autistico. Le cause possono essere molte, alcune genetiche (che non è sinonimo di ereditarietà familiare), altre epigenetiche, e sono diversi i fattori di rischio la cui correlazione con la malattia è al vaglio della scienza, come l’età del padre, l’esposizione a insetticidi, a polveri da traffico, a particolari agenti nocivi durante la gravidanza e via dicendo. “Basti pensare – prosegue Hanau – che una ventina di patologie genetiche monogeniche rare spiegano soltanto il 20% delle forme di autismo. Per il resto occorre ricercare combinazioni patogene di geni diversi. Il problema con l’autismo è poi che esso si manifesta in modo estremamente eterogeneo: ogni bambino presenta alcuni sintomi e non altri. Non stupisce quindi che dal punto di vista delle terapie, abbiamo soltanto due farmaci, che per molti casi sono addirittura controproducenti. Per questa ragione la mediazione dei genitori, che adeguatamente formati possono diventare co-terapeuti preziosi, e l’educazione speciale basata sull’analisi applicata del comportamento sono fondamentali per ottenere dei buoni risultati nell’inclusione sociale dei pazienti”.

In questo panorama, i nuovi LEA, finanziando la legge 134, dovrebbero porre finalmente il paziente autistico al centro di un insieme di processi educativi per lui e per la famiglia, attraverso – si legge – una partecipazione attiva di questa ultima, con interventi di sostegno, formazione e orientamento a essa dedicati, e coinvolgimento attivo nel percorso terapeutico. “Un momento cruciale è e rimane quello dello screening – continua Hanau – che spetta al pediatra, che al momento ha disponibile uno primo strumento importante, la CHAT (Checklist for Autism in Toddlers). Si tratta di un approccio che prevede una serie di osservazioni del bambino e di domande da rivolgere al genitore sui comportamenti del bambino entro i due anni di età. Se lo screening rileva il sospetto, il bambino deve essere immediatamente indirizzato a un centro specializzato per l’autismo, e ancor prima della diagnosi richiede l’intervento abilitativo il più precocemente possibile, per sfruttare la plasticità cerebrale dei primissimi anni di vita. La successiva azione di abilitazione necessita ovviamente di un percorso lungo e continuo, con la collaborazione di più parti: famiglia, scuola, sanità, contesto sociale, in una organizzazione ben integrata.”

Nell’articolo 3, la Legge 134 specifica i servizi che le Regioni devono mettere in campo per garantire un adeguato supporto multidisciplinare per la cura e l’abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico. Questo dunque quello che i nuovi LEA prevedono ufficialmente per le Regioni:
– la formazione degli operatori sanitari di neuropsichiatria infantile, di abilitazione funzionale e di psichiatria sugli strumenti di valutazione e sui percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali basati sulle migliori evidenze scientifiche disponibili;
– la definizione di équipe territoriali dedicate, nell’ambito dei servizi di neuropsichiatria dell’età evolutiva e dei servizi per l’età adulta, che partecipino alla definizione del piano di assistenza, ne valutino l’andamento e svolgano attività di consulenza anche in sinergia con le altre attività dei servizi stessi;
– la promozione dell’informazione e l’introduzione di un coordinatore degli interventi multidisciplinari;
– la promozione del coordinamento degli interventi e dei servizi di cui al presente comma per assicurare la continuità dei percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali nel corso della vita della persona;
– l’incentivazione di progetti dedicati alla formazione e al sostegno delle famiglie che hanno in carico persone con disturbi dello spettro autistico;
– la disponibilità sul territorio di strutture semiresidenziali e residenziali accreditate, pubbliche e private, con competenze specifiche sui disturbi dello spettro autistico in grado di effettuare la presa in carico di soggetti minori, adolescenti e adulti;
– la promozione di progetti finalizzati all’inserimento lavorativo di soggetti adulti con disturbi dello spettro autistico, che ne valorizzino le capacità.

È evidente che la realizzazione delle residenze e semiresidenze con competenze specifiche per l’autismo consentirà di differenziare le rette pagate dalle ASL a seconda dei bisogni, che per l’autismo sono molto superiori rispetto alla media, poiché occorre personale più qualificato e più numeroso. “Non bastano i 145 Euro al giorno finora erogati dalle ASL per tutte le residenze e per tutte le disabilità”, spiega Hanau. “La residenza sperimentale per l’autismo della Fondazione Marino a Melito Porto Salvo ha stimato in prima persona un costo di 236 Euro al giorno, con un trattamento specifico che consente una vita migliore agli ospiti, e per alcuni, successivamente, di ridurre persino il bisogno di assistenza e quindi i costi delle ASL.”

Quello che possiamo dire dunque è che i nuovi LEA altro non fanno che dirci di rispettare la legge, e cioè di strutturare meglio i servizi, integrandoli fra loro ed aumentandone l’efficienza. “Per l’autismo si deve privilegiare l’educazione speciale – prosegue l’esperto – l’intervento più efficace che si conosca, e per far questo occorre partire dagli asili e dalle scuole, dove la quantità di personale è doppia rispetto a quella impiegata negli USA: la media italiana delle ore settimanali in rapporto uno a uno è di 25 (media per tutti gli ordini di scuola, dall’indagine fondazione Serono e ANGSA eseguita dal CENSIS nel 2011). Purtroppo i risultati sono molto scarsi perché manca la qualificazione specifica per l’autismo degli insegnanti, degli educatori e degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione.”

Da pochi anni il MIUR e le Università cercano di recuperare il ritardo culturale con gli Sportelli autismo, già presenti in alcune Regioni e che saranno un centinaio in tutta Italia, e con i Master e i corsi di perfezionamento, che l’Università di Modena e Reggio Emilia ha offerto per prima nel 2011, raggiungendo quasi quattromila iscritti in formazione a distanza e tanti altri uditori, che possono assistere alle lezioni gratuitamente da casa loro, via internet.

@CristinaDaRold

Leggi anche: Settimana blu per l’autismo

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Condividi su
Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.