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Vita di città, quali i rischi per la salute?

Ritmi frenetici, inquinamento e mancanza di coesione sociale sembrano essere tra i fattori che mettono a rischio la salute mentale di chi vive in città.

Vivere in città aumenta i livelli di stress e il rischio di soffrire di disturbi mentali. Crediti immagine: Public Domain

SPECIALE MARZO – Vivere in città, diciamolo, può sembrare comodo. Lavoro a portata di mano, trasporti veloci, negozi sempre disponibili, scuole e servizi a pochi minuti da casa. Il nostro è ormai un pianeta urbano, tanto che la metà della popolazione mondiale vive in città e si stima che entro il 2050 lo faranno due persone su tre. Questo, c’è da aspettarselo, non è esente da rischi per la nostra salute e la scienza sembra confermarlo. Non mancano, infatti, gli studi che dimostrano che vivere in città fa aumentare i livelli di stress e il rischio di soffrire di disturbi mentali, ha effetti potenzialmente negativi su cuore e polmoni e potrebbe addirittura compromettere lo sviluppo cerebrale.

Stress da città

I primi ad accorgersi di un potenziale legame tra i ritmi frenetici della città e i disturbi da stress sono state, nel 1965, le autorità del popoloso quartiere londinese di Camberwell, che iniziarono una conta alquanto insolita per l’epoca. Tennero traccia, infatti, di tutti i casi diagnosticati di schizofrenia, depressione, bipolarismo e altri disturbi psichici nella zona, registrando una media di 11 casi all’anno su 100 000 abitanti. Qualche decennio dopo, riguardando quei dati, gli psichiatri si accorsero che quei numeri erano più che duplicati in 30 anni, sollevando il dubbio che lo stress della vita in città potesse in qualche modo incidere sul numero delle psicosi registrate. Non si tratta certo di una domanda da poco, considerando il numero sempre crescente della popolazione urbana e le statistiche che riguardano i disturbi della sfera psichica. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, la depressione colpisce 300 milioni di persone nel mondo e i disturbi psichiatrici sono tra le venti cause di disabilità più importanti.

Un gruppo di ricercatori tedeschi dell’Istituto Centrale di Salute Psichica dell’Università di Mannheim ha approfondito il legame tra la vita di città, l’aumentato livello di stress e lo sviluppo di psicosi attraverso le più moderne tecniche di neuroimaging. Lo studio, pubblicato su Nature, ha osservato 55 volontari provenienti da zone rurali, piccoli paesi o grandi città svolgere esercizi logico-matematici in condizioni di stress psicologico. In tutti i partecipanti sono state registrate reazioni tipiche delle situazioni di stress, come l’aumento della salivazione, del battito cardiaco, della pressione e del livello degli ormoni legati allo stress nel sangue. La cosa che ha attirato l’attenzione dei ricercatori, tuttavia, riguarda un’area particolare del cervello, l’amigdala, che regola emozioni come la paura. L’attività dell’amigdala registrata durante l’esperimento è risultata essere tanto più elevata quanto più popolosa era la città di provenienza dei volontari. Ma c’è di più. Se la persona era nata e cresciuta in città, infatti, l’attività prevalente riguardava la corteccia anteriore, proprio quella responsabile delle emozioni negative. Secondo gli autori dello studio, sarebbe proprio questa maggior reazione allo stress ad aumentare i rischi di disturbi psichici. Le cause potrebbero essere molteplici, come i rumori, il sovraffollamento e l’inquinamento ma, secondo i ricercatori sarebbero le interazioni sociali tipiche delle grandi città a innescare queste reazioni.

Ulteriori conferme: la città influenza il cervello

Altri studi si sono susseguiti per approfondire l’argomento e tutti hanno dato lo stesso esito: esiste un legame tra la vita di città e l’alterazione di alcuni circuiti cerebrali che regolano la nostra salute mentale. Un gruppo di psicologi inglese, per esempio, ha condotto uno studio su oltre 2000 bambini, cresciuti in ambienti urbani e suburbani, per capire come il crescere in città possa influenzare lo sviluppo cerebrale. L’analisi ha rivelato che, all’età di 12 anni, i bambini cresciuti in città hanno il doppio delle probabilità di sviluppare delle psicosi. La causa, ancora una volta, sarebbe da ricercare non tanto nelle caratteristiche “fisiche” delle città, ma piuttosto nelle relazioni sociali che si instaurano in esse. Secondo gli psicologi, infatti, sarebbero la mancanza di coesione sociale e il numero più elevato di attività criminali le due caratteristiche urbane che maggiormanete incidono in questo rischio.

L’Accademia delle Scienze cinese, d’altra parte, ha analizzato l’influenza della vita urbana e rurale negli aspetti cognitivi di un gruppo di ragazzi al di sotto dei 30 anni. Secondo quanto riportato dai ricercatori cinesi, chi nasce e cresce in una megalopoli, di fronte a un test di matematica, diritto e medicina, risponde correttamente a meno domande rispetto ai coetanei cresciuti in campagna e avrà sette volte meno possibilità di avere successo.

Questione di smog?

Gli studi più recenti non escludono il fatto che, al di là delle relazioni sociali, sia anche l’inquinamento atmosferico presente nelle città a influire – e non poco – sulla nostra salute. Un recentissimo studio pubblicato su The Lancet ha trovato una relazione tra il rischio di sviluppare una forma di demenza e il vivere vicino ad una strada trafficata. Lo studio ha analizzato i dati clinici di circa 6,6 milioni di persone di età compresa tra i 20 e gli 85 anni che sono vissuti in Ontario (Canada) tra il 2001 e il 2012, cercando una correlazione tra il loro indirizzo di residenza e lo sviluppo di demenza, malattia di Parkinson o sclerosi multipla. I ricercatori hanno potuto così constatare che, rispetto alla media della popolazione, chi vive a meno di 50 metri da una grossa arteria urbana ha il 7% di rischio in più di essere colpito da demenza, percentuale che scende al 4% e al 2% per distanze comprese rispettivamente tra i 50 e i 100 metri e i 100 e i 200 metri. A essere messi sotto accusa dallo studio sono due inquinanti atmosferici comuni nelle nostre città, il diossido di azoto e le particelle sottili, anche se altri fattori non ambientali sono sicuramente coinvolti nello sviluppo dei disturbi della psiche.

Anche le città di casa nostra non ne escono a testa alta. Secondo le analisi della Società Italiana per lo Studio dell’Arteriosclerosi (SISA), basate sui dati di ISPRA Ambiente, il cuore e il cervello delle persone che vivono a Milano e a Torino invecchiano quattro volte più velocemente rispetto a quelli delle persone che vivono a Roma, città con un tasso di inquinamento medio più basso rispetto ai due capoluoghi del Nord. Il meccanismo, secondo la SISA è semplice e diretto: l’inalazione del particolato fine, il PM 2.5, provoca un processo di infiammazione nei polmoni e nel sangue, che si ripercuote nell’arteria principale, la carotide, provocando e accelerando queste malattie, soprattutto nei soggetti con livelli di colesterolo troppo elevati.

La stessa American Heart Association ha definito l’esposizione al PM 2.5 come “un fattore modificabile che contribuisce alla morbilità e mortalità cardiovascolare”. Si stima che se in Europa i livelli di PM venissero ridotti ai valori raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il guadagno medio previsto in termini di speranza di vita sarebbe compreso tra gli 0,4 mesi a Dublino e i 22,1 mesi a Bucarest, la città capofila tra quelle più inquinate.

Voglio andare a vivere in campagna?

Che la soluzione sia quella di andare a vivere in campagna, lontano da inquinamento, sovraffollamento, rumori e stress? Difficile dirlo, ma per il momento gli scienziati stanno guardando alle risposte evolutive date da alcuni animali che si sono adattati alla vita di città. Per esempio, il merlo europeo che popola le nostre città è capace di adattare il proprio cinguettio in modo che sia udibile dai compagni al sopra dei rumori del traffico urbano, ed è in grado di sopportare meglio gli stimoli stressanti rispetto ai cugini che vivono nelle foreste. Si tratterebbe, secondo gli esperti, del risultato delle pressioni selettive esercitate dalla vita di città su questi animali. C’è scetticismo, tuttavia, sul fatto che questa teoria evolutiva possa valere anche per gli esseri umani. A differenza dei merli, infatti, tendiamo a spostarci e a cambiare luogo di residenza molto più spesso. Agli irriducibili della vita di città non resta che sperare, per il momento, nell’attuazione di progetti di sviluppo urbani finalizzati proprio alla riduzione degli stimoli stressanti, dell’inquinamento e al miglioramento della qualità di vita. Anche semplicemente passeggiare lungo un viale alberato, per esempio, sembra in grado di ridurre i livelli di stress e avere effetti benefici sul nostro sistema nervoso. Tempo di chiudere il computer, quindi, e combattere lo stress da città con una  passeggiata nel verde di un parco.

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