Il mistero degli antichi astronauti
Lo storico della scienza Marco Ciardi ha affrontato la questione dell'archeologia misteriosa nel suo nuovo saggio "Il mistero degli antichi astronauti" edito da Carocci editore.
STRANIMONDI – Il film Prometheus di Ridley Scott (2012) si apre con un misterioso prologo. Un’astronave approda su un pianeta spoglio. Un essere dall’aspetto umanoide beve una strana sostanza nera che lo porterà brevemente a morire fra i gorghi di una cascata. Mentre il corpo dell’umanoide si perde nelle acque del fiume si innesca una reazione chimico-biologica: che sia l’origine della vita sul pianeta? Se quel pianeta fosse la Terra (nel film non è esplicitato) questa scena sarebbe solo una delle più recenti riletture del mistero degli antichi astronauti.
Questo mistero si poggia su un’ipotesi secondo la quale la Terra è stato visitata almeno una volta da extraterrestri e che, durante questa visita, essi siano stati capaci di influenzare direttamente eventi fondamentali per la storia del nostro pianeta. In senso lato, poi, la “teoria” degli antichi astronauti ha dato origine a vere e proprie correnti pseudoscientifiche come l’archeologia misteriosa, ovvero una pseudodisciplina che rilegge il passato dell’umanità e alcune sue produzioni culturali come frutto dell’intervento di civiltà extraterrestri tecnologicamente molto evolute. Lo storico della scienza Marco Ciardi ha affrontato la questione nel suo nuovo saggio Il mistero degli antichi astronauti edito da Carocci editore. Ciardi ricostruisce nelle sue pagine il contesto in cui questa teoria è nata, come si è sviluppata, chi l’ha alimentata e rielaborata. Attraverso questa indagine l’autore prova a capire quanta scienza c’è nella leggenda degli antichi astronauti, muovendosi come sempre al confine tra scienza e pseudoscienza, come molte altre volte aveva fatto nella sua attività saggistica indagando a più riprese il mito di Atlantide (Atlantide, 2002 e Le metamorfosi di Atlantide, 2011) e le interazioni fra scienza, magia e letteratura fantascientifica (A bordo della cronosfera. I fumetti tra scienza, storia e filosofia, 2014 Galileo e Harry Potter, 2015).
Una meticolosa indagine storica
Ciardi torna quindi a indagare il confine fra scienza e pseudoscienza utilizzando la ricerca storica e una meticolosa analisi delle fonti letterarie, dai saggi ai fumetti. In misura forse maggiore a quanto accade nei suoi precedenti libri, le pagine di Ciardi sono ancora più ricche di rimandi a nomi, autori, scienziati e ai più eterogenei riferimenti bibliografici utili a ricostruire la storia del mistero degli antichi astronauti. Il saggio cerca di capire innanzitutto quali siano le coordinate temporali e culturali che hanno dato origine al mistero, quindi si spinge a delineare quali siano state le condizioni capaci di favorirne la diffusione. Le origini teoriche del mistero affondano nel Rinascimento e nel sapere mistico custodito nel Corpus Hermeticum, per secoli ritenuto erroneamente un testo sacro ancestrale contenente la sapienza di un antica divinità egizia, mentre in realtà i suoi testi possono essere collocati fra il I e il IX secolo d.C..
Alla base c’è l’idea molto in voga presso i filosofi rinascimentali che esistesse un’antichissima civiltà dotata di saggezza inimmaginabile e di tecnologia avanzata. Se ciò vi ricorda Atlantide e il mito degli atlantidei, ricordate bene: Atlantide è un altro dei miti indagati da Ciardi e ritorna a più riprese anche nella pagine di questo suo ultimo saggio. Nell’Ottocento, poi, il mito di una civiltà primigenia evolutissima si mantenne vivo e capace di alimentare le fantasie e le curiosità di molti autori. Fra i promotori del mistero degli antichi astronauti troviamo la fondatrice della Società teosofica Eléna Petróvna von Hahn, più nota come Madame Blavatsky, che verso la fine dell’Ottocento pubblicò alcune opere nelle quali sosteneva fortemente il mito di una razza primigenia pura, eterea e aliena, che aveva generato la civiltà umana. Blavatsky attinse a piene mani dal misticismo rinascimentale, rileggendolo però (in un atteggiamento tipico della pseudoscienza) alla luce delle scoperte tecnico-scientifiche della sua epoca: in questo modo l’invenzione del telefono e le ricerche sull’elettricità sarebbero in realtà riscoperte di quella antica civiltà ipertecnologica. A suffragio di questa convinzione Madame Blavatsky chiamava addirittura l’evoluzione per selezione naturale, fraintendendola e piegandola a piacimento al fine di corroborare il suo misticismo.
Tra fantascienza e pseudoscienza
Ciardi non presenta un elenco di bufale o leggende legate al mito degli antichi astronauti, ma scava nel dettaglio nella storia dell’idea, non entrando nel merito delle prove che la confermerebbero o la smentirebbero. L’autore non appunta esplicitamente le sue convinzioni, anche se nelle sue parole è evidente la cautela e l’atteggiamento di costruttivo scetticismo sull’argomento. Probabilmente il parere dell’autore può essere intuito dal confronto che propone fra gli scrittori Peter Kolosimo e Erich Von Däniken. Il primo, divulgatore italiano e autore fantascientifico, fu affascinato del mito di una civiltà primigenia e scrisse opere – come Non è terrestre – in cui un contesto più propriamente fantascientifico e una divagazione nella pseudoscienza si mescolavano fra loro in modo accattivante. Tuttavia Ciardi sostiene che Kolosimo non perse mai di vista un approccio fondamentalmente dubbioso, confinando buona parte delle sue ipotesi alla fantascienza e non alla pseudoscienza. Altro atteggiamento fu quello del “rivale” di Kolosimo, lo scrittore svizzero Erich von Däniken, autore di molti saggi sull’ipotesi degli antichi astronauti e sull’archeologia misteriosa, fra cui Gli extraterrestri torneranno. Von Däniken propone le sue tesi senza il dubbio che Ciardi vede nelle pagine di Kolosimo e secondo lo storico sconfina pienamente nella pseudoscienza. Von Däniken parla di tracce archeologiche e artistiche che testimonierebbero il contatto, come ad esempio pitture antiche nelle quali sarebbe possibile vedere il disegno di astronauti, con tanto di tute e caschi.
Come accade tipicamente nella saggistica parascientifica e come abbiamo visto nei testi di Madame Blavatsky, von Däniken cita molti scienziati come supporto alle sue opinioni su presunti contatti con gli alieni. Fra questi sono presenti Albert Einstein, il radioastronomo russo Iosif Samuilovič Šklovskij e Carl Sagan. Una forzatura, argomenta Ciardi: Einstein fu possibilista sulla vita extraterrestre (come del resto moltissimi altri scienziati e pensatori, ricorda Ciardi), ma ciò non significa che fosse convinto dell’avvenuto contatto tra alieni e umani; allo stesso modo Šklovskij affermava di non avere prove di un passaggio degli alieni. Stessa opinione di Sagan, secondo cui tutte le presunte prove dell’archeologia misteriosa potevano trovare più razionale spiegazione senza tirare in ballo intelligenze extratterestri. Ciò non toglie che Sagan fosse affascinato dall’argomento: egli fu tra i promotori del progetto SETI e fu autore del romanzo Contact, nel quale immaginava esattamente l’incontro fra l’umanità e alieni. In effetti Sagan è un perfetto esempio di come scienza e fantascienza possano coesistere in modo fecondo, rispettando entrambe le proprie prerogative tenendo ben lontana la pseudoscienza.
Una grande produzione pseudoscientifica
Scavalcando il confine fra fantascienza e pseudoscienza, quest’ultima è rimasta a tal punto affascinata dal mistero degli antichi astronauti da arrivare a produrre vere e proprie pseudodiscipline e anche nuovi filoni. Nel recente libro Le piramidi le ha costruite Bigfoot – Viaggio nell’universo della pseudoscienza (Tempi Modesti, 2016) Claudio Casonato ha parlato di alcune leggende legate all’archeologia misteriosa come gli OOPAart, ovvero i cosiddetti “oggetti fuori dal tempo”. Questi oggetti sarebbero anacronistici e inspiegabili con il ricorso alla razionalità o perché troppo insoliti o perché, per essere realizzati, avrebbero richiesto eccessive competenze tecniche e teoriche. Casonato nel suo libro parla del Geode di Coso, dei teschi di cristallo, della macchina di Anticitera e di Stonehenge. Per i cultori dell’archeologia del mistero anche il magnifico complesso megalitico inglese sarebbe frutto di indicazioni offerte da visitatori alieni poiché, secondo loro, a quello stato dell’evoluzione la tecnologia umana sarebbe stata di livello troppo basso per poter realizzare un prodotto architettonico simile. Ovviamente nessuna prova corrobora questa ipotesi. Inoltre, come giustamente scrive Casonato, l’archeologia misteriosa finisce per sminuire la grande ingegnosità dell’essere umano. Un errore basato ancora una volta su una errata interpretazione dell’evoluzione dell’uomo e della sua cultura, teorica e tecnica, che come abbiamo visto è un punto ricorrente nella storia del mistero degli antichi astronauti sin dalle pagine di Madame Blavaskty.
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