Mars Generation: piccoli astronauti in erba
Un nuovo documentario disponibile su Netflix racconta la storia di un gruppo di aspiranti astronauti adolescenti che sognano il Pianeta Rosso.
STRANIMONDI – Un allarme che suona nella sala di comando, un ordine (“non puoi atterrare finché non avrai completato un controllo manuale”), un membro dell’equipaggio a Terra durante un’operazione: scene da perfetto film di fantascienza sui viaggi nello spazio, se non fosse che i protagonisti con le tute da astronauta sono tutti adolescenti che stanno simulando una missione di esplorazione su Marte. È l’inizio di Mars Generation, il documentario disponibile dal 5 maggio su Netflix, che racconta l’addestramento di un gruppo di adolescenti americani durante lo Space Camp, specie di campo estivo per appassionati di spazio e nerd, che lo U.S. Space & Rocket Center di Huntsville, in Alabama, organizza da alcuni anni.
Il regista è Micheal Barnett, già noto nell’ambito della documentaristica per la televisione americana, che presentando il film all’ultima edizione del Sundance Festival, lo ha descritto come un viaggio “nella storia dell’esplorazione dello spazio e uno sguardo alla tecnologia di cui abbiamo davvero bisogno per andare sul Pianeta Rosso: la forza dei sogni della gioventù”. Toni melodrammatici a parte, è proprio attorno alle aspirazioni e alle emozioni di un gruppetto di ragazzini, maschie e femmine, che il film costruisce i propri momenti migliori. Li seguiamo mentre costruiscono piccoli razzi con pochi mezzi a disposizione ma, soprattutto, un budget limitato, e trepidiamo con loro quando dopo l’atterraggio verificano se l’uovo crudo, usato come simulazione dell’equipaggio umano, è tornato a terra sano e salvo. Vediamo Jace, 16 anni, essere frustrato dopo che il robot che ha programmato fallisce il test finale, ci identifichiamo almeno un po’ in Victoria, 15 anni, che si è “sempre sentita quella strana”, ma che tra gli altri nerd dello Space Camp può dedicarsi a quello che le piace e la rende felice, senza preoccuparsi di essere giudicata.
Michael Barnett ha deciso di affiancare a questa narrazione principale anche una linea storica, che ripercorre la vicende principali delle esplorazioni spaziali, dalla space race tra USA e URSS durante gli anni Cinquanta e Sessanta, fino alle più tragedie degli shuttle. Il regista si avvale di una serie di interviste di peso, da Michio Kaku al Piero Angela americano Bill Nye, dalla storica Annie Jacobsen al giornalista Jeffrey Kluger (che ha scritto il soggetto di Apollo 13), passando per piccole celebrità del mondo NASA come Bobak Ferdowsi (system engineer del Jet Propulsion Laboratory per Curiosity, ma soprattutto noto come “Mohawk guy“). Nonostante tutti raccontino aspetti piuttosto interessanti, in alcuni casi anche non troppo noti fuori dalla stretta cerchia di appassionatissimi, questa è la parte del film che gira meno bene. Il racconto tra il famoso discorso di JFK a Houston nel 1962 (il cosiddetto Moon speech) alla presidenza Obama (quella che ha aperto le relazioni tra NASA e aziende private, come Boeing e Space X) è un po’ troppo retorico per il gusto europeo, con un nazionalismo che fa sembrare la mancanza di fondi (Kluger sostiene che le missioni degli Shuttle abbiano drenato qualsiasi risorsa del programma spaziale tra il 1975 e il 2011) una mancanza di patriottismo.
Per fortuna ci sono i ragazzi, come Josh, che a 16 anni sa praticamente tutto quello che si può sapere sui razzi spaziali e i veicoli NASA e tradisce la propria età solo per via dei brufoli. C’è Tegan, a cui trema un po’ la voce quando nomina gli astronauti che ha incontrato durante lo Space Camp, e c’è Zoe, che con le orecchie ancora piene di sapone dice senza problemi che vuole essere parte di una missione umana per Marte e “se dovessi morire nel tentativo sarebbe triste, ma mi sentirei realizzata”. Loro rispondono davvero alla grande all’idea originale del regista, mettendo il cuore al servizio del cervello – e nel mentre imparare la scienza necessaria, ma anche l’importanza del lavoro di gruppo – e mostrando il lato da sogno di voler andare laddove nessuno è ancora stato.
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