SCOPERTE

Gli effetti della meditazione sul cervello

L'allenamento mentale può modificare la struttura del cervello, migliorare le capacità sociali, affettive e cognitive e ridurre lo stress.

SCOPERTE – Lo afferma un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute of Human Cognitive and Brain Sciences di Leipzig, in Germania, in uno studio pubblicato su Science Advances. La ricerca è parte di un progetto su larga scala, The ReSource Project, nato con l’obiettivo di chiarire gli effetti dei diversi metodi di allenamento mentale sul cervello, sul corpo e sul comportamento sociale.

Lo studio si è svolto secondo tre moduli, ognuno dei quali focalizzato su una diversa competenza. Nel primo modulo l’allenamento era mirato a migliorare l’attenzione e l’interocezione – la percezione delle informazioni corporee come ad esempio il respiro, il senso di fame, il dolore e le altre emozioni – attraverso tecniche di meditazione simili a quelle insegnate nel programma MBSR (Mindfulness-based stress reduction, in italiano Metodo per la riduzione dello stress basato sulla consapevolezza). Questo protocollo prevede otto incontri settimanali della durata di due ore e mezzo durante i quali i partecipanti sono invitati a concentrarsi sul respiro, su altre sensazioni corporee o su dettagli visivi e sonori dell’ambiente in cui si trovano.

Il secondo modulo era invece dedicato alle competenze socio-affettive, come la capacità di provare empatia, mettere in atto comportamenti prosociali e gestire emozioni negative. Oltre agli esercizi tradizionali di meditazione, è stata sperimentata una nuova tecnica, da praticare in coppia una volta al giorno per dieci minuti. Questa pratica, detta “diade contemplativa”, aveva lo scopo di stimolare i partecipanti a mostrare gratitudine, affrontare emozioni complicate e ascoltare in modo empatico.

Il terzo modulo aveva come obiettivo quello di migliorare le abilità socio-cognitive, come la metacognizione e la capacità di comprendere pensieri e sentimenti e altrui. Nel corso dell’esercizio, svolto anche in questo caso a coppie, i partecipanti hanno imparato a riconoscere e condividere le prospettive legate ad alcuni tratti della propria personalità e le prospettive delle persone con le quali interagivano nella vita quotidiana.

Gli esercizi di ciascun modulo sono stati ripetuti per 30 minuti al giorno per tre mesi. Alla fine dell’allenamento, i ricercatori hanno valutato i risultati attraverso test psicologici del comportamento, imaging a risonanza magnetica (MRI) e analisi dei marcatori dello stress (ad esempio, il cortisolo). Come spiega Sofie Valk, prima autrice dello studio, tra i tre programmi sono state riscontrare delle differenze. Nel caso del primo modulo, i ricercatori hanno evidenziato dei cambiamenti della corteccia cerebrale in aree associate all’attenzione e alle funzioni esecutive. Allo stesso modo, al termine dei moduli mirati a potenziare le abilità sociali, sono stati evidenziati cambiamenti nelle aree deputate a queste funzioni. Risultati simili sono stati osservati anche attraverso i test comportamentali.

Lo studio fornisce un’importante prova della plasticità del cervello adulto, spiega Tania Singer, ricercatrice a capo del ReSource Project. La pratica quotidiana di programmi di allenamento potrebbe quindi favorire un miglioramento dell’intelligenza sociale, con possibili applicazioni nel sistema educativo e nella clinica. Il progetto ha poi evidenziato un altro importante risultato, descritto in un secondo paper su Science Advances: l’allenamento mentale ha portato a una riduzione del 51% dei livelli di cortisolo, “l’ormone dello stress”. In particolare, questo effetto è stato osservato nel secondo e terzo modulo del programma: è plausibile, spiegano i ricercatori, che la risposta allo stress sia stata influenzata dagli esercizi a coppie. Durante questa pratica, infatti, i partecipanti hanno sperimentato l’ascolto empatico, che potrebbe averli “immunizzati” dalla paura del giudizio, un fattore spesso in grado di innescare lo stress sociale.

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Francesca Camilli
Comunicatrice della scienza e giornalista pubblicista. Ho una laurea in biotecnologie mediche e un master in giornalismo scientifico.