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Perché al largo degli oceani si produrrebbe più energia eolica

I risultati di un esperimento, descritto su PNAS, suggeriscono che le centrali eoliche costruite al largo delle coste oceaniche sarebbero capaci di generare quantità massicce di energia.

Le centrali eoliche sulle aree continentali del pianeta sfruttano principalmente l’energia del vento che circola negli strati più bassi dell’atmosfera, mentre le centrali sugli oceani sono in grado di utilizzare in maniera efficiente anche l’energia che proviene dagli strati alti della colonna atmosferica. Crediti immagine: Pixabay

RICERCA – Sugli oceani il vento soffia così forte che un giorno, con le condizioni tecnologiche ed economiche favorevoli, potremmo sostenere il consumo di energia elettrica annuale di tutta la popolazione mondiale semplicemente costruendo una grande centrale eolica al largo delle coste del Nord Atlantico. Sono le conclusioni di uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, dove i ricercatori Anna Possner e Ken Caldeira dimostrano che nelle zone oceaniche è possibile produrre una quantità di energia eolica fino a tre volte più alta di quella che si ottiene nelle zone continentali.

Prima di arrivare al Carnegie Institute for Science di Stanford, Anna Possner si dedicava alla fisica delle nuvole e all’impatto delle attività umane sul clima. Solo dall’anno scorso, sotto la guida dello scienziato atmosferico Ken Caldeira, ha cominciato a indagare i limiti dell’atmosfera sull’energia prodotta dal vento, chiedendosi quali potrebbero essere gli effetti sulla produzione di energia di centrali eoliche costruite al largo delle coste oceaniche.

Tra i climatologi e gli scienziati atmosferici già si sapeva che i venti soffiano sull’oceano con più forza che sulle terre emerse. Ma la questione ancora irrisolta era il motivo per cui questo succede. La superficie continentale ospita una serie di ostacoli, dai più imponenti (come montagne, alberi ed edifici) a quelli apparentemente insignificanti (come piante e sabbia), ma tutti oppongono resistenza alla forza del vento, rallentando la velocità con cui soffia. Invece la resistenza che oppone la superficie degli oceani, dove sono assenti (o quasi) corpi verticali, è nettamente più bassa.

Oltre alla “rugosità” della superficie, l’altra ragione che potrebbe spiegare la differenza di velocità del vento tra zone oceaniche e terrestri è la quantità di energia cinetica che proviene dagli strati più alti dell’atmosfera e si dirige verso lo strato limite planetario, la porzione di atmosfera a contatto con il suolo. La colonna atmosferica in corrispondenza degli oceani, infatti, indirizza verso il basso più energia cinetica di quanto riesce a fare sulla superficie continentale.

Utilizzando un modello climatico che simula la velocità con cui l’energia cinetica si disperde nello strato limite planetario, Possner ha dimostrato che in alcune zone della Terra, come il Nord Atlantico, il calore che fuoriesce dagli oceani, innalzando la temperatura della colonna atmosferica sovrastante fino a quote più alte, aumenta la turbolenza dell’aria e, di conseguenza, l’energia cinetica proveniente dagli strati superiori. Secondo i dati ottenuti dalle simulazioni, è questa la ragione per cui sulle zone oceaniche il vento soffia con più forza.

Con lo stesso modello la giovane ricercatrice ha dimostrato anche che le centrali eoliche sulle aree continentali del pianeta sfruttano principalmente l’energia del vento che circola negli strati più bassi dell’atmosfera, mentre le centrali sugli oceani sono in grado di utilizzare in maniera efficiente anche l’energia che proviene dagli strati alti della colonna atmosferica.

Dal momento che uno dei limiti più grossi nella produzione di energia eolica è il rifornimento di energia cinetica (che viene continuamente rimossa dall’atmosfera con il movimento delle pale), i risultati dell’esperimento descritto su PNAS suggeriscono che le centrali eoliche costruite al largo delle coste oceaniche sarebbero capaci di generare quantità massicce di energia, tali addirittura che il Nord Atlantico da solo basterebbe a sostenere il consumo di energia elettrica di tutta l’umanità.

Leggi anche: Turbolenza sul fondo dell’oceano

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Sara Mohammad
Dopo una laurea in neurobiologia ho frequentato il master in comunicazione della scienza alla SISSA di Trieste. Oggi scrivo news e articoli di approfondimento soprattutto sulle ultime scoperte delle neuroscienze. Ho un blog dove, tra l'altro, vi porto tra i ricercatori che studiano il cervello umano. Su Twitter sono @smohammabd