Sonno e memoria: svelato il meccanismo del consolidamento
Forse è vero che “chi dorme non piglia pesci”, ma di certo memorizza più cose.
SCOPERTE – Un’equipe di ricerca della New York University ha dimostrato che è proprio durante il sonno che i nostri ricordi vengono creati e consolidati. Il ruolo dell’ippocampo nel consolidamento delle memorie è da diversi anni assodato per neuroscienziati e clinici: si pensi, per esempio, al caso del “paziente HM” che, operato chirurgicamente per trattare un’epilessia farmaco-resistente, aveva subìto il danneggiamento di questa piccola ma fondamentale struttura del sistema nervoso centrale. Il risultato? Nonostante avesse conservato pressoché intatti i propri ricordi pre-operatori, non riusciva a crearne e consolidarne di nuovi.
Nel mosaico della comprensione di tale meccanismo mancava tuttavia il tassello più importante, capire cioè come questo procedimento avviene. Grazie a un sistema all’avanguardia, sviluppato nell’ambito del progetto BRAIN (Brain Research through Advancing Innovative Neurotechnologies, un’iniziativa del National Health Institute dedicata alla comprensione dei meccanismi che governano il nostro cervello), i ricercatori hanno identificato delle scariche di attivazione neurale ad alta frequenza.
“Quando abbiamo registrato queste attivazioni per la prima volta credevamo di esserci sbagliati – ammette Dion Khodagholy, primo co-autore dello studio e professore alla Columbia University- perché non erano mai state osservate da nessuno prima d’ora”.
Il sistema usato per la registrazione, una sorta di Griglia Neurale, è costituito da un fitto insieme di elettrodi, disposti secondo una struttura che ricorda il tessuto di una maglia molto stretta, che vengono poi appoggiati direttamente sulla corteccia cerebrale per registrarne in modo continuo l’attività. In questo modo è possibile osservare attivazioni e de-attivazioni neurali su aree molto ampie del cervello, e il team di ricerca ha potuto così isolare, durante la fase non REM del sonno, attivazioni sincronizzate tra due regioni distinte: l’ippocampo, appunto, e la neocorteccia associativa, una regione particolarmente importante nell’elaborazione e nello “stoccaggio” di informazioni sensoriali complesse.
È così nata l’ipotesi che l’attivazione sincrona di ippocampo e corteccia associativa fosse alla base del processo di consolidamento dei ricordi; per testare la veridicità di questa teoria, i ricercatori hanno allora confrontato le registrazioni ottenute durante il sonno non REM in due popolazioni distinte di ratti: la prima durante il giorno era stata addestrata per uscire da un labirinto (e aveva quindi dovuto processare e immagazzinare informazioni spaziali), mentre la seconda aveva esplorato l’ambiente sperimentale in modo casuale, senza un fine preciso. Le attivazioni sincrone erano osservabili solo nei ratti “addestrati”, dimostrando così il loro ruolo nel consolidamento delle informazioni acquisite durante il giorno.
Gli autori auspicano ora che tale promettente scoperta possa trovare applicazione nel trattamento di disturbi neuropsicologici caratterizzati dalla perdita, selettiva o diffusa, della memoria: dormire, forse, non è mai stato così utile.
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