Cold Dark Matter, la conferma dal moto delle stelle “aliene”
Grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Hubble e della missione Gaia gli scienziati hanno definito il moto delle stelle al di fuori della Via Lattea. Una danza inaspettata, che fornisce una prima evidenza della teoria della Cold Dark Matter, cioè il ruolo della materia oscura fredda nell’alone galattico
SCOPERTE – Due grandi missioni per un grande obiettivo: stabilire il vero moto delle stelle “aliene” che vivono al di fuori della Via Lattea. Un risultato che è stato possibile grazie ai dati raccolti dal telescopio spaziale Hubble della NASA sulle stelle che popolano la galassia nana dello Scultore, a 290mila anni luce dalla Terra, e quelli dalla missione Gaia dell’ESA raccolti 12 anni dopo. Dal confronto tra questi due set di dati i ricercatori del Kapteyn Astronomical Institute dell’Università di Groening guidati dall’italiano Davide Massari sono riusciti per la prima volta a determinare il moto tridimensionale delle stelle osservate e hanno scoperto che le loro orbite non sono circolari, ma decisamente allungate.
Una caratteristica doppiamente importante, perché fornisce anche una conferma della validità della teoria della Cold dark matter, cioè materia oscura fredda, secondo cui l’alone di materia oscura che si trova nel cuore della galassia ne determina la forma e le orbite dei suoi oggetti. Un risultato che è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy e che è stato possibile grazie alla distanza tra le due prese dati, di circa 12 anni, che ha permesso la prima misura del moto tridimensionale di un gruppo di stelle nella galassia nana, che è una satellite della nostra Via Lattea.
12 anni, 2 telescopi, 15 stelle: la raccolta dati
Fino ad oggi gli astronomi erano in grado di determinare solo se le stelle nella nostra linea di vista si stanno allontanando o avvicinando, misurandone lo spostamento verso il rosso o redshift dovuto all’effetto Doppler. Se la stella è in allontanamento dal punto di vista dell’osservatore si parla di spostamento verso il rosso, se in avvicinamento invece di spostamento verso il blu. Un modo di misurare il moto stellare che impediva di determinarne l’orbita, ma permetteva di stabilire solo la posizione. Un’altra difficoltà nel determinare il moto stellare è la sua lentezza: le stelle nel cielo della Via Lattea si muovono molto lentamente e nelle galassie satellite, come quella dello Scultore, il movimento è ancora più lento e servono misurazioni a distanza di diversi anni per ottenere dei risultati.
Nel 2002 il telescopio spaziale Hubble ha osservato le stelle nella galassia nana dello Scultore, una galassia satellite che orbita intorno alla nostra, determinandone la posizione. Gli scienziati guidati da Massari hanno avuto inoltre accesso alle immagini scattate nel 2015 dalla missione Gaia, che è ancora in corso, progettata per misurare l’esatta posizione di oltre un miliardo di stelle, la maggior parte nella Via Lattea.
I ricercatori hanno così combinato insieme i due set di dati, un compito davvero non facile, dato che le due missioni hanno acquisito le posizioni in modi diversi. Per confrontare le misure è stato dunque necessario fare molta attenzione nel valutare ogni possibile errore sistematico e gli scienziati hanno scelto di utilizzare le galassie nello sfondo, la cui posizione negli ultimi 12 anni non è cambiata, per rendere le misure compatibili.
Il confronto ha permesso di individuare oltre 120 stelle osservate sia da Hubble che da Gaia, di cui circa 15 con osservazioni così precise da poterne ricavare in modo accurato il moto tridimensionale.
Un moto stellare inaspettato
Dopo aver individuato le candidate ideali, i ricercatori hanno determinato i parametri anisotropi che descrivono il moto delle stelle nella galassia nana. I parametri hanno permesso di stabilire che le orbite non erano circolari, come precedentemente ipotizzato, bensì dalla forma allungata. D’altronde la galassia dello Scultore è complessa ed è formata da due popolazioni di stelle, una più compatta e una più estesa. Tra i vari modelli ipotizzati, gli scienziati hanno scoperto che ne esiste uno che ha parametri di anisotropia simili a quelli osservati e che lascia dunque predire che la maggior parte delle stelle osservate dai due satelliti faccia parte della popolazione compatta. Massari ha spiegato:
“Finora siamo stati in grado solo di testare i modelli utilizzando i movimenti della linea di vista. Questo sembrava essere soddisfacente, ma ora, con il moto noto, i modelli standard crollano. Una delle possibili spiegazioni è che il modello debba assumere le stelle come facenti parte di un’unica popolazione. Inoltre dati i parametri e le orbite, siamo stati in grado di definire anche le proprietà dell’alone galattico di materia oscura. I valori che abbiamo ottenuto sono davvero sorprendenti, ma soprattutto indicano che i modelli standard non sono validi e quindi alcune delle assunzioni su cui erano basati devono essere sbagliate”.
Cold dark matter, la prima conferma
I risultati hanno portato inoltre una prima conferma alla teoria della Cold dark matter (CDM), o materia oscura ferma, secondo cui la materia oscura che compone il 25% dell’universo è costituita da particelle più “lente”, dunque fredde, che si sarebbero aggregate dunque lentamente con la conseguente disomogeneità nella distribuzione della materia in galassie, ammassi di galassie e buchi neri nell’universo dopo il Big Bang.
Il modello CDM descrive l’evoluzione dell’universo e la formazione delle galassie a partire dagli aloni di materia oscura che si addensano nel cuore della galassia stessa. Poter misurare la forma di questi aloni permetterebbe di valutare la validità del modello, ma al momento misurare la materia oscura in modo diretto non è possibile, ma solo attraverso l’effetto gravitazionale che induce sugli oggetti vicini, come ad esempio il movimento delle stelle nelle galassie in cui è presente. Questo è ciò che i ricercatori hanno fatto nello studio, spiega Massari:
“I nostri risultato dimostrano che utilizzando i dati di Gaia, combinati con altri set di dati, possiamo misurare il movimento proprio delle stelle fuori dalla Via Lattea e questo migliora i modelli che descrivono come la materia oscura è distribuita in queste altre galassie”.
Oltre a misurare il moto proprio, gli astronomi hanno anche determinato in modo più preciso l’orbita della galassia satellite Scultore intorno alla via Lattea: “l’orbita si è rivelata più ampia di quanto ci aspettassimo. In precedenza, si riteneva che la forma sferoidale dello Scultore fosse in parte il risultato di alcuni passaggi molto vicini alla nostra galassia, ma ora le misurazioni ci indicano che questo non è il caso e aprono a nuove investigazioni”.
Un doppio set di dati per un doppio risultato. I ricercatori guidati da Massari però hanno compiuto solo il primo passo verso la giusta direzione per comprendere il modello CDM e il moto stellare. Il team del Kapteyn Institute infatti ha deciso di ampliare il campione di stelle da osservare al di fuori dalla Via Lattea e per farlo avrà una grande opportunità: il rilascio dei nuovi dati acquisiti dalla missione Gaia che è previsto entro i primi mesi del 2018ora stanno cercando di estendere il loro campione di stelle al di fuori dalla via Lattea con moto noto dopo i nuovi dati rilasciati da Gaia che arriveranno a breve.
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