IPAZIA

Isobel Bennett, scienziata per caso

Diventata una ricercatrice di prim’ordine senza alcuno studio scientifico alle spalle, Isobel Bennett è stata la prima persona a ricevere una laurea honoris causa dall’Università di Sydney, nel 1962.

Isobel Bennet, in patria, è conosciuta come “the last of the great naturalists”, l’ultima grande naturalista.

IPAZIA – Isobel Bennett è stata una delle più importanti biologhe marine australiane. Ha compiuto studi fondamentali sul plancton del Pacifico meridionale, sugli organismi marini della zona intertidale e sulla grande barriera corallina. Eppure non era laureata in biologia; anzi, non aveva nessuna laurea. È diventata una scienziata per puro caso, grazie a un incontro fortuito su una nave da crociera. Questa è la sua storia.

Isobel Ida Bennett nasce a Brisbane nel 1909. È una studentessa brillante e all’età di 14 anni ottiene una borsa di studio che le consente di accedere al Somerville House, prestigioso istituto per sole ragazze. Due anni dopo, però, deve lasciare la scuola per problemi economici familiari.

I genitori la spingono a iscriversi a un corso che le consenta di trovare lavoro in breve tempo. Frequenta un istituto di formazione professionale e, subito dopo il diploma, viene assunta come segretaria presso l’ufficio di un avvocato specializzato in brevetti. Nel 1928 si trasferisce a Sydney con la famiglia e trova impiego presso la sede australiana dell’inglese Associated Board of the Royal Schools of Music, il più importante ente esaminatore in ambito musicale. Si tratta di un lavoro ben pagato e a tempo indeterminato, ma sono gli anni della grande depressione: alla fine del 1932 l’Associated Board di Sydney è costretto a chiudere.

Disoccupata da poche settimane, la giovane Isobel decide di concedersi una breve vacanza prima di ricominciare a cercare lavoro. Parte con la sorella per una crociera di cinque giorni attorno all’isola di Norfolk, a nord della Nuova Zelanda. È in quelle circostanze che si verifica l’evento destinato a cambiare per sempre la sua vita. Sulla nave, infatti, viaggia anche William John Dakin, professore di zoologia all’Università di Sydney, accompagnato dalla moglie. La coppia soggiorna nella cabina accanto a quella di Isobel e della sorella. Così, in modo del tutto fortuito, i quattro croceristi si incontrano. Dakin, venuto a conoscenza del fatto che Isabel ha appena perso il lavoro, le chiede di aiutarlo a portare avanti un progetto a cui sta lavorando in quel periodo.

Si tratta di studiare i diari di bordo dei capitani delle vecchie baleniere australiane, alla ricerca degli schizzi e dei disegni dei cetacei avvistati durante la navigazione. L’idea è quella di costruire una sorta di mappa della distribuzione delle balene lungo le coste di Australia e Nuova Zelanda, da utilizzare in un libro sulla storia della caccia alla balene in quell’area.

Due o tre volte a settimana Isobel Bennett si reca presso la Mitchell Library di Sydney, dove sono conservati i taccuini dei capitani, e annota diligentemente tutti i riferimenti alle balene. Pur grata al professor Dakin per averle dato questo piccolo incarico, la giovane è consapevole che si tratta di un’attività di breve durata e continua a cercare lavoro. La divisione del Council for Scientific and Industrial Research di Canberra vorrebbe assumerla come segretaria, ma il padre si rifiuta di farla andare da sola in una città lontana. Un genitore apprensivo, a volte, può rivelarsi decisivo tanto quanto il caso.

Isobel continua a collaborare col professor Dakin e, ultimato il lavoro di ricerca, si offre di battere a macchina il manoscritto. Inaspettatamente, nel maggio del 1933, riceve una lettera d’incarico per una posizione temporanea presso il dipartimento di zoologia dell’Università di Sydney. Resterà a lavorare nel dipartimento per i successivi trentanove anni. Prima di incontrare Dakin, dichiarerà in un’intervista, non aveva mai neppure cercato la parola “zoologia” sul dizionario.

Dakin sta per iniziare una ricerca sul plancton del Pacifico meridionale. Ha una piccola imbarcazione e la giovane appena assunta viene ingaggiata come membro permanente dell’equipaggio, per il resto composto da studenti volontari. Bennett fa di tutto: butta le reti in mare, annota la temperatura dell’acqua, si occupa della conservazione del plancton e viene coinvolta nella successiva identificazione degli organismi presenti. Non è un compito semplice. Dakin è inglese e ha compiuto numerosi studi sul plancton dell’Atlantico del Nord, ma le sue conoscenze sul plancton del Pacifico meridionale sono molto limitate. Sull’argomento non è mai stato pubblicato nulla.

Dennett disseziona gran parte degli organismi. “Un piccolo crostaceo”, dichiara in un’intervista, “poteva essere lungo appena due o tre millimetri, a volte anche meno. […] Nessuno poteva insegnarti un lavoro del genere, era solo questione di pratica. Dakin mi ha dato il microscopio e gli aghi da dissezione, il resto ho dovuto capirlo da sola”. Le fatiche di Dakin e Bennett porteranno, nel 1940, alla pubblicazione del primo studio di sempre sul plancton delle acque australiane.

Nel frattempo, oltre a lavorare come assistente di ricerca di Dakin, Bennett ha la possibilità di frequentare i corsi pratici del primo anno di zoologia. All’esame finale prende 98 su 100, quasi il massimo; non ottiene il punteggio pieno perché non riesce a dissezionare perfettamente la bocca di uno scarafaggio. Man mano che passa il tempo, le sue conoscenze e competenze si approfondiscono e diversificano. Si occupa della biblioteca del dipartimento, organizza i campioni raccolti in una piccola collezione ed effettua dimostrazioni pratiche per gli studenti del primo anno.

A partire dall’inizio degli anni Quaranta, Dakin concentra le sue ricerche sull’ecosistema della regione indertidale, ovvero l’area del litorale marino dipendente dall’alternanza di alta e bassa marea. Come per il plancton, anche in questo caso non esistono studi sulla realtà australiana. Bennett compie numerose spedizioni lungo la costa del Nuovo Galles del Sud, fino al confine con lo stato di Vittoria, redigendo liste minuziose di tutti gli animali presenti lungo la zona intertidale, suddivisi per phyla: echinodermi, molluschi, crostacei.

Nel 1946 Dakin si ammala e Bennett è costretta a viaggiare da sola o in compagnia di Elizabeth Carrington Pope, zoologa dell’Australian Museum. Gli studi sulla zona intertidale portano alla pubblicazione di Australian Seashores, la prima e più importante guida sugli ecosistemi delle coste australiane, per decenni principale fonte di informazioni per sub e biologi marini. Dakin lavora al libro sino alla sua morte, nel 1950. Negli anni successivi sarà Bennett a prendere in mano il progetto e a curarne le varie edizioni. Australian Seashores viene pubblicato nel 1952 e viene ristampato innumerevoli volte. Per l’edizione del 1986, l’editore chiede a Bennett di riscrivere in gran parte il libro e di sostituire le immagini in bianco e nero con foto a colori. La donna, all’epoca settantasettenne, non si scompone. Parte per un lungo viaggio lungo le coste australiane, da cui ritorna con oltre 500 fotografie per la nuova edizione.

Nel corso dei decenni, Bennett partecipa a numerose spedizioni scientifiche nel Pacifico, lungo le coste australiane e non solo. Nel 1952 è l’unica donna a bordo della nave di ricerca danese Galathea, il cui equipaggio è composto da oltre cento persone. Come professore associato temporaneo presso la Stanford University, tiene una serie di conferenze per gli studenti a bordo di una nave impegnata in un viaggio da San Diego a Singapore. “Erano tutti dottorandi, ne sapevano decisamente più di me, […] molti di loro erano già impegnati in stazioni marittime e svolgevano attività molto al di sopra di qualsiasi cosa avessi mai fatto. Tuttavia, sono sopravvissuta”.

Nel 1959 Isobel Bennett e la sua assistente sono le prime donne a partecipare ai lavori della Divisione Antartica Australiana nella stazione di ricerca di Macquarie, isola situata circa mille chilometri a sud della Nuova Zelanda. E nel 1967, durante uno dei suoi numerosi viaggi, la scienziata australiana è ricevuta dall’imperatore del Giappone in persona, Hirohito, biologo marino dilettante.

Le ricerche più importanti di Bennett sono quelle sul complesso ecosistema della grande barriera corallina. Tra il  1948 e il 1970 effettua decine di spedizioni lungo gli oltre 2000 chilometri della barriera, spesso da sola e a proprie spese. Il principale risultato di questo lavoro è un libro – The Great Barrier Reef, pubblicato nel 1971 – destinato a diventare, come il precedente Australian Seashores, un riferimento per studiosi e appassionati. Diventata una ricercatrice di prim’ordine senza alcuno studio scientifico alle spalle, Isobel Bennett è stata la prima persona a ricevere una laurea honoris causa dall’Università di Sydney, nel 1962.

Non si contano i premi e riconoscimenti ricevuti nel corso della sua lunghissima e straordinaria carriera; tra questi, il più importante è forse la Mueller Medal, conferitale nel 1982 dall’Australian and New Zealand Association for the Advancement of Science. Il suo nome campeggia accanto a quello dei più importanti e illustri scienziati del mondo. Oggi in patria è conosciuta come “the last of the great naturalists”, l’ultima grande naturalista. A volte il caso gioca strani scherzi.

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Crediti immagine: Le ricerche pionieristiche di Katsuko Saruhashi

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.