Alla ricerca di una cura per il cuore infartuato, grazie ai microRNA
Queste piccole molecole di RNA possono promuovere la riparazione del muscolo cardiaco dopo l'infarto del miocardio. Sono al centro di un filone di studi all'ICGEB di Trieste, con un obiettivo preciso: sviluppare un farmaco sicuro ed efficace
TRIESTE CITTÀ DELLA CONOSCENZA – A oggi non esiste un farmaco in grado di curare completamente lo scompenso cardiaco, ovvero la condizione nella quale verte il cuore umano che ha subito un infarto del miocardio. Eppure l’infarto miocardico è la causa più frequente di mortalità e morbilità nel mondo occidentale: in Italia, nella popolazione compresa tra i 35 e i 74 anni, i decessi causati da una cardiopatia ischemica sono il 12% di quelli totali, mentre i decessi per infarto acuto rappresentano l’8%. Vari filoni di ricerca sono attivi su questo fronte, per poter arrivare in futuro a curare – e non solo trattare – il cuore infartuato. Uno di questi riguarda i microRNA e ne parliamo con Pierluigi Lesizza, ricercatore all’International Centre for Genetic Engineering and Biotechnology (ICGEB) di Trieste, primo autore di un recente studio sul tema pubblicato sulla rivista Circulation Research.
Nome: Pierluigi Lesizza
Nato a: Cividale del Friuli
Formazione: Medicina e Chirurgia Trieste, attualmente Scuola di Specializzazione in Cardiologia dell’Università di Trieste
Gruppo di ricerca: Molecular Medicine (ICGEB)
Cosa amo di più del mio lavoro: mi affascina affrontare le sfide date dalla ricerca e trovare sistemi per superarle, allo scopo di tentare di sviluppare un farmaco che possa impattare significativamente sulla qualità della vita dei pazienti. Per quanto riguarda la parte clinica, mi piace il rapporto umano con i pazienti, parlare con loro e cercare di aiutarli a comprendere e ad affrontare le loro malattie.
La sfida principale del mio ambito di ricerca: trovare un farmaco che permetta di curare definitivamente, e non solo trattare, lo scompenso cardiaco post-infartuale. In pratica, trovare un farmaco che rigeneri e ripari completamente un cuore infartuato.
Cosa succede al cuore durante un infarto del miocardio e quale è la condizione dopo?
L’infarto del miocardio è causato dalla chiusura di una delle arterie coronarie, che portano sangue al muscolo cardiaco. Con la chiusura di una coronaria la parte di cuore da essa rifornita va in carenza di ossigeno e nutrimento così, se la coronaria non viene tempestivamente riaperta, le cellule di questa parte di cuore progressivamente muoiono. Le cellule muscolari cardiache, i cardiomiociti, non sono in grado di proliferare a una velocità sufficiente per formare nuovo muscolo funzionante e quindi la parte di muscolo persa viene sostituita da una cicatrice di tessuto fibroso, che non è capace di contrarsi. La presenza di una cicatrice non contrattile costringe le altre pareti cardiache a compensare contraendosi più vivacemente, ma nel tempo queste aree a cui è richiesto un surplus di lavoro possono progressivamente sfiancarsi. A questo punto il cuore non è più in grado di pompare sangue a sufficienza per soddisfare le necessità del nostro organismo e insorge la condizione nota come scompenso cardiaco.
Come si interviene oggi, dopo l’infarto?
Oggi la prima linea di intervento contro l’infarto è la riapertura del vaso coronarico. Di fatto, il riconoscimento tempestivo dei sintomi dell’infarto, l’arrivo altrettanto tempestivo in ospedale e la riapertura del vaso limitano significativamente il danno a carico del muscolo cardiaco. Tuttavia, non sono rari i casi in cui l’arrivo in ospedale è tardivo e in tal caso la perdita di muscolo cardiaco è ormai già avvenuta e la cicatrice formata. In questo caso si può impostare una terapia cronica farmacologica e utilizzare dei device, per ottimizzare al massimo la contrazione del muscolo cardiaco rimanente e proteggere i pazienti dal rischio aritmico connesso con la presenza di una cicatrice. Purtroppo la prognosi di questi pazienti, in particolare per infarti estesi, rimane infausta.
Cosa sono i micro-RNA che avete studiato nel vostro lavoro e come possono migliorare la funzione cardiaca dopo un infarto?
I microRNA sono delle piccole molecole di RNA, un acido nucleico simile al DNA, presenti all’interno del nostro corpo (ne abbiamo circa 2500 diversi), con un’importante funzione di regolazione in processi cellulari complessi come il metabolismo, il movimento cellulare, la morte e la proliferazione. Al Laboratorio di Medicina Molecolare dell’ICGEB, diretto da Mauro Giacca, abbiamo scoperto due microRNA in grado di stimolare la proliferazione dei cardiomiociti. Negli adulti queste cellule, come dicevo prima, non sono in grado di proliferare a una velocità sufficiente per rimpiazzare quelle perdute dopo un infarto. Somministrando i due microRNA tramite vettori virali abbiamo dimostrato che questi sono in grado di stimolare la formazione di nuovi cardiomiociti, riducendo l’area della cicatrice infartuale e migliorando la funzionalità cardiaca – di fatto rigenerando il cuore.
Nell’ultimo studio avete cercato delle alternative ai vettori virali. Come mai?
Nei primi esperimenti in cui abbiamo somministrato questi microRNA dopo un infarto del miocardio abbiamo sempre utilizzato i vettori virali, perché una volta iniettati cominciano a produrre una quantità altissima di microRNA, permettendoci di valutare con certezza la loro efficacia. Tuttavia alcuni tipi di vettori virali, in passato, hanno dato pesanti effetti avversi in alcune sperimentazioni cliniche; anche se attualmente ne sono stati sviluppati di più sicuri, il loro utilizzo nell’essere umano non è completamente privo di rischi. In più i vettori virali, una volta iniettati, comincerebbero a produrre microRNA e continuerebbero a farlo potenzialmente per sempre, caratteristica che mal si adatta ai nostri scopi.
L’alternativa che avete individuato e sperimentato sono i microRNA sintetici. Di che si tratta?
I microRNA sintetici sono molecole di microRNA quasi identiche a quelle che abbiamo nel nostro corpo, ma prodotte esternamente, pronte per essere somministrate nella loro forma attiva. Siamo riusciti a dimostrare che anche una singola iniezione dei due microRNA sintetici è in grado di promuovere la riparazione del cuore dopo un infarto. Questo risultato, per niente scontato, ci permetterà negli studi futuri di abbandonare l’uso dei vettori virali, avvicinando i nostri due microRNA a una sperimentazione clinica e rendendoli così utilizzabili negli ospedali come un qualsiasi altro farmaco.
Qual è il prossimo passo del progetto di ricerca?
I prossimi passi riguardano diversi aspetti. Stiamo cercando di ottimizzare il metodo di somministrazione di questi microRNA allo scopo di aumentarne l’efficacia e il profilo di sicurezza. Stiamo anche cercando di capire il preciso meccanismo d’azione dei microRNA, che per via della loro natura biologica è molto complesso. Infine, stiamo studiando se l’effetto che finora abbiamo dimostrato in animali di piccola taglia si confermerà anche in animali di grossa taglia e, in questo senso, i dati sono molto promettenti. Tutti questi passaggi sono indispensabili per poter pianificare in futuro una sperimentazione sull’uomo.
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