Il valore della ricompensa quando prendiamo una decisione
Le nostre scelte dipendono da diversi fattori che il nostro cervello rielabora per indurre un certo comportamento. Se i fattori cambiano, anche la nostra decisione può cambiare.
Ogni giorno ci troviamo a fare scelte, alcune più semplici altre più complesse, guidati da una serie di fattori. Più questi fattori cambiano, più le nostre scelte potranno essere diverse: si parla di malleabilità delle decisioni umane.
Immaginiamo di avere da parte un gruzzolo di denaro e di voler fare una vacanza. La scelta della vacanza è malleabile perché dipende dalle dimensioni del gruzzolo. Se abbiamo molti soldi, possiamo permetterci un giro intorno al mondo; se sono pochi, rimarremo nei dintorni. Questi meccanismi decisionali hanno delle basi neurali e dipendono da come il nostro cervello processa i fattori esterni (e interni) in gioco.
Manuela Sellitto è alla Heinrich Heine University di Düsseldorf per studiare come il fattore tempo e il fattore sociale influiscono sulle nostre scelte e quali aree del cervello sono coinvolte nel meccanismo.
Nome: Manuela Sellitto
Età: 37 anni
Nata a: Battipaglia (SA)
Vivo a: Düsseldorf (Germania)
Dottorato in: neuroscienze cognitive (Bologna)
Ricerca: Le basi neurali della malleabilità delle decisioni umane
Istituto: Comparative Psychology, Institute for Experimental Psychology, Heinrich Heine University Düsseldorf
Interessi: viaggiare, leggere, cucinare, fare enigmistica, guardare film, andare in bici
Di Düsseldorf mi piace: la cucina asiatica, l’arte e il moderno immersi nel verde
Di Düsseldorf non mi piace: fin troppo spesso c’è il sole durante la settimana e piove nel weekend
Pensiero: And although my eyes were open, they might have just as well’ve been closed. (Procol Harum)
Quali fattori entrano in gioco quando prendiamo delle decisioni?
Ce ne sono diversi, nella mia ricerca mi occupo principalmente di delay discounting e social discounting.
Riprendiamo l’esempio della vacanza. Con il gruzzolo di denaro che abbiamo da parte possiamo andare in vacanza e divertirci oppure possiamo fare un investimento in un fondo pensionistico. In questo caso, non otterremo alcun beneficio nell’immediato ma potremmo avere un ritorno a lungo termine se aspettiamo per esempio 15 anni. Anzi, se tutto va bene, i benefici potrebbero essere anche maggiori rispetto alla vacanza.
Chiaramente è una semplificazione, i fattori che ci portano a prendere l’una o l’altra via sono molti e sono diversi per ciascuno di noi. Ma in linea generale, lo scenario pone una scelta tra due tipi di ricompense: una più piccola che si può ottenere subito, cioè divertirsi con poco denaro, e una più grande per la quale bisogna aspettare molto tempo, cioè più soldi quando saremo in pensione. Delay discounting vuol dire che l’attesa potrebbe diminuire il valore della ricompensa: se per avere i soldi del fondo pensionistico bisogna aspettare 50 anni, per alcune persone una simile scelta potrebbe valere zero.
Cosa succede a livello cerebrale nel delay discounting?
Viene causalmente coinvolta una specifica area del cervello che è la corteccia prefrontale ventromediale (chiamata anche mediale orbitofrontale). Ovviamente non agisce da sola ma riceve e rielabora i segnali provenienti dalle regioni circostanti. In particolare, comunica con un’area più laterale chiamata prefrontale dorsolaterale: quanto più questa regione è attiva, tanto più le decisioni sono controllate, tanto più si è disposti a scegliere il fondo pensionistico.
In cosa consiste, invece, il social discouting?
È legato a quanto valutiamo o svalutiamo un’azione altruista in base alla persona che la riceverà.
Torniamo al gruzzolo di denaro: nelle scelte di prima, in entrambi i casi i beneficiari della ricompensa eravamo noi stessi. Immaginiamo una terza opzione, ossia donare quel gruzzolo a un istituto di beneficenza. Oppure donarlo alla migliore amica che ne ha bisogno. Nel primo caso non sappiamo esattamente chi godrà della nostra generosità; nel secondo caso è la nostra amica.
Si è visto che svalutiamo l’azione generosa quanto più la persona che ne potrebbe beneficiare viene percepita distante a livello sociale. La maggior parte delle persone, infatti, è più disposta a rinunciare al proprio denaro per darlo all’amica che all’istituto di beneficienza.
Anche in questo caso viene coinvolta la corteccia prefrontale ventromediale ma assieme a una regione chiamata giunzione temporoparietale. La scoperta nuova fatta con i nostri studi riguarda un’ulteriore area cerebrale, cioè l’insula, coinvolta nel senso di ingiustizia, nella trasgressione delle norme sociali, nel disgusto, nella tossicodipendenza.
Qual è la relazione tra insula e social discounting?
Per scoprirlo, abbiamo introdotto nello scenario gruzzolo di soldi per vacanza/pensione/beneficenza un effetto framing, cioè una manipolazione delle informazioni iniziali.
La manipolazione prevede che prima di dover fare la scelta veniamo a conoscenza che c’è una persona sconosciuta a cui è stato dato parte del nostro gruzzolo. Questa persona è ignara di aver ricevuto del denaro. Se scegliamo di tenerci tutto il gruzzolo per noi stessi (per la vacanza o la pensione), la persona sconosciuta perderà il soldi ricevuti. Ma non lo saprà mai, perché non sa nemmeno di averli ricevuti.
In questo scenario, abbiamo visto che molte persone sono riluttanti a comportarsi da egoiste, a tenersi i soldi per sé, perché non vogliono privare una persona, pur estranea, di qualcosa che già possiede. Di fronte a queste scelte si attiva l’insula. La nostra idea è che l’area si attivi maggiormente proprio perché sta segnalando una trasgressione a una norma sociale.
Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?
Mi piacerebbe mettere a punto ulteriori manipolazioni per poter ridurre il social discounting. Per il delay discounting ce ne sono già tantissime, funzionano bene e sono molto efficaci nell’insegnare alle persone a pensare al futuro, alle conseguenze delle proprie azioni. Fare lo stesso con il social discounting potrebbe rendere le persone più generose proprio perché capaci di ponderare meglio le conseguenze delle loro scelte altruistiche.
Se dimentichiamo l’idea romantica di generosità, ci rendiamo conto che in fondo siamo altruisti perché riceviamo sempre qualcosa in cambio. Forse non in modo diretto o immediato, ma nel futuro o verso qualcuno a noi caro un ritorno c’è sempre. Quindi con la manipolazione giusta si potrebbe davvero riuscire a ridurre anche il social discounting. Quella che faccio io è ricerca di base, ma i risultati emersi potrebbero essere utili a chi lavora a livello clinico o a coloro che creano policy di sensibilizzazione verso persone sconosciute (come i rifugiati o, in periodo di Covid-19, i più fragili).
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