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Trovate cellule staminali non ematopoietiche nel sangue

In futuro potrebbe essere sufficiente un semplice prelievo di sangue per ottenere cellule staminali utili per rigenerare diversi tessuti, per i quali fino a oggi sono necessaria fonti alternative.

“Sono due i punti di forza di questa ricerca: aver trovato cellule non ematopoietiche nel sangue grazie alla tecnica innovativa sviluppata a Belluno, ed essere riusciti a coltivarle in laboratorio per produrne grosse quantità.” Crediti immagine: Pixabay

RICERCA – È cosa ben nota da anni che all’interno del sangue, dopo stimolazione farmacologica del midollo, circolino anche cellule staminali ematopoietiche, quelle che danno origine a tutte le cellule del sangue. Per la prima volta invece è stato dimostrato che nel sangue dei donatori sani, oltre a globuli rossi, bianchi e piastrine ed ematopoietiche, circolano anche cellule staminali non ematopoietiche, che si possono isolare e replicarle.
Lo ha dimostrato uno studio condotto da un team di ricercatori dell’Università di Padova, in collaborazione con la Fondazione T.E.S Onlus e con il Centro trasfusionale di Belluno, pubblicato sul Journal of Cellular and Molecular Medicine.

L’ambito di ricerca è quello della medicina rigenerativa, la possibilità cioè di ricostruire dei tessuti danneggiati, rigenerandoli – appunto – a partire dalle cellule staminali, che sono quelle che poi differenziandosi possono dare origine alle diverse cellule del corpo umano. Insomma, rigenerare i tessuti stessi a partire dalle cellule, senza dover ricorrere a un trapianto. “Quello che si fa normalmente è prelevare il tessuto di un paziente, isolarne le cellule, trovare le staminali, ripopolarle e impiantarle – spiega a Oggi scienza Pier Paolo Parnigotto, già Direttore del Dipartimento di scienze del Farmaco dell’Università di Padova. Per fare questo però è necessaria una biopsia, che è un procedimento molto più invasivo e complesso rispetto a un semplice prelievo di sangue.

“Non eravamo certi finora che nel sangue di persone sane potessero circolare anche cellule staminali non ematopoietiche, cioè staminali che non si differenziano in cellule del sangue, ma la nostra scommessa era che ve ne fossero. Qui è entrato in gioco il Centro Trasfusionale di Belluno, che da qualche tempo ha messo a punto un metodo unico e innovativo nella preparazione del Gel leucopiastrinico (L-PRF), che ha lo scopo di isolare come una rete da pesca le cellule staminali presenti nel sangue”.
Le cellule staminali così catturate da un campione di sangue di 10 pazienti, sono state poi coltivate per 20 giorni e poi fatte moltiplicare sempre in vitro, fino a ottenerne una grande quantità. Successivamente le cellule non ematopoietiche sono state “caratterizzate” cioè è stata definita la carta di identità. Queste cellule hanno una attività staminale e si differenziano per rigenerare tessuti non ematici: muscolari, nervosi, endoteliali.

“Sono due i punti di forza di questa ricerca – continua Parnigotto: aver trovato cellule non ematopoietiche nel sangue grazie alla tecnica innovativa sviluppata a Belluno, ed essere riusciti a coltivarle in laboratorio per produrne grosse quantità.” Questi due elementi permetteranno – se tutto va bene – di ricorrere a un semplice prelievo di sangue per ottenere cellule staminali utili per rigenerare diversi tessuti, per i quali fino a oggi sono necessaria fonti alternative.

“Per il prossimo futuro questo risultato ha aperto la strada a due nuovi studi a cui stiamo già lavorando. Anzitutto dobbiamo studiare meglio le caratteristiche di queste cellule in coltura e poi dobbiamo stabilire se esse sono in grado di oltrepassare le barriere dei vasi sanguigni per arrivare ai tessuti. Una volta chiariti questi due punti ci potremmo focalizzare su come indirizzare queste staminali su organi e tessuti precisi a seconda delle esigenze del paziente”.

@CristinaDaRold

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.