TRIESTE CITTÀ DELLA CONOSCENZA

Solida, liquida o superionica? La strana forma dell’acqua prevista nel 1999

Osservato per la prima volta un nuovo stato dell'acqua, né liquido né solido. La scoperta conferma una previsione fatta 19 anni fa da un team di ricerca italiano, guidato da Erio Tosatti

Nella fase superionica dell’acqua gli atomi di ossigeno (in blu) sono congelati a formare un reticolo cristallino cubico mentre gli ioni di idrogeno si muovono liberamente attraverso il reticolo (nei colori da verde a rosso le varie posizioni occupate da uno ione di idrogeno nel suo cammino attraverso il reticolo). Crediti immagine: C. Cavazzoni, G. L. Chiarotti, S. Scandolo, E. Tosatti, M. Bernasconi, M. Parrinello

TRIESTE CITTÀ DELLA CONOSCENZA – Solida e liquida allo stesso tempo: è uno stato inedito dell’acqua scoperto di recente da un team di scienziati statunitense. L’acqua superionica si presenta come un reticolo cristallino di atomi di ossigeno in cui gli atomi di idrogeno sono liberi di muoversi come un fluido. Questo stato si manifesta a temperature di migliaia di gradi e a pressioni di milioni di atmosfere, condizioni estreme che non sono presenti sulla Terra. Queste sono invece il tipo di condizioni riscontrabili all’interno di pianeti come Urano e Nettuno dove quindi l’acqua potrebbe presentarsi sotto forma superionica.

La scoperta pubblicata di recente su Nature conferma una predizione fatta a Trieste nel 1999 da un gruppo di ricerca dell’ICTP (International Centre for Theoretical Physics) e della SISSA (International School for Advanced Studies) e in collaborazione col Max Planck Institute di Stoccarda. Il risultato, pubblicato su Science, fu un grande successo per i mezzi di calcolo limitati dell’epoca e trova oggi il suo definitivo coronamento a 19 anni di distanza. Abbiamo intervistato Erio Tosatti, fisico teorico a capo del team che previde l’esistenza dell’acqua superionica nel 1999.

Nome: Erio Tosatti
Nato a: Campazzo di Nonantola (Modena)
Formazione: Fisica con perfezionamento in Fisica Teorica della Materia
Gruppo di ricerca: Fondatore di due gruppi di ricerca in teoria degli stati condensati: uno all’ICTP, dove sono stato Direttore (2002-2003) e uno in SISSA, dove ora sono Professore Emerito.
Cosa amo di più del mio lavoro: Esplorare e godere, modellando teoricamente la fisica della materia assieme ai miei collaboratori e studenti, le sorprese che la natura offre, assieme a quelle, assolutamente non da meno, che la fantasia propone.
La sfida principale del mio ambito di ricerca: Tenere il passo, cogliendone anzi la grande unità, con l’enorme massa, complessa e traboccante, di fisica della materia, nelle sue ormai quattro linee distinte, e cioè: teoria, esperimento, simulazione, ed emulazione.

“Sono un professore in pensione della SISSA in procinto di diventare emerito. Al momento ho un grant europeo per occuparmi di teoria dell’attrito e per questo motivo continuo a lavorare alla SISSA e all’ICTP. All’ICTP sono stato direttore tra il 2002 e il 2003 e in entrambi gli  istituti ho messo in piedi molto tempo fa dei team di ricerca con cui continuo a collaborare, quindi resto molto legato a queste istituzioni. Lavoro in diversi campi di ricerca, al momento principalmente sul nano attrito, ma anche su altri argomenti come la fisica delle alte pressioni. In ambito scientifico mi occupo della teoria e collaboro con chi fa simulazioni, quindi con chi fa enormi calcoli al computer per prevedere, calcolare e simulare il comportamento della materia.”

Ci spieghi meglio.

Per capire il comportamento della materia bisogna elaborare modelli che la rappresentino scartando molti elementi di secondaria importanza per il problema. Questo si fa partendo dall’equazione che dovrebbe descrivere il sistema, basata sulla cosiddetta Hamiltoniana. Inizialmente questa equazione è complicata ma viene semplificata fino a raggiungere una Hamiltoniana modello che può essere risolta, simulata al computer o, assai più raramente, risolta analiticamente. I calcoli o le simulazioni possono essere di vario tipo – ad esempio simulazioni classiche di dinamica molecolare, calcoli di struttura elettronica, simulazioni Monte Carlo classiche o quantistiche – e, di volta in volta, questi calcoli vengono portati avanti con studenti e collaboratori specializzati in uno o l’altro metodo.

Su Nature è uscito di recente un articolo sulla prima osservazione dell’acqua superionica la cui esistenza era stata prevista da un gruppo di ricerca da lei guidato nel 1999. Ci può spiegare che cos’è?

Un materiale superionico in generale è un materiale nel quale ci sono più specie di atomi o molecole diversi tra loro. Alcuni di questi stanno fermi in una struttura cristallina come congelati, mentre gli altri si muovono sgusciando come se fossero in un liquido in mezzo a questi atomi fermi. Senza andare a pressioni altissime c’è un materiale, lo ioduro d’argento, il quale a una certa temperatura diventa superionico: lo iodio sta fermo e gli atomi di argento sgusciano via in mezzo ad essi. Quando si va a studiare cosa fanno certi materiali a pressioni elevatissime si scoprono sempre cose sorprendenti. Nel nostro caso la sorpresa era che tra le molte fasi che l’acqua può avere quando diventa un ghiaccio sotto pressione elevata (se ne conoscono oltre 15 tipi diversi, N.d.A.) ce n’è una che non è un ghiaccio ma è superionica: gli ossigeni stanno fermi in un una struttura cristallina cubica a corpo centrato e invece i protoni sgusciano via in mezzo agli ossigeni comportandosi come un liquido. Dai nostri calcoli questa fase era prevista solamente a pressioni maggiori di un milione di atmosfere – condizioni che non esistono sulla Terra, ma solo nel suo centro – e a temperature da 2000 gradi in su. Sono condizioni che potrebbero essere presenti all’interno di alcuni pianeti. Qui sulla Terra però si possono fare degli esperimenti che portano l’acqua o altri materiali in condizioni simili ed è stato grazie a uno di questi esperimenti che è stata dimostrata l’esistenza dell’acqua superionica.

Come eravate riusciti a prevedere la sua esistenza?

Effettivamente la previsione dell’acqua superionica è stata fatta per prima da un gruppo americano che molto prima di noi, nel 1988 aveva ottenuto qualche cosa del genere con certi potenziali classici. Era un’idea interessante, ma non particolarmente credibile visti i metodi che erano stati usati. Nel corso della decade successiva qui a Trieste, in collaborazione con Michele Parrinello che allora stava a Stoccarda, sono stati sviluppati metodi per fare la simulazione cosiddetta da principi primi. Queste sono simulazioni nelle quale il moto degli atomi viene ricavato da forze calcolate accuratamente a partire dalla struttura elettronica. Queste cose, infatti, raramente si scoprono senza fare o un esperimento o una simulazione: dal punto di vista puramente teorico è molto difficile prevedere i comportamenti piuttosto stravaganti che la materia presenta in condizioni estreme.

I chimici hanno idea di cosa succede nelle condizioni dell’ambiente familiari, ma a milioni di atmosfere non si prevede quasi niente: devi fare un esperimento o una simulazione credibile. In particolare ne abbiamo fatta una di dinamica molecolare in cui si prendono un certo numero di componenti di idrogeno e ossigeno e si fanno evolvere seguendo le equazioni del moto di Newton. Le forze che agiscono sugli atomi e gli ioni vengo calcolate a ogni passo facendo il calcolo della struttura elettronica del materiale. Sono quindi sono forze vere, credibile e di cui la sappiamo controllare molto bene l’accuratezza. Con queste forze credibili uno segue la dinamica del sistema e può verificare che tipo di fase viene realizzata a seconda della temperatura, della pressione e delle variabili da valutare nel calcolo. Nelle corso di queste simulazioni – avevamo simulato varie sostanze come acqua, ammoniaca, metano, ecc – sia l’acqua che l’ammoniaca avevano sviluppato questa fase superionica che noi avevamo giustamente messo nel titolo del lavoro perché erano piuttosto sorprendenti. È vero che c’era stato un preannuncio di questa possibilità, ma era piuttosto inaffidabile dato che il modello con cui erano state previste le forze non era particolarmente credibile. È da sottolineare che in questo campo i calcoli sono molto più facili degli esperimenti: le pressioni molto elevate sono difficilissime da produrre, mentre sono più facili da calcolare visto che i metodi di approssimazione che adoperiamo diventano più affidabili al crescere della pressione.

Voglio ricordare chi ha partecipato in questo lavoro del ’99. Io ero coinvolto in quanto capo del gruppo di ricerca coordinando la scelta dei materiali, ma i calcoli non li fatti io, li abbiamo fatti tutti assieme. Poi naturalmente bisognava capire cosa significassero e scrivere il lavoro ecc. La persona che ha fatto il lavoro più pesante è stato Carlo Cavazzoni che era uno studente modenese e che ora lavora al CINECA. Poi erano coinvolti Guido Chiarotti, Sandro Scandolo che ora è principal scientist all’ICTP, Marco Bernasconi ora professore a Milano Bicocca e Michele Parrinello che è la grande mente dietro tutti questi metodi inventati per fare la dinamica molecolare. Ora è professore all’Università della Svizzera italiana ma all’epoca era al Max Planck e con lui abbiamo collaborato e collaboriamo ancora in molti  progetti.

Il 1999 sembra preistoria per quanto riguarda l’uso dei calcolatori e lo sviluppo delle simulazioni. Quanta potenza di calcolo avevate? Come era lavorare all’epoca e come è cambiato adesso?

Nel campo delle simulazioni sono cambiate molte cose perché le risorse sono cresciute e almeno finora continuano a crescere secondo la legge di Moore. Per l’epoca noi non eravamo male equipaggiati perché alla SISSA avevamo ottenuto delle risorse grazie alla collaborazione con CINECA, un centro di calcolo nazionale  che si trova a Casalecchio di Reno e con cui avevamo stabilito dei fortissimi contatti già a partire dagli anni ‘80. Naturalmente oggi quelle risorse farebbero un po’ sorridere, i calcoli che si fanno ora in questo campo sono molto più veloci e molto più facili da fare oppure sono ugualmente difficili ma più impegnativi e più predittivi.

Tuttavia anche con le risorse relativamente scarse dell’epoca, alcune cose di tipo fondamentale non erano impossibili da scoprire se ci si poneva le domande giuste. Noi a quell’epoca avevamo un gruppo molto valido. Studiammo in infilata tutta una serie di materiali: ossigeno, idrogeno, CO2… Oggigiorno questi materiali sono stati studiati in varie maniere, anche sperimentalmente, e alcune di questi hanno rivelato delle fasi ugualmente sorprendenti. Per esempio il CO2 se viene schiacciato a mezzo milione di atmosfere fa una specie di superquarzo molto duro e molto piezoelettrico, decisamente interessante da molti punti di vista. Naturalmente la delusione è che quando si toglie la pressione si ritrasforma in gas. Tra l’altro questo suggerisce una delle frontiere in cui lavorare, cioè creare nuovi materiali a pressione elevatissima, una frontiera sulla quale un sacco di gente sta lavorando. La sfida è costruire cose che poi si possano riportare a pressione e temperatura normali senza pericolo che ti esplodano in faccia. Anche se il superquarzo non siamo riusciti a stabilizzarlo non è impossibile che esistano strutture metastabili che possano sopravvivere. Il professore Scandolo all’ICTP ha molto da lavorare sulla stabilizzazioni di fasi simili e non è escluso che si riescano a capire delle strategie per farlo.

Come è riuscito il team americano a dimostrare le vostre previsioni? Eravate a conoscenza del loro esperimento?

Ci sono stati vari tentativi negli ultimi anni. Noi adesso non stiamo più lavorando sull’acqua quindi non eravamo in contatto diretto con questo gruppo di Livermore. Lì in California hanno dei laser micidiali, da Guerre Stellari. Questi laser danno una botta tremenda all’oggetto cui vengono applicati: l’energia è così tanta che il materiale in parte si vaporizza sfuggendo nell’unica direzione possibile, quella da cui è venuta la cannonata. Per la terza legge della meccanica di Newton siccome questo materiale vaporizza in una direzione il materiale rimanente prende un botta tremenda in direzione opposta e quindi parte un’onda di shock che attraversa il materiale e lo porta in condizioni totalmente fuori equilibrio, con gradienti di pressione e di temperatura pazzeschi. In questa condizione di materiale scioccato vengono fatte delle misure rapidissime di varie proprietà come la conducibilità, di riflettività ottica ecc. Guardando queste risposte si può arguire indirettamente che natura aveva il materiale che è stato scioccato.

In particolare nel caso specifico era stato preparato un ghiaccio a pressione già elevata, un ghiaccio VIII, che è stato colpito col laser misurando la sua conduttività e riflettività ottica. Si è visto che la conduttività elettrica, che prima era piccola, a un certo punto diventava grande, mentre allo stesso tempo l’analisi ottica mostrava che il materiale non era un conduttore elettronico. Infatti se un sistema conduce molto, ma è trasparente alla luce, vuol dire che la conduzione non può venire dagli elettroni – se fossero questi a condurre allora avremmo a che fare con un metallo che non lascia passare la luce ed è opaco. Quindi se abbiamo un materiale trasparente e conduttore allora a condurre la corrente deve esserci qualcosa che in questo caso non può essere altro che i protoni, cioè gli ioni di idrogeno. È come nella conduzione che avviene nell’acqua normale che pure è trasparente e in cui avviene solo grazie agli ioni dei sali disciolti. Ecco, un superionico continua a condurre un po’ come se fosse acqua liquida perché a muoversi sono i protoni che, avendo donato una grossa frazione del loro elettrone agli atomi di ossigeno, hanno una carica e conducono. Questo è il tipo di conduzione che gli sperimentali suppongono di aver osservato nei loro esperimenti.

Quindi l’espediente di creare un shock nel ghiaccio VIII ha fatto sì che non fosse necessario raggiungere stabilmente pressioni altissime?

Esatto. Infatti le condizioni statiche che si possono raggiungere con le celle a incudini di diamante si possono portare solo fino a un certo valore di pressione e di temperatura. Certamente non si può arrivare a milioni di atmosfere e migliaia di gradi perché il diamante si distrugge e non c’è nulla che regga a quelle condizioni. Quindi è solo attraverso esperimenti con onde di shock che gli scienziati hanno imparato a raggiungere questi regimi pazzeschi, con un certo successo – devo dire – e anche con una certa sagacia da Sherlock Holmes. Perché poi si ha a che fare con uno stato molto fuori equilibrio e si devono arguire indirettamente da un sacco di indizi, ma questo è proprio il mestiere dei grandi sperimentali.

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Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale