Émilie marchesa du Châtelet. Una fisica illuminista
Tra salotti, balli e passioni travolgenti, la marchesa du Châtelet è stata una delle più brillanti menti dell'Illuminismo francese
La marchesa du Châtelet è da considerarsi tra le massime esponenti dell’Illuminismo. I suoi lavori hanno contribuito alla divulgazione della fisica newtoniana così come della matematica e della filosofia in generale. A lei, poi, si devono le prime teorizzazioni di due importanti principi studiati nei secoli successivi, cioè la radiazione infrarossa e la conservazione dell’energia. Al contrario del grande riconoscimento che ebbe dai suoi contemporanei, con il tempo la sua figura è stata eclissata da altri intellettuali e scienziati del suo tempo. Da parte sua, più volte rimarcò la volontà di «essere giudicata per i miei meriti».
Nobile fanciulla dall’educazione non convenzionale
Gabrielle Émilie le Tonnelier de Breteuil nasce a Parigi nel 1706. Era la figlia di Loius Nicolas le Tonnelier de Breteuil, Primo segretario di Luigi XIV, e di Anne de Froulay, aristocratica francese moto ben introdotta alla corte di Francia. Per al sua altissima estrazione sociale, la giovane ragazza visse nel lusso sfrenato e negli agi che il suo rango le consentivano, accentuandole non pochi vizi e una passione per la vita mondana. Contrariamente all’educazione delle fanciulle dell’epoca, Émilie non venne mandata in convento in attesa di un buon matrimonio e il padre le preparò un inusuale programma educativo letterario e musicale, senza tralasciare attività fisiche come l’equitazione e la scherma. Ma cosa ancora giù inusuale di tutte, fu avviata fin da giovanissima allo studio di materie scientifiche. Merito anche l’abitudine della famiglia di ospitare nel bellissimo castello di Breteuil molti letterati e scienziati, organizzando uno dei tanti salotti intellettuali di Parigi, al quale la piccola poteva partecipare.
Crescendo, Émilie prese a studiare sempre più appassionatamente matematica e astronomia: tra i suoi tutori ci fu Bernard le Bovier de Fontenelle, l’autore delle Conversazioni sulla pluralità dei mondi (1686, considerato il primo romanzo di fantascienza) che poi scrisse un popolare testo di astronomia che raccontava delle conversazioni sulla materia tra un precettore e una scolara. Non era nemmeno adolescente che parlava fluentemente greco, latino, italiano, tedesco, inglese e spagnolo ed era già ben avviata allo studio di Locke e delle speculazioni matematiche.
La vita mondana a Versailles
Introdotta a corte nel 1722, Émilie si lanciò nel turbinio della socialità di Versailles. Amava ballare e partecipare alle feste, andare a teatro, recitare ed esibirsi al clavicembalo. Nonostante la sua educazione non convenzionale e un’intelligenza acuta, a 19 anni sposò per interessi sociali ed economici il trentenne Florent-Claude, marchese du Châtelet. Dopo la nascita di due figli e una figlia, i doveri coniugali poterono considerarsi conclusi e i due decisero di vivere vite separate. A 25 anni ebbe un’appassionata relazione con il marchese di Guébriant, che la portò a tentare il suicidio quando lui la lasciò. Poi frequentò il duca di Richelieu, pronipote del Cardinale primo ministro dal re Luigi XIII.
Del tutto disinteressata al dover essere una madre e una moglie, la marchesa si gettò nello studio della matematica e della fisica.
L’unione di due menti
La sua storia più importante, scientificamente e sentimentalmente, fu con François-Marie Arouet, noto come Voltaire. L’incontro con il più importante rappresentate dell’Illuminismo avvenne nel 1733, nel castello di Breteuil. Lui fu colpito dalle doti matematiche di lei tanto da raccomandarla a Pierre-Louis Moreau de Maupertuis, il matematico che aveva introdotto in Francia le idee di Newton, attaccate duramente dai cartesiani francesi. Voltarie si trovava nel castello per sfuggire alla cattura delle autorità francesi; di ritorno dal suo esilio di tre anni in Inghilterra dove aveva studiato a fondo Newton – assistendo anche ai suoi funerali, evento che lo colpì profondamente – aveva dato alle stampe le Lettres anglaises (Lettere inglesi, note anche come Lettere filosofiche) in cui elogiando l’arte, la scienza e la politica inglesi, smantella il sistema dell’ancien régime francese. Tra la marchesa du Châtelet e Voltaire nacque una relazione che durò sedici anni, fatta di complicità scientifica e passione per l’arte e i pettegolezzi. Insieme alle pubblicazioni su fisica e matematica, i due collezionarono una raccolta di oltre 21.000 libri, una biblioteca che superava per numero e ricchezza di titoli quella di molte università europee. Il castello di Cirey, nel quale la coppia viveva stabilmente, divenne uno dei più brillanti centri della vita filosofica e letteraria di Francia.
Le pubblicazioni sulla fisica
La marchesa fu la coautrice di Éléments de la philosophie de Newton (Elementi della filosofia di Newton) pubblicato da Voltaire nel 1738, dando prova della sua vasta conoscenza della fisica di Newton. Il filosofo, in una lettera a un amico, riconobbe la superiorità di Madame du Châtelet quando si trattava di matematica e fisica. Solo un anno prima, la marchesa scrisse e pubblicò a suo nome uno studio sulla natura del fuoco, descrivendo quella che oggi chiamiamo radiazione infrarossa, merito anche del laboratorio che Madame e Voltaire costruirono nel castello di Cirey.
La scienza, e lo studio in generale, erano intese dalla marchesa come il primo aiuto per superare le difficoltà della vita e forte di questo pensiero volle cimentarsi nella scrittura di un volume divulgativo sulla fisica, specie sulla fisica newtoniana. Il suo Institutions de Physique (Istituzioni di fisica), pubblicato nel 1740, è il tentativo di conciliare il pensiero di Newton con quello di Leibniz: ha voluto dimostrare come l’energia di un oggetto in movimento è proporzionale non alla sua velocità ma al quadrato della sua velocità. Questo lavoro le valse la nomina quale membro dell’Accademia delle scienze di Bologna, che già annoverava Laura Bassi e poco più tardi Maria Gaetana Agnesi.
E a proposito di accademie, quando nel 1735 tradusse in francese Fable of the Bees: or, Private Vices, Publick Benefits (La favola delle api: ovvero vizi privati, pubbliche virtù) di Bernard de Mandeville, nella prefazione denunciò l’irragionevole legge che non permetteva alle donne accedere alle università, quando invece potevano regnare e governare – il pensiero è a Elisabetta I d’Inghilterra o Maria Teresa d’Austria, o ancora Caterina II di Russia.
Travolgente passione
La sua ultima impresa scientifica fu la traduzione completa dei Principia matematica di Newton, unica traduzione integrale del testo in francese. Ma nella sua vita privata, i fatti stavano precipitando. A partire dal 1740 il rapporto con Voltarie entra in crisi e Madame du Châtelet cominciò una relazione con il marchese Jean François de Saint-Lambert. Rimasta incinta, per tenere legato a se l’amante, affrontò la gravidanza senza abbandonare il lavoro sui Principia, a cui volle aggiungere alcune appendici scritte di suo pugno.
Nel 1749, pochi giorni dopo aver partorito una bambina – che morì subito dopo la nascita – Madame du Châtelet fu colpita da una forte febbre che la condurrà alla morte.
Il suo lavoro incompiuto sui Principia venne terminato dal matematico Alexis-Claude Clairaut, cui aveva affidato l’ultimo manoscritto, con la collaborazione da Voltaire, che ricordò Madame come «la metà di me stesso, un’anima per la quale sembrava fatta la mia».
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