STRANIMONDI

Il viaggio di Senua nei meandri della psicosi

Hellblade è un videogioco intenso, drammatico, coinvolgente, angosciante che ci immerge nelle problematiche di chi soffre di disturbi psicotici.

Melina Juergens inizialmente doveva solo fare da stand-in per le prove di trucco e per alcuni test con la tecnica della motion capture ma alla fine è risultata talmente credibile da dare volto e anima a Senua. Crediti immagine: Ninja Theory Ltd

STRANIMONDI – Senua è una guerriera appartenente all’antico popolo dei Pitti ed è la protagonista di Hellblade: Senua’s Sacrifice, un videogioco pubblicato nel 2017 da Ninja Theory. Quando facciamo la sua conoscenza, la giovane sta guidando una piccola canoa lungo un fiume immerso nella foschia, dalla quale emergono relitti di navi vichinghe, pareti di roccia e cadaveri. La sua destinazione è Helheim, l’ultimo dei Nove Mondi della mitologia norrena, dove finiscono coloro che non sono morti in battaglia. Il suo scopo è ritrovare l’anima dell’amato Dillion per riportarlo in vita.

Ma c’è dell’altro. Perché Senua soffre di grave disturbi psicotici.

Il primo segno della sua condizione sono le diverse voci che bisbigliano, sghignazzano e dispensano consigli spesso contradditori, a volte avvertendo Senua di un pericolo imminente, a volte traendola in inganno, a volte semplicemente commentando ciò che lei fa o vede. Alcune di esse esistevano da tempo, altre sono più recenti ma sono state cambiate da una recente tragedia, i cui contorni si andranno delineando nel corso del gioco.

Mentre un’altra voce, quella della narratrice, ci spiega queste cose, sui lati del fiume appaiono i titoli di testa del gioco. Ed è significativo il fatto che il primo nome a venir mostrato sia quello di Paul Fletcher, accreditato come “mental health advisor”.

Fletcher è professore di neuroscienze all’Università di Cambridge ed è stato contattato dagli autori di Ninja Theory, guidati da Tameem Antoniades, per una consulenza sulle caratteristiche neurobiologiche e psichiatriche delle psicosi. Come spiega lo stesso Antoniades nel documentario che accompagna il gioco (e che si trova anche su YouTube ma attenzione, contiene molti spoiler), l’intenzione iniziale era di creare un classico viaggio dell’eroe. “Un viaggio sofferto, in cui però il mondo immaginario non è un altro pianeta o un universo parallelo, bensì un mondo creato nella mente di Senua”, spiega nel video il direttore creativo di Ninja Theory. “Ma per fare ciò era necessario mettere la sua psicosi al centro del gioco”.

Da qui la necessità di comprendere meglio questa condizione, senza fermarsi ai tanti stereotipi e alle rappresentazioni approssimative che di essa sono state fatte. Antoniades e i suoi colleghi si sono rivolti anche al Wellcome Trust, un’organizzazione di beneficienza britannica dedicata alla ricerca biomedica, dalla quale hanno ottenuto un finanziamento di 395000 dollari e la possibilità di entrare in contatto con altre persone che si occupano dello studio e del trattamento delle psicosi, le cui consulenze si sono aggiunte a quelle di Fletcher, diventato parte integrante del progetto.

Uno degli esperti coinvolti è stato Charles Fernyhough, professore di psicologia dell’Università Durham e direttore di Hearing the Voice, un progetto che studia il fenomeno delle allucinazioni uditive con un approccio multidisciplinare, anch’esso finanziato dal Wellcome Trust. La sua consulenza ha consentito ai Ninja Theory di approfondire ulteriormente questo aspetto delle psicosi e di trovare il modo per rappresentarlo efficacemente nel gioco. Per fare ciò è stato usato un microfono binaurale, che consente di registrare il suono in tre dimensioni, replicando quindi il modo in cui viene percepito dall’orecchio umano. Importante è stata anche la collaborazione di Rachel Waddingham – consulente ed educatrice nel campo della salute mentale, che ha imparato a convivere con la schizofrenia – e del Voice Collective, un progetto di supporto per persone che hanno allucinazioni sensoriali. A essi si sono aggiunti anche alcuni volontari del Recovery College East, coinvolti da Fletcher, contenti di poter condividere le loro esperienze, non di rado disturbanti, incanalandole in un processo creativo. Non solo voci, ma anche allucinazioni visive, che sono state riprodotte nel gioco con la massima fedeltà possibile: oggetti estremamente luminosi, visioni caleidoscopiche, contorni sfocati quando Senua corre, pareti che ondeggiano provocando nausea.

Ma le allucinazioni non sono l’unica componente caratteristica delle psicosi che è stata inclusa nel gioco. L’altra è il delirio, cioè la formazione di un sistema di convinzioni errate, dall’attribuire un significato speciale a oggetti, eventi o persone al credersi controllati da forze esterne, dal sentirsi seguiti o perseguitati al credere di essere un’altra persona. Senua si considera responsabile di molti eventi – piaghe, razzie e la morte dell’amato Dilion – dovuti alla sua maledizione. La giovane è quella che i Pitti chiamavano geilt, cioè una persona resa pazza dal terrore, maledetta dall’oscurità. Anche sua madre soffriva di allucinazioni mentre suo padre, un druido rispettato, ha giocato un ruolo centrale nell’isolamento di Senua da parte dei membri del clan. Le voci hanno sempre accompagnato Senua, ma il trauma, lo stigma e l’incomprensione le hanno trasformate, innescando la psicosi e l’oscurità che attanaglia la giovane. Nel corso del suo viaggio in Helheim, Senua imparerà a interiorizzare gli elementi della sua psicosi e ad accettarli, in un percorso di morte e rinascita.

Hellblade è un videogioco intenso, drammatico, coinvolgente, angosciante. Le visioni di Senua sono state tradotte con grande efficacia grazie alla grafica di alto livello, paragonabile a quella dei giochi delle grandi case di produzione (Ninja Theory è una piccola etichetta indipendente), mentre l’audio binaurale – che rende al massimo se ascoltato in cuffia – immerge il giocatore nel costante brusio delle voci udite dalla protagonista.

Questi elementi non sono puramente descrittivi ma svolgono un ruolo dinamico nel gioco. Quello percepito da Senua non è un mondo immaginario. È la sua realtà. Tant’è vero che la sua condizione le consente di vedere cose che altri non avrebbero notato, di scorgere pattern altrimenti invisibili. Nel gioco, questa caratteristica si traduce nella risoluzione di alcuni puzzle, che richiedono di ritrovare determinate rune nelle forme dell’ambiente circostante oppure di notare distorsioni grazie alle quali riparare scale o ponti crollati. L’altra importante componente ludica è rappresentata dai combattimenti, violenti e impegnativi, e anche qui le voci entrano in gioco avvertendo Senua quando sta per essere attaccata alle spalle. Alcune recensioni hanno criticato la ripetitività di puzzle e scontri, che in effetti tendono a seguire gli stessi schemi. Ciò potrebbe essere un problema in un gioco più lungo e basato principalmente sulla sfida, ma il cuore di Hellblade è l’esperienza narrativa ed emotiva. In quest’ottica, tenendo anche conto che il gioco richiede solo 8-10 ore per essere completato, le sfide mentali e fisiche proposte si rivelano efficaci, poiché coinvolgono il giocatore costringendolo a impegnarsi e allo stesso tempo a interfacciarsi di continuo con la condizione mentale di Senua.

Da lodare è anche la bravura di Melina Juergens, la video editor di Ninja Theory che inizialmente doveva solo fare da stand-in per le prove di trucco e per alcuni test con la tecnica della motion capture, e alla fine è risultata talmente credibile da dare volto e anima a Senua, al punto da ottenere il premio Best Performance dei The Game Awards 2017, dove Hellblade ha anche vinto il Best Audio Design e il Games for Impact award. E questi sono solo alcuni dei premi che il gioco ha vinto, e che si sommano alle tante recensioni entusiaste che ne hanno lodato la qualità artistica e la rappresentazione della psicosi, lontana da molti stereotipi, basata sull’empatia e capace di sottolineare il ruolo negativo giocato da stigma e abusi nello sviluppo di questa condizione. A questo proposito ci sono state anche alcune critiche, oltre a quelle già citate su certi aspetti del gameplay, ma nel complesso Hellblade ha suscitato grande interesse e ammirazione, dimostrando che un videogioco può essere un ottimo strumento per raccontare una condizione complessa come la psicosi, mantenendo la componente ludica e senza diventare didascalico. Anzi, le diverse consulenze scientifiche hanno estremamente arricchito la componente narrativa ed emotiva del gioco, rendendola più profonda e coinvolgente.

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Michele Bellone
Sono un giornalista e mi occupo di comunicazione della scienza in diversi ambiti. I principali sono la dissemination di progetti europei, in collaborazione con Zadig, e il rapporto fra scienza e narrativa, argomento su cui tengo anche un corso al Master di comunicazione della scienza Franco Prattico della SISSA di Trieste. Ho scritto e scrivo per Focus, Micron, OggiScienza, Oxygen, Pagina 99, Pikaia, Le Scienze, Scienzainrete, La Stampa, Il Tascabile, Wired.it.