TRIESTE CITTÀ DELLA CONOSCENZA

Né buco nero, né stella di neutroni: nuovo tipo di stella ultracompatta

Secondo uno studio della SISSA di Trieste potrebbero esistere nuovi stadi stellari di equilibrio più massivi e densi di una stella di neutroni

A differenza delle stelle normali che possono avere raggi differenti a parità di massa e non hanno una correlazione tra queste due quantità, per i buchi neri a una data massa corrisponde un raggio ben preciso. Crediti immagine: NASA

TRIESTE CITTÀ DELLA CONOSCENZA – La forza di gravità, quando non c’è nulla che possa contrastarla, è destinata a portare gli oggetti al collasso totale formando un buco nero. Per oggetti dalle piccole dimensioni fino a quelli di massa planetaria, la forza di gravità è piuttosto debole e quindi vi sono molti tipi di fenomeni capaci di contrastarla. Per gli oggetti di massa stellare, però, la gravità è molto più intensa e la possibilità di evitare il collasso presenta dei limiti ben precisi. Fino ad oggi l’ultimo stadio stabile conosciuto prima del collasso finale è quello della stella di neutroni. Anche queste stelle hanno però un limite di resistenza: non possono avere una massa superiore a tre volte quella del sole. Oltre questo limite il collasso è inarrestabile, o almeno così si credeva. Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Physical Review Letters sembra infatti cambiare le carte in tavola. Riuscendo a calcolare gli effetti di un fenomeno conosciuto come polarizzazione del vuoto quantistico Raúl Carballo Rubio, ricercatore della SISSA di Trieste (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati), ha infatti dimostrato che sono possibili ulteriori stadi ultracompatti per oggetti più massivi delle stelle di neutroni.

Ma come si formano stelle di questo tipo e in cosa differiscono da quelle normali? Lo abbiamo chiesto a Raúl Carballo Rubio facendoci condurre attraverso quella che è a tutti gli effetti una titanica battaglia contro la gravità.

Nome: Raúl Carballo Rubio
Nato a: Sevilla (Siviglia), Spain
Formazione: Laurea in Fisica presso la Complutense University of Madrid e PhD in Fisica Teorica e Matematica presso l’Università di Granada e lo Spanish National Research Council
Lavoro a: SISSA
Gruppo di ricerca: Teoria della gravità
Cosa amo di più del mio lavoro: ciò che, in ultima analisi, riguarda una migliore comprensione delle cose.
La sfida principale del mio ambito di ricerca: Trovare argomenti di ricerca che abbiano un impatto a livello sia teorico che sperimentale.

Lo studio che ha pubblicato riguarda l’esistenza di un nuovo possibile stato ultracompatto per le stelle. Ma cosa sono le stelle compatte o ultracompatte, quanti tipi ce ne sono e in cosa differiscono dalle stelle normali?

La compattezza ha che fare con la taglia dell’oggetto. A parità di massa se un oggetto è più piccolo deve diventare più compatto. Ad esempio il sole che ha un certo raggio. Se viene compresso il suo raggio diminuisce, la densità diventerà più alta e diventerà più compatto. In astrofisica la compattezza di un oggetto è rapportata a quella di un buco nero di massa identica. A differenza delle stelle normali che possono avere raggi differenti a parità di massa e non hanno una correlazione tra queste due quantità, per i buchi neri a una data massa corrisponde un raggio ben preciso. La compattezza è misurata proprio rispetto a questo raggio e si ottiene facendo il rapporto tra il raggio del buco nero e quello dell’oggetto. Quindi se abbiamo una stella di neutroni, la sua compattezza viene misurata rispetto al raggio di un buco nero di uguale massa. Il raggio di una stella di neutroni è sempre più grande di quello di un buco nero quindi la sua compattezza è sempre minore di 1. Più un oggetto è compatto, cioè più è simile a un buco nero, più la sua compattezza è vicina a 1. Per esempio per una stella di neutroni vale circa 2/3, ma si può immaginare di avere oggetti la cui compattezza è molto alta, cioè vicina a 1. In altre parole il loro raggio sarebbe molto vicino a quello di un corrispondente buco nero. Di fatto lo sarebbero quasi.

Attualmente per le stelle sono riconosciuti tre differenti stadi di compattezza: lo stadio di nana bianca, quello di stella di neutroni e se l’oggetto ha una massa superiore alle 3 masse solari circa allora si ritiene che non sia possibile altro stato che quello di buco nero. Questi differenti oggetti sono lo stadio finale della vita una stella e la loro differente natura dipende dalla loro massa. La struttura di una stella si basa su un bilancio tra la forza di gravità data dalla loro massa e la pressione del materiale che le compone. Dato che la gravità tende a schiacciare la struttura e a renderla più piccola, per avere una situazione di equilibrio è necessario che qualcos’altro, ossia la pressione, contrasti la gravità in modo che queste due forze si bilancino e la struttura stellare si mantenga stabile. Nelle stelle normali parte del contrasto alla gravità è fornito dall’energia liberata dalle reazioni nucleari. Sono proprio queste reazioni a tenerle in vita, ma arriva il momento in cui queste cessano perché finisce il combustibile. Le stelle a quel punto si spengono, non sono più attive, e la loro sorte finale dipende dalla massa rimasta nel nucleo.

Se la massa finale è inferiore a circa una massa solare, la stella si comprime e forma una nana bianca, una stella stabile, compatta che lentamente si raffredda. Questo stadio viene raggiunto perché c’è un effetto quantistico all’interno della stella, la pressione degli elettroni degeneri (elettroni così schiacciati da occupare tutti gli stati possibili a bassa energia, qui maggiori informazioni NdA), che può contrastare la gravità e mantenere in equilibrio la struttura. Se non hai più reazioni nucleari c’è quindi questa forza addizionale che aiuta a sostenere la struttura e questo è il motivo per cui si formano le nane bianche. Se la massa è però maggiore di una massa solare la pressione degli elettroni degeneri non può più sopportare la forza gravità. Viene perciò a mancare l’equilibrio e la stella collassa ulteriormente diventando sempre più piccola. A questo punto, se la massa è inferiore a circa 3 masse solari, il collasso si arresta e si forma una stella di neutroni. Questo significa che c’è una nuova forza quantistica, questa volta la pressione dei neutroni degeneri, che è più forte e può sopportare una forza di gravità più intensa, ma ha comunque un limite pari a circa 3 masse solari. Se si supera questo limite il collasso continua e fino ad oggi non ci sono forze conosciute che possano equilibrare la gravità ed evitare il collasso totale. L’unica opzione quindi è che come stadio finale si formi un buco nero.

Ora però hai trovato un altro possibile tipo di stella ultracompatta studiando gli effetti della polarizzazione del vuoto quantistico.  Di che tipo di fenomeno si tratta?

La locuzione “polarizzazione del vuoto quantistico” è composta da tre parole che andrò a spiegare. Il termine “quantistico” ci dice che si tratta di effetto legato meccanica quantistica e che non si ha nella meccanica classica. “vuoto” è perché puoi vedere questo effetto nello spazio vuoto. La questione importante è che nella meccanica classica il vuoto è qualcosa in cui non c’è nulla, non c’è materia e non c’è attività, ma nella meccanica quantistica non è così. Il vuoto si può pensare come qualcosa di fluttuante. Se tu guardi il vuoto da molto vicino vedrai che ci sono delle fluttuazioni legate alla presenza di quelle che vengono chiamate particelle virtuali. Sono particelle e antiparticelle che sono create e si annichilano in continuazione, si formano e scompaiono riassorbite dal vuoto. Questo è un fenomeno osservabile a scale molto piccole, mentre all’estremo opposto, a scale macroscopiche, non osserva niente di speciale. Questo avviene perché per ogni fluttuazione una parte ha energia positiva mentre l’altra ha energia negativa e quindi in media si cancellano e non ci sono effetti fisici associati ad esse.

Arriviamo ora al termine “polarizzazione”. Come ho detto le fluttuazioni in media si cancellano, ma ciò è vero quando non ci sono campi come quello gravitazionale o elettromagnetico. Quindi si tratta di vuoto anche nel senso che non ci sono campi. Se invece in una regione di vuoto inserisci un campo gravitazionale questo va ad interagire con le fluttuazioni. Queste sentono il campo e quello che accade è che il campo rompe l’equilibrio tra di esse. In questo modo le fluttuazioni positive e negative all’interno del campo si dispongono in maniera tale che il vuoto acquisisce un’energia negativa: il vuoto si polarizza. Questo comporta che se si pone un campo gravitazionale nel vuoto, il vuoto reagisce creando un effetto schermo che indebolisce il campo. In parole semplici puoi immaginare che il campo gravitazionale diventa meno intenso.

E il tuo studio sugli effetti della polarizzazione come cambia lo scenario delle stelle compatte? Cosa hai scoperto a riguardo?

La questione interessante è il livello di polarizzazione del vuoto in una certa regione non è direttamente connesso alla forza del campo gravitazionale. E’ possibile, cioè, avere regioni con un campo poco intenso, ma con livelli di polarizzazione anche molto alti. In effetti nelle configurazioni stellari analizzate nella mia ricerca ciò che va a determinare la polarizzazione è proprio la compattezza della stella. Si può perciò affermare che più compatta è la stella, maggiore è la polarizzazione.

Riconnettendoci a quanto avevamo discusso prima, esiste un limite superiore per la massa delle stelle di neutroni pari a 3 masse solari. In linea di principio per masse più grandi non ci sono forze possibili che possano mantenere una stella in equilibrio. Tuttavia la polarizzazione del vuoto quantistico può fornire una forza che aiutarebbe a bilanciare la forza di gravità in un qualche tipo di nuova configurazione di equilibrio. Questa possibilità era conosciuta da diverse decine di anni, tuttavia non si è rivelato facile inserire questo effetto in un modello consistente, in modo che da essere preso in considerazione correttamente. Se si vuole capire se c’è un equilibrio legato a nuove configurazioni più compatte di una stella di neutroni, si deve tenere conto di tutte le possibili forze del sistema. Si deve quindi costruire un equazione che rappresenti tutte queste forze, attrattive e repulsive, e si devono cercare delle soluzioni. Dato che la polarizzazione del vuoto contrasta la gravità occorre costruire un’equazione in cui si inserisce la massa e la forza di gravità che ne risulta, ma in essa va inserita come nuovo termine anche la polarizzazione del vuoto generata da questa massa. Riuscendo a combinare questi termini abbiamo provato a cercare se ci sono configurazioni in cui questi due effetti si bilanciano, ovvero se ci sono delle soluzioni di equilibrio dell’equazione. Ciò che è emerso è che grazie all’effetto repulsivo della polarizzazione del vuoto è possibile raggiungere nuove configurazioni stabili a masse maggiori di 3 masse solari. Una questione differente è capire però se c’è un limite superiore per la massa di questo tipo di oggetti. Questo al momento non lo sappiamo perché bisogna studiare la stabilità della soluzione. In linea di principio potrebbe esserci un nuovo limite per queste stelle, ad esempio 10 masse solari, o potrebbe non esserci alcun limite. Al momento è qualcosa che deve essere ancora analizzato.

Quali sono le possibilità di poter osservare questi oggetti? Si conoscono già possibili candidati che potrebbero essere questo tipo di stelle?

Le possibilità di osservarle penso che siano ragionevoli ora che siamo in grado di rilevare le onde gravitazionali, forse non con LIGO o VIRGO che sono i rivelatori attualmente operativi. Questi possono rilevare alcune classi di eventi che producono onde gravitazionali, ma presto ci saranno ulteriori rilevatori che saranno basati nello spazio, come LISA. Questi permetteranno di osservare una gamma più ampia di sorgenti di onde gravitazionali e perciò ci metteranno in grado osservare cose che prima non eravamo in grado di vedere. Ci perciò sono buone possibilità che, quando avremo dei nuovi segnali, uno di essi corrisponderà a questi oggetti. La forma che dovrebbe avere questo segnale è però un problema ancora aperto, ci sono diversi gruppi di ricerca che lo stanno studiando. Nelle onde gravitazionali i segnali si possono immaginare come suoni e oggetti differenti hanno suoni differenti. Ad esempio una stella di neutroni ha un suono differente da un buco nero, se vuoi rilevare un oggetto hai bisogno di conoscere il suo suono.

Quindi hai bisogno di fare un’analisi teorica e numerica con cui ottenere questo suono e dopo puoi verificare se sei in grado di sentirlo nei rilevatori. Ci sono delle indicazioni che il suono di queste stelle ultracompatte dovrebbe essere molto caratteristico, ma non c’è ancora un quadro completo della situazione e non sono chiari tutti i dettagli. Tuttavia ne abbiamo bisogno perché abbiamo bisogno di sapere quali saranno le segnature caratteristiche di questi eventi se vogliamo riconoscerli. Riguardo alla possibilità attuale di avere dei candidati, il punto è che dovrebbero essere molto simili a un buco nero e quindi molto scuri. Non dovrebbero emettere luce e quindi sarebbero molto difficili da vedere con dei telescopi standard. Questo è il motivo per cui non si può affermare “guarda, qui c’è una di queste stelle”, perché probabilmente con la tecnologia che abbiamo per i normali telescopi non possono essere distinte da un buco nero. Ma con le onde gravitazionali saremo in grado di vedere tutti questi eventi e quindi in linea di principio se esistono saremo in grado di riconoscerli. Questa è di sicuro la migliore possibilità che abbiamo. Certo prima c’è ancora da fare del lavoro.

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Vincenzo Senzatela
Appassionato di scienze fin da giovane ho studiato astrofisica e cosmologia a Bologna. In seguito ho conseguito il master in Comunicazione della Scienza alla SISSA e ora mi occupo di divulgazione scientifica e giornalismo ambientale