Il lungo viaggio delle onde gravitazionali
“Proviamo a pensare a degli alieni appena sbarcati sulla Terra, che ci incontrano e ci pongono una domanda precisa: a che punto siete arrivati voi, qual è la conquista in conoscenza più grande che avete raggiunto finora? Credo che saremmo tutti d’accordo nel rispondere, senza tentennare: l’osservazione sperimentale delle onde gravitazionali”.
A immaginare questa scena è stato Eugenio Coccia, fisico astro-particellare e direttore del Gran Sasso Science Institute, durante lo scorso Festival della Scienza di Genova, per provare a rendere l’idea di quanto straordinaria sia la storia raccontata ne “Il lungo viaggio delle onde gravitazionali”, libro scritto da Paola Catapano, giornalista scientifica, esperta divulgatrice responsabile del gruppo di comunicazione del CERN di Ginevra, e pubblicato quest’anno da Textus Edizioni nella collana La Farfalla di Lorents, diretta dalla stessa Catapano.
L’incontro con un gruppo di alieni che indagano sul nostro grado di consapevolezza sull’universo potrebbe anche diventare il pilot di una nuova serie di fantascienza, tenendo conto che la seconda parte della scena è tratta da una storia vera, a cui di qui a breve potrebbero seguire altre, importanti rivelazioni.
È stato a distanza di quasi cento anni dalla loro predizione teorica, formulata da Albert Einstein, quando nel 2015 le due gigantesche antenne interferometriche del progetto LIGO (Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory), situati a Livingston in Luoisiana e Hanford, Washington, negli Stati Uniti, in collaborazione con il team del rilevatore Virgo di Pisa, hanno isolato ed elaborato per la prima volta i segnali inequivocabili di onde gravitazionali prodotte dalla collisione di due buchi neri. Da quel momento, grazie al successo e alla portata di questo esperimento, la ricerca scientifica ha potuto iniziare a battere nuove strade, altrimenti inaccessibili.
Fin qui, la cronaca di un evento che davvero non avrebbe bisogno di troppe presentazioni. Infatti, dopo cinque anni dalla pubblicazione, nel 2016, dei risultati delle osservazioni di LIGO e Virgo, a cui è seguito, nel 2017, il premio Nobel per la Fisica a Rainer Weiss, professore emerito al MIT (Massachusetts Institute of Technology), Barry Clark Barish e Kip Stephen Thorne, entrambi del Caltech (California Institute of Technology) per aver ideato la costruzione degli interferometri, si può ben dire che l’esperimento è ormai abbastanza noto anche al grande pubblico. L’osservazione del 2015 rappresenta tuttavia il tratto finale di un percorso che comincia molto prima. Per apprezzarne davvero la portata sarebbe meglio conoscerlo a fondo, nella sua complessità e con tutti i suoi protagonisti.
Un viaggio inimmaginabile (che inizia dalla fine)
È proprio quello che cerca di fare il libro di Paola Catapano: raccontare una storia di scienza che inizia un secolo fa e culmina in un lavoro di squadra internazionale lungo più di trent’anni, dando voce ad alcuni degli scienziati in prima linea in questa sfida, come Marco Drago, giovane astrofisico all’ Albert Einstein Institute di Hannover, Marica Branchesi, astrofisica del Gran Sasso Science Insitute, inserita nella classifica del 2017 “Ten people who matter this year” stilata da Nature, o come gli stessi Barish, Weiss e Thorne. Partecipa a questa sorta di racconto corale anche Eugenio Coccia, che contribuisce con la sua consulenza scientifica.
Parlando di onde gravitazionali e buchi neri, è lecito aspettarsi una timeline degli eventi magari un po’ imprevedibile. In effetti, le vicende descritte iniziano dall’ultima tappa, il 14 settembre 2015, quando Marco Drago è tra i primi al mondo a ricevere e interpretare, dal suo ufficio a Hannover, quel debolissimo segnale, nascosto tra le pieghe dello spazio-tempo, inseguito con tenacia e speranza dai ricercatori di LIGO-Virgo. Condividono con lui questo privilegio Gabriele Vedovato, fisico dell’INFN di Padova e, di li a poco per il fuso orario, i colleghi statunitensi.
Quella fatidica data consente di fare precisi calcoli indietro nel tempo: sono passati 1,3 miliardi di anni da quando due buchi neri di massa 29 e 36 volte quella del Sole hanno spiraleggiato e si sono scontrati. Si tratta di distanze nel tempo e nello spazio per noi quasi impossibile solo da immaginare. Per tracciare un contesto in cui provare ad orientarci, potremmo dire che quando è iniziato il viaggio delle prime onde gravitazionali registrate dall’uomo, la Terra era ancora nel precambriano, forse c’era in giro qualche cellula eucariotica, ma ancora nessuna traccia non solo dell’umanità, ma proprio della vita come la conosciamo noi. Strada facendo, mentre le onde correvano a 150.000 chilometri al secondo, ci sarebbe stato lo sviluppo della fotosintesi, l’esplosione della vegetazione, le glaciazioni, la comparsa dei dinosauri, le estinzioni di massa.
Nel “lungo viaggio” del libro questa è in realtà l’unica vera grande giravolta nel tempo, ma l’espediente di partire da quel giorno rivelatore ci consente di dare subito uno sguardo alla routine dei ricercatori di LIGO, alle dinamiche di un centro di ricerca, all’entusiasmo di persone che hanno dedicato tutta la loro vita per ottenere un risultato sperimentale che lo stesso Albert Einstein riteneva sostanzialmente irraggiungibile.
Un’impresa epocale, da Galileo alla big science
La vita di chi pratica la scienza ogni giorno può svelare tanto, ma non ci fa ammirare del tutto un fenomeno così sfuggente, che occorre conoscere supportati dalle parole di una guida esperta. Ecco quindi che nel libro di Catapano ci s’inoltra nella nuova astronomia, cercando di capire come funzionano gli strumenti che ci consentono di “ascoltare” l’universo attraverso questi messaggeri così evanescenti, molto più dei fotoni con cui possiamo limitarci a osservarlo, e prima ancora spiegando com’è possibile che queste possano vagare per il cosmo fino a noi, cosa sono questi strani corpi celesti che li producono e come. È inevitabile a questo punto parlare anche della teoria della Relatività generale di Einstein, con la sua predizione dell’esistenza dei buchi neri, trovando un filo conduttore che parte da Galileo Galilei con le sue prime, sconvolgenti osservazioni al cannocchiale.
Il linguaggio del libro è si a questo punto anche tecnico – come potrebbe non esserlo? – ma non strettamente accademico, si cerca sempre di accompagnare le vertigini garantite dalle escursioni sui buchi neri con il fascino di un’impresa intellettuale in senso ampio, filosofica oltre che scientifica, che ha segnato l’ultimo secolo. In questo senso, è di grande supporto l’intervento indiretto in questa storia di altri giganti del pensiero scientifico contemporaneo come Stephen Hawking, a cui si deve riconoscere, tra le altre cose, di essere stato tra i primi ad aver dimostrato che questo argomento non è accessibile solo agli esperti, che può invece diventare familiare per chiunque, se solo si riesce a trovare un trait d’union tra lo stupore vissuto dagli scienziati che scrutano il cosmo e quello che può provare ciascuno di noi anche solo guardandosi attorno. Basta citare il successo del suo “Dal Big Bang ai buchi neri” e ripercorrere la sua vita di scienziato e di uomo per vincere ogni ostilità residua nei confronti della fisica gravitazionale.
Non potevano mancare incursioni nella science fiction, con i retroscena di “Interstellar”, film diretto nel 2014 da Christopher Nolan, che anche grazie alla consulenza di Kip Thorne ha vinto un oscar per la realizzazione di Garguanta, rappresentazione spettacolare e verosimile del buco nero supermassiccio Messier 87.
Anche senza tirare in ballo la “scienza di Interstellar”, whormoles e viaggi nel tempo, basterebbe per la verità la magnifica esperienza di Big Science di LIGO a ispirare altri successi hollywoodiani: più di mille scienziati provenienti da tutto il mondo, esperti dei settori più disparati, dalla fisica teorica all’analisi dei dati, uniti in un progetto che prende il via nel 1984. Per avere successo, i progetti di ricerca più ambiziosi e difficili come questo hanno bisogno del contributo dei talenti migliori, delle tecnologie più avanzate e di un coordinamento solido e affidabile. Questo significa inevitabilmente aprire a una collaborazione internazionale più ampia possibile, che ha inoltre il vantaggio di mostrare la natura più intima del metodo scientifico, basato su principi democratici di condivisione del sapere e su un senso di curiosità indifferente ai limiti imposti dalla convenzione dei confini nazionali. L’intervento di Barry Barish, nominato direttore dell’esperimento negli anni ’90, si rivela fondamentale in questo senso. Al contributo di Barish, che si dimostra un vero e proprio manager della Big Science, è dedicato un intero capitolo-intervista.
Dai vasti territori ancora da esplorare a cui abbiamo avuto accesso grazie ai ricercatori di LIGO, sono nel frattempo già arrivate altre importanti conquiste, come spiega e racconta Marica Branchesi, la “messaggera delle stelle” che anche la rivista americana Time ha riconosciuto tra le cento persone più influenti al mondo, nel 2018. Branchesi è ricercatrice al Gran Sasso Institute, membro della collaborazione LIGO-Virgo, diventata un volto noto per aver annunciato in diretta streaming, il 16 ottobre 2017, la scoperta di GW170817, la prima onda gravitazionale mai registrata per la coalescenza di due stelle di neutroni, corpi celesti diversi dai più pesanti buchi neri, che emettono sia onde eletromagnetiche che gravitazionali. Oltre a confermare che le onde gravitazionali viaggiano a una velocità che approssima molto quella della luce, grazie a questa scoperta si comprende meglio la formazione di metalli pesanti come platino, uranio e oro.
Altro ancora ci sarebbe forse da raccontare, con “Il lungo viaggio delle onde gravitazionali” si riesce a mettere a fuoco la complessità che sostiene un risultato eccezionale come quello raggiunto nel settembre 2015, una struttura solida fatta di uomini tenaci e lungimiranti, prima che di tecnologie avanzatissime.
Del resto, tutti i progetti scientifici (ma non solo) di successo, sia nella sperimentazione che nella comunicazione e nel rapporto col pubblico, si rivelano tali sempre grazie all’impegno e alla passione dei componenti di una squadra, pochi o migliaia che siano.
Basta cercarne le tracce che, di certo, sono custodite tra le pieghe del tempo.
Altro ancora ci sarebbe forse da raccontare, ma con “Il lungo viaggio delle onde gravitazionali” di Paola Catapano si riesce a mettere a fuoco la complessità che sostiene un risultato eccezionale come quello raggiunto nel settembre 2015, una struttura solida fatta di uomini tenaci e lungimiranti, prima che di tecnologie avanzatissime.
Del resto, tutti i progetti scientifici (ma non solo) di successo, sia nella sperimentazione che nella comunicazione e nel rapporto col pubblico, si rivelano tali sempre grazie all’impegno e alla passione dei componenti di una squadra, pochi o migliaia che siano.
Basta cercarne le tracce che, di certo, rimangono custodite tra le pieghe del tempo.
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