Giraffe, prima di proteggerle dovremo studiarle
Non sono solo i predatori e la presenza di piccoli a determinare le dimensioni dei branchi. Per proteggere questi mammiferi dobbiamo iniziare studiandone meglio ecologia ed etologia
ANIMALI – È opinione ampiamente condivisa che le dimensioni dei branchi di animali gregari aumentino quando c’è il rischio di predazione. Questo permette di poter contare su più paia di occhi nell’avvistamento di potenziali minacce e di abbassare la probabilità di essere proprio l’esemplare scelto per cena.
Eppure, secondo una ricerca dell’Università di Bristol, le giraffe fanno eccezione.
Negli ultimi 30 anni il numero di giraffe settentrionali (Giraffa camelopardalis) è diminuito del 40% e secondo le stime oggi sopravvivono in natura meno di 98 000 individui. sono anche state inserite come “Vulnerabili” nella Lista Rossa delle Specie Minacciate dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Sono entrate a far parte delle categorie di minaccia, che identificano specie a rischio di estinzione nel breve o medio termine.
Senza interventi di conservazione specifici, mirati a neutralizzare le minacce nei loro confronti (e in alcuni casi a incrementarne il numero) la prospettiva dell’estinzione per queste specie è concreta. Per quanto riguarda le giraffe poi, la salvaguardia è sotto riesame a causa del dibattito ancora acceso sulla tassonomia. Alcune sottospecie potrebbero essere ancora più a rischio, oltre la vulnerabilità.
Lo studio, primo nel suo genere e pubblicato sulla rivista Journal of Zoology, ha analizzato come le abitudini delle giraffe nel formare branchi siano influenzate da diversi fattori, come il rischio di predazione, il tipo di habitat e le caratteristiche dei singoli individui. Il luogo in cui si trovano influisce sulle dimensioni del branco, ma la variabile principale è costituita dal comportamento delle femmine adulte: se hanno dei piccoli, scelgono gruppi meno numerosi.
Questa osservazione sfata un altro mito sulle giraffe, che le vede riunirsi in grandi gruppi di femmine proprio per occuparsi collettivamente dei piccoli, come in una sorta di asilo.
Secondo Zoe Muller, dottoranda della Scuola di Scienze Biologiche di Bristol, “Le giraffe sono una specie in pericolo […], e questa ricerca evidenzia come al momento la specie sia profondamente incompresa. Possiamo gestire e conservare le popolazioni di giraffe solo se capiamo a fondo il loro comportamento e la loro ecologia, cosa che stiamo appena iniziando a fare. Malgrado la loro notorietà, sono state studiate molto meno di altri carismatici mammiferi africani.”
L’intenzione è di replicare questi studi in altre aree dell’Africa. La pubblicazione riguarda la parte orientale del continente, ma sarà importante scoprire se gli stessi comportamenti vengono osservati anche in altre popolazioni di giraffe. Questo permetterà una migliore gestione dell’ambiente in cui vivono, tenendo conto di tutte le loro variabili sociali, per cercare di proteggerle meglio.
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