SPAZIO

IceCube e il neutrino cosmico: la nuova era dell’astronomia multimessaggero

L’osservatorio per neutrini sotto i ghiacci dell’Antartide ha rivelato un neutrino cosmico altamente energetico, scoprendo la sorgente in un lontano e potente blazar: un buco nero supermassivo

L’impresa raggiunta dalla collaborazione IceCube ha permesso di identificare come sorgente di produzione dei neutrini un nucleo galattico attivo. Crediti immagine: IceCube collaboration

SCOPERTE – L’era dell’astronomia multimessaggero si apre con una importante osservazione, quella di un neutrino cosmico ad alte energie emesso da un lontano blazar. L’osservatorio per neutrini IceCube il 22 settembre 2017 ha lanciato una “allerta neutrino”, rivelando l’elusiva particella subatomica che interagisce debolmente con la materia ed è difficile da scovare. Un’allerta che ha messo in moto i telescopi spaziali come il Fermi Gamma-ray della NASA, il Major Atmospheric Gamma Imaging Cherenkov Telescope situato alle isole Canarie e altri 13 telescopi sia in orbita che a terra, che hanno permesso di tracciare il singolo neutrino arrivato fino al Polo Sud indietro fino alla sua sorgente, un potente buco nero supermassivo, oggetto noto come blazar, situato a 4,5 miliardi di anni luce da noi nella costellazione di Orione.

Il risultato si deve non solo ai ricercatori della collaborazione IceCube, ma ad un ricco e nutrito gruppo internazionale di astronomi che hanno creato un sistema di allerta che, partendo dal rilevamento in Antartide, in poche ore ha permesso di osservare la porzione di cielo in cui il neutrino era stato prodotto insieme a fotoni di altissime energie. Il frutto di questa scoperta si concentra in due articoli pubblicati il 13 luglio sulla rivista Science che sanciscono la nascita dell’astronomia multimessaggero per il neutrino.

Una scoperta che parla anche italiano, grazie al contributo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dell’Agenzia spaziale italiana (ASI). Marco Pallavicini, presidente della Commissione Nazionale INFN di fisica astroparticellare, ha commentato:

“Un piccolo neutrino che ha fatto da apripista a un nuovo successo dell’astrofisica multimessaggero. Un neutrino e dei fotoni, che assieme dimostrano l’importanza strategica e le potenzialità scientifiche dei grandi progetti internazionali ai quali l’INFN sta lavorando, come KM3Net, l’osservatorio sottomarino per neutrini nel Mar Mediterraneo, al largo della Sicilia, e CTA, l’osservatorio di raggi gamma di prossima generazione distribuito nei due emisferi del pianeta”.

Da oltre 20 anni i ricercatori danno la caccia ai neutrini cosmici e alle loro sorgenti. I neutrini infatti sono particelle con una massa pari quasi allo zero ed elettricamente neutre, che risentono solo dell’interazione debole e dunque che interagiscono debolmente con la materia. Centinaia di miliardi di neutrini ogni secondo vengono prodotti nell’universo, ma scovarli non è facile. L’impresa raggiunta dalla collaborazione IceCube invece ha permesso per la prima volta di identificare come sorgente di produzione di queste particelle il blazar TXS 0506+056: un nucleo galattico attivo, cioè un buco nero supermassiccio al centro di una galassia che espelle un getto di materia relativistica, flussi di particelle e radiazioni energetiche a velocità vicine a quella della luce.

Proprio uno di questi neutrini prodotti dal blazar è arrivato fino a noi, percorrendo i 4,5 miliardi di anni luce che lo separavano dalla Terra, il 22 settembre 2017. Un evento che è stato battezzato IC-170922A e con una energia impressionante, pare a 290 teraelettronvolt (TeV), cioè mille miliardi di elettronvolt. Una energia altissima se confrontata con quella prodotta dai protoni nell’acceleratore Large Hadron Collider del CERN di Ginevra, che rimane dell’ordine di 6,5 TeV.

Un singolo evento dunque che permette di compiere un passo avanti nella comprensione di altre particelle altamente energetiche e che piovono continuamente sulla Terra dallo spazio, cioè i raggi cosmici, rivelati per la prima volta oltre cento anni fa. Fin dalla loro prima osservazione, gli scienziati si sono posti l’obiettivo di scoprire la loro provenienza, obiettivo affatto semplice. I raggi cosmici infatti sono costituti da particelle cariche, come protoni altamente energetici, le cui traiettorie vengono deviate dai campi magnetici che pervadono l’universo. I neutrini, al contrario, non hanno carica e dunque non risentono dei potenti campi magnetici spaziali e viaggiano indisturbati fino a noi, dando agli scienziati un’occasione unica di avere un accesso diretto alla loro sorgente.

La loro natura elusiva però ne rende difficile l’osservazione e per individuare un singolo neutrini occorrono giganteschi rivelatori che siano posizionati in luoghi naturalmente schermati dalla presenza di altre particelle. Uno di questi è proprio IceCube, un rivelatore costituito da oltre 5mila sensori di luce ordinati in una griglia che si estende per un chilometro cubo a oltre un chilometro di profondità sotto i ghiacci dell’Antartide. Una sola interazione dunque è stata sufficiente per individuare il fotone altamente energetico che si allinea nella direzione di provenienza del neutrino e avere un indizio sulla sorgente da cui è arrivato.

Ed è qui che altri 14 importanti esperimenti e osservatori entrano in gioco aprendo l’era dell’astronomia multimessaggero. La teoria infatti prevede che insieme alle emissioni di neutrini altamente energetici, ci sia emissioni di raggi gamma. Un sistema di allerta elaborato dagli oltre 300 ricercatori che hanno partecipato alla collaborazione ha così permesso di rivolgere il telescopio spaziale Fermi Gamma-ray della NASA proprio verso quella porzione di cielo da cui il neutrino proveniva entro 4 ore dall’evento e ha così scoperto una sorgente che emetteva gli agognati raggi gamma.

Anche gli altri osservatori sono stati attivati in direzione della presunta sorgente e uno dopo l’altro le conferme sono iniziate ad arrivare. Una delle conferme è arrivata da MAGIC, situato sull’isola di La Palma alle Canarie, che è in grado di rivelare la luce Cherenkov, cioè la particolare luce emessa dai fotoni dopo l’interazione con l’atmosfera terrestre. Dopo 12 ore di osservazione nella direzione della sorgente, questa è stata identificata con una definizione energetica migliore di quella ottenuta da Fermi. La porzione di cielo è stata osservata anche nello spettro ultravioletto e dei raggi X grazie a satelliti come Swift e NuSTAR, entrambi della NASA, e con il telescopio INTEGRAL dell’ESA, che non ha visto direttamente la sorgente ma ha fornito un limite superiore alla sua intensità, permettendo così di escludere che quel singolo neutrino fosse stato prodotto da un lampo di raggi gamma piuttosto che dal blazar.

Il neutrino si è fatto dunque messaggero cosmico per portare ad un risultato che apre la strada proprio a quell’astronomia multimessaggero inaugurata dopo la scoperta delle onde gravitazionali. Fernando Ferroni, presidente dell’INFN, ha sottolineato che questa scoperta di estrema importanza è anche la dimostrazione dell’efficacia delle strategie messe in atto nella caccia ai neutrini:

“La rivelazione di IceCube conferma, inoltre, l’efficacia delle nostre strategie di indagine dei neutrini: vale a dire andare, non solo sottoterra come nei Laboratori INFN del Gran Sasso, ma anche sotto i ghiacci e sott’acqua come fa l’esperimento ANTARES, cui collaboriamo al largo delle coste francesi, e KM3Net, che stiamo realizzando assieme a una collaborazione internazionale in Sicilia. E le osservazioni dei rivelatori di fotoni gamma, come Fermi e MAGIC, confermano la nostra abilità, scientifica e tecnologica, di indagare il mondo delle particelle elementari con molti diversi strumenti. Infine, ma non ultimo, questo risultato dà un’ulteriore conferma della capacità della fisica italiana di essere protagonista delle grandi imprese scientifiche che si conducono a livello mondiale”.

Nella nuova era dell’astronomia, radiazione elettromagnetica, onde gravitazionali e ora anche i neutrini diventano singoli messaggeri che si fanno carico di informazioni preziose. Ora che sappiamo quanto potente può essere la combinazione di tutte le informazioni di cui disponiamo, come dimostrato anche dal risultato raggiunto dalla collaborazione di IceCube e degli altri esperimenti, il nostro sguardo verso il cielo assume un nuovo significato e una più completa comprensione dell’universo e dei suoi misteri ancora da svelare sembra sempre più vicina.

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Veronica Nicosia
Aspirante astronauta, astrofisica per formazione, giornalista scientifica per passione. Laureata in Fisica e Astrofisica all'Università La Sapienza, vincitrice del Premio giornalistico Riccardo Tomassetti 2012 con una inchiesta sull'Hiv e del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica Giancarlo Dosi 2019 nella sezione Under 35. Content manager SEO di Cultur-e, scrive di scienza, tecnologia, salute, ambiente ed energia. Tra le sue collaborazioni giornalistiche Blitz Quotidiano, Oggiscienza, 'O Magazine e Il Giornale.