RICERCANDO ALL'ESTERO

L’unicità di un vino nel terroir microbico del suolo

Il suolo è la principale fonte di microrganismi di un vitigno. Grazie alla metagenomica è possibile caratterizzare l'intera comunità microbica di un terreno e associarla all'unicità di un vino.

RICERCANDO ALL’ESTERO – Quando si parla di vino si usa spesso la parola terroir, cioè l’insieme di tutti quei fattori che lo rendono unico: il clima, le condizioni geografiche, fisiche e chimiche, la tradizione enologica, il lavoro dell’uomo. Da un po’ di tempo sta diventando sempre più popolare l’idea che l’unicità di un vino dipenda anche dal terreno in cui cresce e, in particolare, dalla comunità microbica in esso presente. Dimmi (dove e) con chi cresci e ti dirò chi sei.

Alex Gobbi è ricercatore alla Aarhus University (Danimarca) e studia la metagenomica dei vitigni. Il suo lavoro fa parte del progetto europeo MICROWINE che si propone di applicare le moderne tecniche di microbiologia, chimica, informatica ai processi produttivi enologici al fine di migliorare la viticultura.


Nome: Alex Gobbi
Età: 30 anni
Nato a: Verona
Vivo a: Roskilde (Danimarca)
Dottorato in: (in corso) microbiologia ambientale (Danimarca)
Ricerca: ecologia microbica nei vigneti di tutto il mondo
Istituto: Environmental microbiology & biotechnology, Department of Environmental Science, Aarhus University (Danimarca)
Interessi: letteratura, scienza, viaggiare, sport
Di Roskilde mi piace: il rapporto uomo-natura
Di Roskilde non mi piace: il tempo meteorologico
Pensiero: La scienza non è nient’altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell’umanità. (Nikola Tesla)


In cosa consiste la metagenomica?

È lo studio dei genomi di intere comunità microbiche direttamente nel loro ambiente naturale; nel caso dei vigneti è il suolo, l’uva, la superficie delle foglie, le radici.

Il mio lavoro è focalizzato sul suolo e sulla comprensione di ciò che rende un pezzo di terreno diverso da un altro. L’obiettivo ultimo è dare risposta alla domanda che i produttori di vino di tutto il mondo si fanno da sempre: che cosa rende unico un certo vino? Perché l’Amarone della Valpolicella può essere fatto solo in Valpolicella e non negli Stati Uniti?

Il suolo è uno degli ambienti con la più alta diversità che esiste al mondo e in solo 1 grammo di terreno possiamo trovare quasi un miliardo di microrganismi. È una sorta di deposito dei batteri, funghi e lieviti di una pianta: quelli che ritroviamo su radici, foglie e frutti sono sicuramente presenti anche nel terreno. Infine, è cruciale per la fisiologia della vite perché ciò che viene assorbito dalle radici, come i minerali, i fertilizzanti e l’acqua, passa attraverso il suolo.

Sequenziatore di DNA usato negli studi di metagenomica

Con la metagenomica vogliamo capire il contributo dei microrganismi al terroir di un vino e verificare l’esistenza di un terroir microbico, cioè di un insieme di interazioni microbiologiche caratteristico per ciascun vino.

Per fare ciò abbiamo preso dei campioni di terreno provenienti da vigneti sparsi un po’ in tutto il mondo, in Danimarca, Germania, Francia, Portogallo, Stati Uniti, Sud Africa, Australia, e abbiamo creato un enorme database di genomi.

Che tipi di microrganismi avete trovato nelle varie regioni del mondo?

L’ambiente che più mi ha colpito, e che rappresenta un modo davvero estremo di fare vino, è quello delle Azzorre. Qui i vigneti crescono su rocce laviche nere, in pochissimi centimetri di suolo; le temperature a terra sono molto elevate, sia per la diretta esposizione al sole sia per la presenza di muretti chiamati currais, che proteggono i vigneti dal vento costante e dalle intemperie.

Vigneti dell’isola di Pico (Azzorre) protette dai tipici muretti “currais”. Crediti immagine: Alex Gobbi

Qui, a livello microbico, le due famiglie batteriche più rappresentate sono le Thermogemmatisporaceae e le Pseudonocardiaceae. I primi sono batteri termofili che crescono bene a temperature elevate come i 50 °C delle rocce laviche. La seconda famiglia comprende organismi isolati dalle grotte vulcaniche in cui si accumula e si decompone materiale vegetale. Non sono termofili quindi probabilmente occupano gli strati più inferiori del suolo.
In Danimarca, invece, il terreno è ricco di funghi e muffe perché il clima è talmente umido da favorire la loro proliferazione.

Una volta caratterizzato il terroir microbico di un vino, sarebbe interessante capire la sua influenza sul gusto o riuscire a predire il sapore di un certo prodotto conoscendo i microrganismi che ha sulla buccia. Di certo la geografia svolge un ruolo davvero cruciale nella produzione di un vino.

Il progetto MICROWINE si occupa anche di pesticidi. Che tipo di studi state facendo?

Stiamo valutando un’alternativa all’uso di verderame, insetticida e fungicida molto usato in viticoltura ma con un impatto inquinante sull’ambiente e sulla salute dell’uomo.

Abbiamo analizzato una serie di campioni di suolo prelevati da uno stesso vigneto, in Sud Africa, sottoposto a due tipi di trattamento: in una parte era stato spruzzato il verderame e nell’altra un particolare batterio con proprietà antifungine. La varietà di uva, la geografia e le condizioni climatiche erano le stesse per tutti i campioni, qualsiasi variazione nella comunità microbica era da imputare al tipo di trattamento ricevuto.

Il batterio con proprietà antifungine appartiene alla specie Lactobacillus plantarum ed è stato isolato proprio in Sud Africa da uve della stessa zona del nostro esperimento. Siamo rimasti in Sud Africa proprio perché il suo uso non causa l’introduzione di nuove specie nell’ambiente, oltre al fatto che il batterio ha lo standard QPS (Presunzione qualificata di sicurezza) ed è considerato sicuro dall’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare.

Varietà Merlot di vigneto di Western Cape, in Sub Africa, trattata con Lactobacillus plantarum. Crediti immagine: Alex Gobbi

Che risultati avete ottenuto dalla comparazione dei diversi campioni?

In vitro Lactobacillus plantarum contrasta la crescita di alcuni funghi considerati patogeni per la vite. Da qui idea di usarlo come alternativa ai tradizionali fungicidi o almeno un complemento all’uso di rame, in modo da avere meno metalli pesanti in giro a inquinare le falde e muoversi verso un’agricoltura più sostenibile.

Varietà Shiraz di vigneto di Western Cape, in Sub Africa, trattata con Lactobacillus plantarum. Crediti immagine: Alex Gobbi

In vivo, abbiamo confrontato i suoi effetti sul vigneto con quelli del verderame. A livello di comunità microbica, l’unica differenza visibile è data appunto dalla presenza di lactobacillus nella parte di campo dove è stato spruzzato, mentre è del tutto assente nella parte col verderame. A livello fungino non vediamo grosse differenze, quindi lactobacillus funziona in maniera del tutto paragonabile al rame. A livello di pianta, non vengono sviluppati sintomi a posteriori dovuti al batterio.

Sono stati fatti anche controlli sulla qualità del vino, che sembra non subire alcuna alterazione.

Quali sono le prospettive futuro del tuo lavoro?

Vorrei applicare la stessa tecnica ad altre coltivazioni, come il mais o la soia, che sono molto più estese e molto più inquinanti della vite. La metagenomica potrebbe permettere di individuare valide alternative agricole per ridurre l’impatto ambientale di certe coltivazioni.

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.