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Adolescenti omosessuali: il rischio di suicidio è quattro volte maggiore

Tutta colpa del bullismo? Pare di no. Secondo una revisione italiana pubblicata su JAMA, il ruolo principale lo gioca ancora la scarsa accettazione di sé. Forse è il caso di ripartire dall'educazione delle famiglie.

In questi giorni è stata pubblicata su JAMA Pediatrics la prima revisione sistematica della letteratura scientifica a proposito del rischio di suicidi adolescenziali in relazione al proprio orientamento sessuale.

Crediti immagine: Pixabay

Il problema

Quello che è emerso è sconfortante: in trent’anni le cose non sembrano essere cambiate. La differenza di rischio di tentare il suicidio da adolescenti fra omosessuali e bisessuali è rispettivamente quattro e cinque volte maggiore rispetto ai giovanissimi eterosessuali, oggi come negli anni ottanta. Fra i ragazzi transessuali questo rischio è addirittura sei volte superiore rispetto ai coetanei eterosessuali.

Ma soprattutto, stando a quanto emerge, il problema oggi non è più il bullismo come in passato, ma la scarsa accettazione di sé, che passa attraverso la scuola e la famiglia. Nonostante i ragazzini di oggi vivano in un contesto culturale indubbiamente più aperto, basti pensare ai modelli presenti in molte serie TV dedicate a un pubblico giovane, non basta.

Il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti, a livello mondiale. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2016 sono stati 222 mila i suicidi in ragazzi dai 10 ai 29 anni in tutto il mondo: 94 mila donne e 127 mila giovani uomini. Inoltre, fra la popolazione generale il tentato suicidio è il principale fattore di rischio per un suicidio riuscito.

La revisione in dettaglio

La revisione ha abbracciato 35 studi accademici sul tema e un campione di quasi due milioni e mezzo di adolescenti tra i 12 e 20 anni, di dieci nazionalità diverse, che hanno risposto alla domanda se avessero mai tentato il suicidio indicando il proprio orientamento sessuale.

“Siamo riusciti per la prima volta a fare una sintesi di quanto è emerso in letteratura e abbiamo trovato che il rischio che un ragazzino omosessuale tenti il suicidio è 3,8 volte quello di un coetaneo eterossessuale, quello di un bisessuale 4,6 volte maggiore, mentre quello di un ragazzino transessuale è addirittura 5,8 volte maggiore” spiega Ester di Giacomo, psichiatra e dottoranda all’Università di Milano-Bicocca e autrice dello studio.

“È stato interessante scoprire che non c’è alcuno studio italiano su questo tema fra i 35 articoli da noi esaminati fra il 1986 e il 2017.  Segno che è necessaria una maggiore consapevolezza nel nostro paese per colmare questo ritardo significativo.”

“Il dato più interessante secondo noi è che il tentato suicidio fra i giovanissimi non sembra essere legato prevalentemente al bullismo, ma all’auto accettazione del ragazzo. Non si tratta di un aspetto secondario – continua di Giacomo – perché significa che nel complesso la società non è progredita molto negli ultimi trent’anni. Sforzi di inclusione e de-stigmatizzazione dovrebbero essere al primo posto fra gli obiettivi dei prossimi piani progettuali nelle aree dell’ istruzione e della Sanità”.

La situazione in Italia

Dal 1992 in Italia esiste l’AGEDO – Associazione dei genitori di omosessuali, costituita da genitori, parenti e amici di uomini e donne omosessuali, bisessuali e transessuali per supportare le famiglie che si sentono ancora in difficoltà di fronte all’identità di genere del proprio figlio o della propria figlia e vogliono superare questa difficoltà di comprensione. L’obiettivo dell’associazione è infatti “fare da argine alle discriminazioni, alle ingiustizie, alle intolleranze cui sono soggetti i gay e le lesbiche affinché acquisiscano pari diritti, libertà e rispetto come tutte le altre persone.”

Nonostante non sia emerso come il principale fattore di rischio, il bullismo rimane comunque molto presente nella vita dei giovanissimi. Nel 2014 Istat ha condotto una prima indagine che ha evidenziato che più della metà degli 11-17enni ha subito qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nei 12 mesi precedenti. Uno su cinque è vittima assidua di una delle “tipiche” azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese, e per un ragazzino su dieci gli atti di prepotenza si ripetono con cadenza settimanale.

Ma alla fine solo sei ragazzini su dieci chiederebbero aiuto ai genitori e quattro su dieci agli insegnanti.

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.