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Un laboratorio sotto i ghiacci per studiare i cambiamenti climatici

È stato allestito a 25,5 metri di profondità, nelle acque del mare di Ross. Lo studio di alghe coralline e briozoi ci aiuterà a capire come sta cambiando il clima in Antartide.

Dietro alla base scientifica italiana in Antartide, la stazione Mario Zucchelli, si apre la baia Tethys. È nelle sue acque gelide, quelle del mare di Ross, che un gruppo di ricercatori ha allestito un laboratorio a 25,5 metri di profondità, sotto i ghiacci marini, per studiare il clima attraverso la crescita degli scheletri in carbonato di calcio di alghe coralline e briozoi, piccoli invertebrati acquatici che trascorrono la propria vita ancorati al fondale.

Il laboratorio sottomarino allestito dai ricercatori. Fotografia ENEA

Quali sono gli effetti dei cambiamenti climatici su queste specie calcificanti, in un ambiente come l’Antartide dove il clima si sta modificando rapidamente? Quali sono le conseguenze dell’acidificazione degli oceani?

Ice-ClimaLizers, ricerca sotto il ghiaccio

L’Antartide è un continente misterioso, un vero laboratorio a cielo aperto dove le specie animali e vegetali si sono adattate in modi incredibili per sopravvivere a temperature estreme.

Il progetto coordinato dall’ENEA si chiama Ice-ClimaLizers, durerà due anni e cercherà di rispondere a queste e altre domande attraverso studi di biologia, oceanografia e geochimica. Si svolge in collaborazione con due istituti del CNR, l’Istituto di Oceanologia di Sopot in Polonia, l’Università di Portsmouth, il Museo di Storia Naturale di Londra e l’Università della Borgogna in Francia.

Gli scienziati si sono immersi in acque con temperatura sottozero per campionare le varie specie, arrivando poi – con l’aiuto di un sottomarino a comando remoto (ROV) dotato di un braccio specializzato – fino a 110 metri di profondità per raggiungere i briozoi. Hanno prelevato le specie target e le hanno marcate con delle sostanze non tossiche. Poi le hanno riposizionato sui fondali, all’interno di 12 gabbie con sensori per la luce e la temperatura, mentre una sonda posizionata nell’intelaiatura delle gabbie stesse registrerà, nei prossimi mesi, il pH, la temperatura, il livello di ossigeno e altri parametri.

A fine 2019, durante la 35esima spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, le alghe e i briozoi marcati verranno rimossi e i dati degli organismi confrontati con quelli registrati dalle sonde. I risultati potrebbero confermare il ruolo degli scheletri minerali come indicatori del cambiamento climatico. Trattandosi di indicatori biologici, ovvero specie note per la sensibilità ai cambiamenti dell’ambiente in cui vivono, questi organismi promotori di biodiversità sono di particolare interesse per la ricerca sul clima.

Antartide, laboratorio a cielo aperto

Al contempo, “la varietà e la straordinaria capacità di adattamento delle specie rendono l’Antartico un ambiente ideale per questi studi di tipo adattativo”, spiega in un comunicato Chiara Lombardi, ricercatrice del Laboratorio di Biodiversità e Servizi Ecosistemici dell’ENEA, che ha concentrato il lavoro su sette specie di briozoi e un’alga corallinacea.

“I briozoi antartici interrompono la loro crescita durante il periodo invernale formando sul loro scheletro una sorta di cicatrice, assimilabile agli anelli degli alberi, dal cui conteggio è possibile risalire all’età della colonia”, prosegue Lombardi.

“Inoltre, attraverso processi fisiologici complessi, questi organismi sono in grado di formare uno scheletro di carbonato di calcio, che contiene all’interno le informazioni relative alle condizioni ambientali in cui si è formato. Grazie alla componente calcarea l’alga rossa corallina, estremamente diffusa sui fondali della Tethys Bay, rappresenta un substrato molto importante per la vita di tanti organismi e, nonostante questa sua struttura apparentemente resistente, è estremamente vulnerabile al cambiamento climatico”.


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Eleonora Degano

Eleonora Degano

Editor, traduttrice e giornalista freelance
Biologa ambientale, dal 2013 lavoro nella comunicazione della scienza. Oggi mi occupo soprattutto di salute mentale e animali; faccio parte della redazione di OggiScienza e traduco soprattutto per National Geographic e l'agenzia Loveurope and Partners di Londra. Ho conseguito il master in Giornalismo scientifico alla SISSA, Trieste, e il master in Disturbi dello spettro autistico dell'Università Niccolò Cusano. Nel 2017 è uscito per Mondadori il mio libro "Animali. Abilità uniche e condivise tra le specie".