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Procreazione Medicalmente Assistita, verso le prime linee guida italiane

La proposta, già approvata dal Ministero della Salute, prevede di adattare le linee guida internazionali. A breve il panel di esperti si riunirà per stilare il primo testo.

Foto: Pixabay

Quello che è successo tra il 25 e il 26 maggio in materia di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) è davvero degno di nota: in sole 48 ore, oltre 500 operatori sanitari di questo settore – che rappresentano circa il 70% dei centri PMA presenti in Italia – hanno firmato la proposta della Società Italiana Riproduzione Umana (SIRU), già approvata dal Ministero della Salute, di dotare anche il nostro paese di linee guida per la PMA, per uniformare una volta per tutte da Nord a Sud i servizi per le coppie nella gestione clinica dell’infertilità.

In particolare la proposta prevede di adattare – e non semplicemente tradurre – al contesto italiano la proposta di Linee guida del National Institute for Health and Care Excellence – NICE (Istituto Nazionale per la Salute e l’Eccellenza nella Cura) inglese, un’istituzione pubblica attiva da 20 anni, che fa capo al Ministero della Salute nel Regno Unito, con una elevata autorevolezza in materia di sviluppo di linee guida cliniche.

Non avevamo delle linee guida: cosa significa?

Non possedere linee guida significa in primo luogo non garantire a tutte le coppie lo stesso percorso di assistenza, che si traduce in spreco di risorse economiche per il Servizio Sanitario Nazionale. A due anni dall’entrata in vigore dei nuovi LEA che comprendono anche la PMA (ne parlavamo qui) non siamo ancora partiti.

“Abbiamo calcolato che una coppia riceve il trattamento di cui ha bisogno circa quattro anni dopo aver iniziato a cercare aiuto, a un’età media di 37 anni” racconta a OggiScienza Antonino Guglielmino, ginecologo e Responsabile Centro Unità di Medicina della Riproduzione di Catania e Presidente della SIRU. “Ci sono persone che arrivano davvero con dei trolley pieni di cartelle con anni di analisi, che chiaramente sono costate migliaia di euro al SSN. Con l’adozione di linee guida valide per tutti, sarà chiaro il compito del medico di medicina generale: verso quale specialista dovrà indirizzare la coppia a seconda delle specifiche esigenze, e quando sarà opportuno l’indirizzamento diretto verso i Centri di PMA”.

Come raccontavamo sempre su OggiScienza, a fare la differenza è sempre l’età della donna. Nelle donne con meno di 34 anni la fecondazione omologa si trasforma in gravidanza in un caso su quattro. Nella fascia 35-39 anni già siamo a un successo su cinque, in quella 40-42 in media le gravidanze si instaurano nell’11% dei cicli e nelle donne con più di 43 anni ci si ferma al 6,3%.

La tutela giudiziaria

L’introduzione di linee guida ha anche un’altra conseguenza: permettere al giudice di dirimere adeguatamente in materia di illecito. “La proposta si colloca all’interno del solco tracciato dalla legge 8 marzo 2017, n. 24, conosciuta come Legge Gelli, che predispone che il medico possa essere condannato solo se non ottempera alle linee guida – continua Guglielmino – che chiaramente non possono essere elaborate da qualsiasi ente, ma che devono essere proposte da una società scientifica e approvate dal Ministero della Salute”.

La necessità di dotarci di linee guida è sentita da tempo fra chi si occupa di PMA, ma non tutti sono d’accordo che la strada giusta sia adattare lavori già esistenti come quello del NICE. L’idea alternativa è partire da zero per mettere a punto linee guida specificamente italiane. Il 22 maggio scorso Quotidiano Sanità pubblicava una lettera della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) e dell’Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani (AOGOI), che si dicevano contrarie alla decisione del SNLG (dell’Istituto Superiore di Sanità) di procedere alla stesura delle Linee Guida della medicina della riproduzione attraverso una semplice traduzione di Linee Guida internazionali con adattamento o meno alla realtà Italiana.

“Lungi dal dover replicare esperienze estere – scrivono – riteniamo che l’Italia sia in grado non solo di stilare per sé le proprie Linee Guida, ma anche di far scuola a livello internazionale”. La settimana dopo giunge la risposta della Società Italiana Riproduzione Umana (SIRU): la proposta di Linee guida delle NICE inglesi è non solo un importante segnale, ma la soluzione più adeguata per vari motivi: per la qualità metodologica e il rigore scientifico delle NICE, perché vengono continuamente aggiornate sulla base di revisioni sistematiche di studi e ricerche, perché sono a maggior garanzia di essere redatte senza conflitti di interessi e perché agganciate a una etica rigorosa della dignità umana.

“Chiaramente le linee guida andranno adattate, dal momento che l’assistenza sanitaria territoriale è strutturata in modo diverso nel Regno Unito e in Italia. Da noi oltre ai Medici di Medicina Generale hanno un ruolo anche i Consultori, che come stabilito dall’articolo 3 della legge 40 si occupano di supporto alla fertilità” continua Guglielmino.

“Dal punto di vista operativo, la proposta della SIRU è già stata approvata dal Ministero e proseguiremo con un panel di esperti, che avranno tre caratteristiche: saranno giovani, con precedente esperienza di attività di revisione sistematica, e privi di qualsiasi conflitto di interesse. Una volta elaborate le linee guida le consegneremo al Ministero che dovrà deliberare sulla loro entrata in vigore entro 18 mesi. Al di là delle differenze di opinione, si tratta sicuramente di un passo in avanti straordinario in materia di PMA, per rendere finalmente omogeneo un servizio che al momento è ancora disuguale”.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

 

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Cristina Da Rold
Giornalista freelance e consulente nell'ambito della comunicazione digitale. Soprattutto in rete e soprattutto data-driven. Lavoro per la maggior parte su temi legati a salute, sanità, epidemiologia con particolare attenzione ai determinanti sociali della salute, alla prevenzione e al mancato accesso alle cure. Dal 2015 sono consulente social media per l'Ufficio italiano dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.