Il polpo gigante e il tentacolo robotico
All’Acquario di Genova è arrivato un polpo gigante del Pacifico, un ospite d'eccezione che ha ispirato una collaborazione con l'Istituto Italiano di Tecnologia.
Tra Costa Edutainment e IIT (Istituto Italiano di Tecnologia) nasce una collaborazione per portare avanti progetti di ricerca e divulgazione sul tema della biomimetica: ossia l’ispirazione dalla natura per sviluppare tecnologie. A fare da firma a questa importante partnership quinquennale c’è il nuovo spazio espositivo dell’Acquario di Genova dedicato alle Coste del Nord Pacifico.
Un’area che ospita un inquilino d’eccezione, che poche strutture zoologiche possono vantare: il polpo gigante del Pacifico (Enteroctopus dofleini). Accanto alla sua grande vasca, immerso in una teca, si piega e si distende un tentacolo robotico: un prototipo lungo 37 cm e dal diametro massimo di 3 cm, realizzato con materiali siliconici dal laboratorio Bioinspired Soft Robotics dell’IIT di Pontedera (Pisa).
Dal polpo al soft robot
L’Acquario di Genova diventa un laboratorio gigante per la biomimetica. “Certamente la presenza non solo del polpo comune ma anche del nuovo ospite, il polpo gigante, è un’occasione molto importante, vorremmo approfondire lo studio del comportamento, del mimetismo e delle ventose”, spiega a OggiScienza Barbara Mazzolai, direttrice del gruppo Bioinspired Soft Robotics. “La sua sorprendente capacità di cambiare colore è interessante per creare tessuti cangianti; lo studio della sensibilità della sua pelle potrebbe servire per il touch dello smartphone del futuro e ancora il suo braccio soffice ma anche rigido quando contrae i muscoli potrebbe ispirare endoscopi per la chirurgia e terapia mini-invasiva”.
Il polpo è davvero il modello per eccellenza per la Soft robotics, una disciplina recente che fa parte della Robotica bio-ispirata e ha lo scopo di creare dei robot “morbidi”. Se tradizionalmente la robotica si basava su materiali rigidi, come alluminio, adesso la ricerca, ispirandosi alla natura cerca di produrre materiali i più simili a quelli naturali, addirittura che abbiano proprietà sensoriali. L’obiettivo, infatti, è realizzare robot utilizzabili fuori dalle fabbriche: in ambienti reali, mutevoli, in campagne esplorative o nel campo medico. Ricordate l’alga euglena, modello di studio per la robotica di nuova generazione?
“ln questo il polpo è un modello perfetto”, racconta Mazzolai, “perché non ha strutture rigide, la sua forma varia, ha un’intelligenza distribuita su tutto il corpo ed è dotato di centinaia di ventose. La robotica bio-ispirata è un cambio di paradigma: non è più calare la robotica in un ambiente esterno bensì creare robot adatti a ogni specifico ambiente”. A tal proposito, ciliegina sulla torta, la prospettiva è arrivare a ottenere robot ecosostenibili che siano sempre più ad impatto zero.
Ventose coi peli
La Robotica bio-ispirata esiste da circa una quindicina d’anni, ma è negli ultimissimi tempi che ha conosciuto un boom di interesse e oggi sono tanti gli istituti di ricerca sparsi nel mondo impegnati nell’approfondire come funziona un essere vivente, per poterlo tradurre in una applicazione robotica.
Dalle conoscenze di biologia si passa così ai robot, ma è anche vero il contrario: per arrivare alla realizzazione dei robot si scoprono nuovi funzionamenti della biologia. È il caso delle ventose del polpo, strutture anatomiche che non erano mai state descritte accuratamente con la biologia e che invece grazie all’approccio bioingegneristico – quindi ricostruendo delle ventose artificiali partendo dal modello naturale – ora conosciamo nei minimi dettagli.
“Quello che si è scoperto è che le ventose del cefalopode aderiscono a ogni superficie. A differenza di quelle normalmente usate in commercio – nell’industria e nell’uso domestico – che aderiscono solo a superfici lisce, tali ventose riprodotte aderiscono anche a superfici rugose e non solo in acqua ma anche in olio”. Si aprono scenari interessanti: “Potremmo recuperare oggetti dalle forme e dalle dimensioni irregolari, come dimostriamo col tentacolo robotico in esposizione, inoltre la presa è possibile in alta pressione, in fluidi difficili, in ambienti angusti o confinati”.
Studiando le ventose si è scoperto pure che sono dotate di peli dei quali ancora s’ignora la funzione: potrebbero avere un ruolo sensoriale o adesivo. Le ventose del polpo non hanno nulla a che vedere con quelle dei gechi che funzionano in aria, sfruttando le forze di van der Waals, nel mollusco, infatti, entrano in gioco altri meccanismi: si forma una pressione negativa che genera un’adesione super efficace. “Nei nostri studi abbiamo anche documentato con ecografie cosa succede ai tessuti del braccio del polpo quando si distende, sono capaci di allungarsi più del doppio rispetto alla posizione di riposo”.
Il gigante del Pacifico
Quando si muove il polpo gigante del Pacifico è di uno spiccato rosso scuro, ma per la maggior del tempo ha il colore dell’ambiente su cui si trova. L’esemplare ospite all’Acquario di Genova è un giovane individuo maschio di 7,5 kg, ma in questa specie le dimensioni massime possono raggiungere i 40 kg di peso per 4,5 metri di lunghezza delle braccia. Sono otto e sono dotate complessivamente di 2000 ventose: essendo ricche di recettori tattili e chimici, conferiscono al polpo gigante un marcato senso del gusto e del tatto. Di solito questo animale frequenta le acque costiere poco profonde, ma può immergersi fino a 300 metri.
Il nuovo arrivato è tenuto d’occhio quotidianamente per scrutare ogni segnale di adattamento o di problema nella sua nuova casa. La vasca ricrea accuratamente l’ambiente del Nord Pacifico, oltre all’imponente parete rocciosa, ricca di anfratti, a fare compagnia al polpo vi sono tante altre specie tipiche dell’habitat, come anemoni, stelle marine, oloturie. Il polpo invece è l’unico della sua specie. La scelta è dovuta al fatto che si tratta di un animale solitario che non tollera conspecifici nel proprio territorio e che va alla ricerca della femmina soltanto per il momento riproduttivo.
Vita da acquarista
Dallo staff acquariologico dell’Acquario di Genova fanno sapere che la vita di un acquarista col polpo è parecchio impegnativa. Per un polpo gigante del Pacifico serve innanzitutto tenere sotto controllo i parametri della vasca. Anche se non si tratta di un ambiente estremo siamo pur sempre in un ambiente molto freddo, la temperatura dell’acqua è tenuta costante sui 10°C mentre la salinità oscilla tra il 28 e il 33‰. Questo significa che i cambi dell’acqua vanno fatti con molta attenzione per evitare riscaldamenti e particolare riguardo deve essere prestato ai batteri utilizzati per la filtrazione della vasca, in quanto l’acqua fredda rallenta la loro crescita.
Le conoscenze maturate dallo staff di Genova in questi diciotto anni in compagnia del polpo comune (Octopus vulgaris) diventano preziose col nuovo cefalopode. I biologi della struttura sono esperti nel prendersene cura, tanto che i polpi si lasciano avvicinare e spontaneamente si dispongono in appositi contenitori per la fase della bilancia. I polpi vengono pesati ogni due settimane, per registrarne la crescita e lo stato di salute. Il polpo si nutre circa ogni due giorni di un mix di crostacei e molluschi pari all’1-2% del suo peso corporeo.
Tra le curiosità sulla gestione tecnica c’è ad esempio il “prato di erba finta” che non deve mai mancare sul perimetro della vasca: costituisce un ottimo deterrente per evitare che il mollusco esca e incorra in pericoli. Per il benessere del polpo, per stimolare le sue capacità e per far sì che gli incontri coi biologi e i veterinari non causino stress, sono molto importanti gli arricchimenti ambientali. Per questo lo staff non manca mai di disporre nella vasca giochi tattili, come bottiglie, scatole di plexiglass e oggetti gommosi che possano suscitare l’interesse dell’animale.
Ai ricercatori del laboratorio di Soft Robotics spettano, quindi, molte sorprese tra i vari ambienti dell’acquario. La partnership sul polpo è solo un trampolino di lancio, ci spiega Mazzolai: l’ampia biodiversità delle vasche espositive offre tantissimi altri spunti. “Ci piacerebbe indagare anche il movimento dei pedicelli del sistema ambulacrale degli echinodermi per fare robot di piante rampicanti, oppure ispirarci alle praterie di posidonia per costruire le prime piante-robot marine, insomma, siamo solo all’inizio di una grande avventura”.
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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia. Fotografia di Bill Abbott – Wikimedia Commons – CC BY-SA 2.0