Produzione di miele e settore apistico: le difficoltà dell’Italia
Secondo l'ISMEA, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare, il calo produttivo nella produzione di miele nella primavera 2019 è di oltre 73 milioni di euro.
Il 2019 dell’apicoltura in Italia è un anno particolarmente difficile. Il clima del nostro paese, quest’anno, è infatti stato caratterizzato da un inverno particolarmente mite seguito da una primavera molto piovosa e da un’estate partita a rilento e caratterizzata da eventi climatici estremi, frutto del riscaldamento globale. Il risultato è stato che, per il 2019, l’Italia ha visto praticamente dimezzata la produzione di miele. La Coldiretti, basandosi su dati ISTAT ha affermato che: “La sola produzione nazionale di miele di acacia e agrumi ha fatto registrare una contrazione del 41% rispetto alle attese”. Per questo, la produzione annuale nazionale risulterà ben al di sotto degli oltre 23,3 milioni di chili del 2018. ISMEA, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare ha pubblicato un report sulla mancata produzione di miele nella primavera 2019. ISMEA stima questo calo produttivo in oltre 73 milioni di euro di danni considerando solo la produzione dei mieli di acacia e di agrumi. Ma quanto miele viene prodotto solitamente in Italia e in Europa e quanto invece viene importato?
La produzione di miele in Italia e nel mondo
In Italia circa il 65% degli apicoltori produce miele per autoconsumo, mentre il 35% ha una partita IVA e si occupa delle api come attività lavorativa. L’Italia produce soprattutto due tipi di miele: quello di acacia, tipico delle regioni del nord, e miele di agrumi, nelle regioni del sud. Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna sono le regioni italiane più produttive.
Fonte: Anagrafe Nazionale Zootecnica
Il nostro paese si posiziona al quarto posto in Unione Europea per numero di alveari (1,5 milioni), dopo Spagna (2,9 milioni di alveari), Romania e Polonia (rispettivamente 1,8 e 1,6 milioni di alveari). La resa di ogni alveare però è diversa da stato a stato. Per esempio, in Germania un alveare può rendere fino a 35 chili di miele annui, mentre in Grecia la resa è di circa 9 chili.
Fonte: Unione Europea
L’Unione Europea, che produce circa 234 mila tonnellate di miele l’anno è autosufficiente per il 60%, mentre il restante 40% richiesto dai consumatori viene importato dall’estero. Il maggior esportatore mondiale è la Cina, che occupa ben il 29% del mercato totale con le sue esportazioni. Il miele cinese ha iniziato recentemente a trovarsi anche sulle tavole dei consumatori italiani. La Coldiretti informa che, a differenza del miele italiano, quello cinese è prodotto anche a partire da OGM, vietati invece per la produzione di miele nostrano.
A livello continentale è pertanto l’Asia il maggior produttore di miele, con il 49% della produzione globale, seguita dall’Europa, con il 21% e dalle Americhe, con il 18%.
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Fonte: ISMEA
Stati Uniti e Germania sono i principali importatori. L’Italia si colloca al quinto posto, dietro anche a Regno Unito, Giappone e Francia: nel 2018 sono state 27.833 le tonnellate di miele importate dal nostro paese.
L’Italia arretra, ma la Cina traina il mondo
I danni registrati quest’anno in termini economici sono rilevanti per l’Italia, con una perdita secondo ISMEA di 10mila tonnellate di miele, circa il 40% della produzione media annua attesa, per una riduzione del guadagno di circa 73 milioni di euro. A ciò vanno aggiunte le spese che gli apicoltori hanno dovuto sostenere per nutrire le api, che non potendosi nutrire per via delle condizioni meteo avverse hanno non solo prodotto meno miele, ma non hanno nemmeno trovato di che cibarsi. Le api sono inoltre gravemente minacciate dagli effetti combinati del riscaldamento globale, dell’agricoltura intensiva, dei pesticidi, della perdita di biodiversità e dell’inquinamento: lo afferma la FAO.
A differenza di quanto accade in Italia e in Europa, dal 2009 la produzione di miele a livello globale è aumentata del 23%. Negli ultimi quattro anni si è attestata a 1,86 milioni di tonnellate circa, dato che dovrebbe essere confermato nel 2019. Il trend positivo nell’ultimo decennio è probabilmente guidato dai paesi asiatici, Cina in testa, e non da Europa e Nord America.
Non solo miele: cera, propoli e pappa reale
Il lavoro delle api utile per l’essere umano non si limita alla produzione di miele. Questi piccoli e laboriosi insetti ci offrono anche la pappa reale, la propoli e la cera, che viene utilizzata nell’industria alimentare e nella cosmetica. La pappa reale, il cui nome tecnico è gelatina reale, è il nutrimento che viene somministrato alle larve fino al loro terzo giorno di vita. Alle larve che invece diventeranno regine la pappa reale sarà offerta per tutta la loro vita, consentendo alle stesse di assumere dimensioni decisamente più grosse rispetto alle altre api e anche di vivere molto di più rispetto a loro. Secondo Copait, la pappa reale ha importanti proprietà antibatteriche, rendendosi utile anche per la salute umana. Questo prodotto ha un costo stimato di 650 euro al chilo (fonte: Informamiele). La propoli, che l’uomo utilizza per le sue proprietà antinfiammatorie, è prodotta dalle api aggiungendo cera, polline ed enzimi alla resina che raccolgono dalle piante. Essa viene utilizzata per sigillare l’arnia, come materiale da costruzione e per mummificare i cadaveri di insetti e api che muoiono all’interno dell’arnia. La propoli ha un costo che si aggira sugli 80 euro al chilo.
L’importanza delle api e l’azione dell’UE
Il sodalizio tra essere umano e api ha circa 9000 anni. Le api svolgono un ruolo fondamentale dal punto di vista biologico: nutrendosi del nettare dei fiori, piccole particelle di polline rimangono impigliate nelle loro zampe e vengono così trasportate dagli insetti stessi da pianta a pianta dando luogo al processo dell’impollinazione, a cui contribuiscono anche farfalle, pipistrelli e uccelli. Secondo la FAO “delle 100 specie di colture che forniscono il 90 % di prodotti alimentari in tutto il mondo, 71 sono impollinate dalle api”. Le api si occupano circa dell’80% circa dell’impollinazione dei campi e delle piante selvatiche, contribuendo per un valore stimato di 22 miliardi di euro all’agricoltura europea. Per questo motivo, l’incremento della mortalità delle api ha portato l’Unione Europea a stanziare fondi per incentivare l’apicoltura. Rispetto al triennio in corso, nel periodo 2020-2022 si prevede un aumento dell’11% dei finanziamenti, per un totale di 240 milioni di euro a supporto del settore.
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