AMBIENTEIN EVIDENZA

Coronavirus e riduzione dell’inquinamento in Pianura Padana

Cambiano le nostre abitudini e i mezzi di trasporto in circolazione. Così con la quarantena cambia anche la qualità dell'aria.

È da fine febbraio che l’Italia sta affrontando la drammatica emergenza sanitaria legata alla pandemia di Covid-19. Dall’11 marzo tutta l’Italia è “zona rossa” e il governo sta emettendo periodicamente decreti che limitano la libertà di movimento in modo sempre più significativo. Uno degli effetti di questi decreti è ben visibile nei valori dell’inquinamento ambientale: la riduzione drastica degli spostamenti (di cui abbiamo parlato qui) e delle attività umane hanno causato un calo delle emissioni del biossido d’azoto (NO2) in Pianura Padana. Si tratta di una diminuzione significativa: secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), la diminuzione nelle regioni del Nord Italia sarebbe tra il 40 e il 50%.

Fonte: Copernicus

Come possiamo cogliere intuitivamente da quest’immagine, e anche secondo dati elaborati dall’SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente) grazie alla collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e il Programma Europeo Copernicus, possiamo notare che “L’andamento dei valori mediani, un indicatore robusto per esaminare l’andamento complessivo, evidenzia una progressiva riduzione dell’inquinamento diffuso, a partire dalle restrizioni imposte in Lombardia e Veneto. I valori mediani di tutte le stazioni di quest’area sono progressivamente passati da quantità comprese tra 26 – 40 microg/m3 nel mese di febbraio a 10 – 25 microg/m3 nel mese di marzo, con una riduzione dell’ordine del 50%” (Fonte: ISPRA).

Anche l’ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha diffuso un video particolarmente significativo che mostra da satellite la differenza dell’inquinamento prima e dopo le misure restrittive per arginare la diffusione della pandemia.

I dati di Emilia Romagna e Veneto

Riassunti nei grafici i dati parlano chiaro: per quanto riguarda i livelli di concentrazione di polveri fini (PM10) e il Biossido d’azoto (NO2) la riduzione è significativa. Relativamente al PM10, ovvero il particolato sospeso nell’aria, in Emilia Romagna si passa da una media giornaliera spesso superiore a 80 µg/m3 per il periodo di metà febbraio nelle città di Parma, Reggio Emilia e Modena a una media di 5, 17 e 18 µg/m3 per la giornata del 23 marzo. In Veneto la situazione non è molto dissimile: se in febbraio Verona, Vicenza e Padova registravano oltre 50 µg/m3 medi al 23 di marzo nelle stesse città si hanno valori decisamente inferiori (19,14 e 21 µg/m3).

La presenza di biossido di azoto nell’aria, un inquinante che si genera nei processi di combustione, risulta drasticamente calata in Emilia Romagna se confrontiamo i dati delle stazioni di monitoraggio di febbraio con quelli di marzo. Mentre nei dati di febbraio a Imola e a Rimini vengono superati i 100 µg/m3, gli 80 µg/m3 a Modena e i 60 µg/m3 a Piacenza, nella mappa relativa al 23 marzo la situazione è decisamente diversa. Non ci sono dati oltre il 100 e il dato più alto è registrato a Modena (66 µg/m3).

In Veneto vediamo allo stesso modo una riduzione: il dato più alto che si era verificato il 17 di febbraio era a Vicenza, che presentava una massima oraria di 90 µg/m3. A più di un mese di distanza, il 23 marzo nella stessa stazione di monitoraggio il dato registrato è di 26 µg/m3. Significativi anche i dati di Treviso: 73 µg/m3 di febbraio contro 19 µg/m3 di marzo.

È però necessario segnalare che l’Arpa Veneto mette in guardia dall’utilizzo di questi dati. In un comunicato del 24 marzo, l’ente segnala infatti che il Particolato PM10 è emesso maggiormente dal riscaldamento civile, che non è certamente diminuito in tempo di Coronavirus. In realtà queste emissioni dovrebbero addirittura aumentare, dal momento che le persone sono costrette in casa. Una parte delle emissioni di PM10 è però di origine secondaria, e proviene da inquinanti quali gli ossidi di azoto e l’ammoniaca da traffico, che ragionevolmente si è ridotta. In merito agli ossidi di azoto inoltre l’Arpa Veneto segnala che “le concentrazioni di ossidi di azoto potrebbero essere state influenzate, oltre che dalla riduzione delle emissioni da traffico, anche dalle condizioni dispersive dell’atmosfera in seguito ad episodi di instabilità meteorologica”.

Sebbene quindi i dati siano piuttosto eloquenti relativamente a un evidente calo di alcuni inquinanti nell’aria, dobbiamo fare molta attenzione e utilizzare delle serie di dati sufficientemente lunghe che consentano di prescindere dall’effetto delle condizioni meteorologiche.

Nonostante queste precisazioni, è lo stesso Ente che pubblica questi grafici:

Fonte: ARPAV

e afferma: “le concentrazioni giornaliere si sono progressivamente ridotte a partire dal 24 febbraio scorso, data di inizio delle restrizioni per l’emergenza per il COVID-19”.

La situazione in Lombardia

Come ha riportato anche il New York Times, una ricerca dell’Università Bocconi sulla città di Milano ha fatto emergere importanti cali di inquinanti nell’aria del capoluogo Lombardo. Secondo lo studio del prof. Marco Percoco, dall’inizio delle limitazioni le concentrazioni di PM10 e PM2.5 sono state del 30% minori rispetto al trend storico di questo periodo dell’anno, e le emissioni di biossido di azoto (NO2) sono calate del 13% se confrontate allo stesso mese degli anni precedenti. Per quanto riguarda le altre province della regione, vediamo una sostanziale diminuzione di livelli medi di PM10 tra febbraio e marzo. Mantova è passata da 85 µg/m3 del 17 febbraio a 15 µg/m3 del 23 marzo; Varese ha un calo molto simile: da 81 µg/m3 a 20 µg/m3. Monza, Bergamo, Brescia e Lecco sono le altre città con dei valori sopra 65 µg/m3 a febbraio e sono tutte passate ad avere valori inferiori o uguali a 20 µg/m3.

Anche relativamente al biossido di azoto vediamo una notevole diminuzione in tutti i casi: Monza, Como e Brescia hanno dimezzato i loro valori e in tutti gli altri casi si è verificato un calo significativo di questo tipo di inquinante nell’aria.

In principio fu la Cina

Il primo paese in cui c’è stata una notevole riduzione dell’inquinamento a causa delle misure restrittive dovute al Coronavirus è stata chiaramente la Cina, primo paese dove il virus si è scatenato. Le immagini della NASA che mostrano le concentrazioni di biossido di azoto hanno fatto il giro del mondo:

Fonte: NASA

Secondo Carbon Brief, rivista scientifica britannica, il consumo di carbone nelle centrali elettriche è diminuito del 36%; i tassi operativi per i principali prodotti siderurgici sono diminuiti di oltre il 15%; la produzione di carbone è scesa del 29%; i livelli di NO2 su base satellitare erano inferiori del 37%; la raffinazione del petrolio è stato ridotta del 34%; al loro apice, le cancellazioni dei voli stavano riducendo i volumi globali di aviazione passeggeri del 10%, ma il settore sembra riprendersi, con una capacità globale in calo del 5% rispetto all’anno scorso a febbraio.

In totale, secondo questo studio, le misure di contenimento per il Coronavirus avrebbero ridotto le emissioni di CO2 cinesi per un quarto. Addirittura, secondo Marshall Burke, Professore del Dipartimento di Earth System Science della Stanford University, la riduzione dell’inquinamento e la conseguente migliore qualità dell’aria avrebbe salvato tra le 50 mila e le 75 mila persone in Cina da una morte prematura.


Leggi anche: I numeri delle pandemie nella storia

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Francesca Zanni
Ho frequentato un corso di Giornalismo Culturale e tre corsi di scrittura creativa dopo una laurea in Storia Culture e Civiltà Orientali e una in Cooperazione Internazionale. Ho avuto esperienze di lavoro differenti nella ricerca sociale e nella progettazione europea e attualmente mi occupo di editoria. Gattara, lettrice accanita e bingewatcher di serie TV.