SPAZIO

Accordo Artemis: così cambiano le regole dell’esplorazione spaziale

L'estrazione di risorse dalla Luna e nello spazio nel prossimo futuro, darà il via ad una nuova “corsa all'oro” e a nuovi conflitti tra stati?

Anno 2034. È passato un decennio dal ritorno degli americani sulla Luna ed ora una comunità permanete vive nell’Artemis Base Camp nel cratere Shackleton, al Polo sud. Poco più in là anche la Cina sta allestendo il proprio avamposto. Rover e lander di diverse nazionalità sono sparsi sulla superficie, l’orbita inizia ad essere affollata di satelliti e cubesat per operazioni scientifiche e telecomunicazioni. Capsule spaziali con equipaggio e navicelle cargo, pubbliche e private, fanno regolarmente da spola con la Terra.

Sembrerebbe la trama di un film di fantascienza ma è, invece, la visione piuttosto realistica di quello che potrebbe succedere nelle prossime decadi. In questo scenario il nostro satellite diventerà una risorsa strategica non solo da un punto di vista scientifico ma economico e commerciale.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha già iniziato a preparare la strada per quella che potrebbe diventare una nuova forma di colonialismo, pianificando le mosse necessarie per consentire agli americani la libera estrazione di minerali preziosi ed altri elementi sulla Luna, sugli asteroidi, su altri pianeti e nello spazio in genere.

L’Accordo Artemis

L’Amministrazione Trump sta redigendo delle leggi che autorizzino l’estrazione di risorse in ogni luogo dello spazio e, soprattutto, sulla Luna. Ne ha dato inizialmente notizia l’agenzia di stampa Reuters. Il trattato, noto come Accordo Artemis (Artemis Accords) prende il nome dell’omonimo programma spaziale della NASA che si prefigge di riportare l’uomo sul nostro satellite entro il 2024.

Al momento, la stesura del documento è in fase di bozza e non è stata resa pubblica, né condivisa con i futuri firmatari ma i nodi fondamentali sono trapelati, prima attraverso i media e poi pubblicati sotto forma di linee guida sul sito dell’agenzia spaziale americana:

  • l’Accordo Artemis offrirà regolamentazione e coordinamento per la creazione di uno spazio sostenibile e sicuro;
  • tutte le attività saranno svolte per scopi pacifici in una cooperazione internazionale destinata a rafforzare l’esplorazione spaziale e a migliorare le relazioni tra le nazioni;
  • “trasparenza” sarà la parola d’ordine tra la NASA e le nazioni partner;
  • le missioni dovranno utilizzare standard internazionali per garantire la sicurezza;
  • tutti dovranno fornire assistenza in caso di situazioni di emergenza;
  • i dati scientifici andranno condivisi pubblicamente;
  • i siti storici dovranno essere preservati;
  • La NASA e le nazioni partner dovranno impegnarsi tempestivamente nel rimuovere detriti e rifiuti per una presenza sicura e sostenibile nello spazio.

Tuttavia, oltre a questi principi assolutamente condivisibili, l’Accordo Artemis include anche due punti controversi che stanno già animando un gran dibattito politico, giuridico e popolare.
Il primo riguarda le attività estrattive (o space mining) che non solo saranno utilizzate per garantire risorse alle missioni permanenti ma potranno essere gestite anche da privati per scopi commerciali: in base alle indicazioni, gli stati o le aziende che opereranno nel settore estrattivo potranno possedere legalmente le risorse ottenute.
Il secondo, invece, stabilisce il diritto di dichiarare delle “zone di sicurezza” attorno alle basi e/o agli impianti di estrazione, atte a prevenire eventuali danni ed interferenze da parte di compagnie o stati rivali che operano nelle vicinanze. “Le zone di sicurezza, le cui dimensioni potrebbero variare a seconda dell’operazione, consentirebbero il coordinamento tra diversi attori spaziali senza rivendicazioni di sovranità territoriale”, ha precisato una fonte della Reuters.

Il trattato sarà presto condiviso con una cerchia selezionata di potenziali alleati, definiti “paesi affini”, tra cui Canada, Giappone, Emirati Arabi Uniti e nazioni europee mentre altri, come Russia e Cina, saranno esclusi.

Il contesto

Finora, erano due i documenti giuridici di base sull’utilizzo della Luna ed altri corpi celesti: il cosiddetto Outer Space Treaty o OST (“Treaty on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of Outer Space, Including the Moon and Other Celestial Bodies“) del 1967 ed il Moon Agreement (“Agreement Governing the Activities of States on the Moon and Other Celestial Bodies“) adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979. Al secondo non aderirono né Russia né Stati Uniti, mentre entrambe sottoscrissero l’accordo del ’67 che in questi anni ha rappresentato il vero riferimento normativo.

Tutte e due i trattati promuovono in sostanza gli stessi principi: lo spazio, i corpi celesti e le loro risorse naturali sono un patrimonio comune dell’umanità su cui nessuno può vantare diritti; l’esplorazione deve essere pacifica, a beneficio di tutti e preservare dalla contaminazione la Luna e qualsiasi altro luogo.
In particolare, l’articolo 1 dell’OST precisa che “l’esplorazione e l’uso dello spazio esterno, compresa la Luna e altri corpi celesti, devono essere condotti a beneficio e nell’interesse di tutti i paesi, indipendentemente dal loro grado di sviluppo economico o scientifico […] Lo spazio esterno, compresa la Luna e altri corpi celesti, sarà libero per l’esplorazione e l’uso da parte di tutti gli Stati senza discriminazioni di alcun tipo, sulla base dell’uguaglianza e in conformità con il diritto internazionale”. Tuttavia, evidentemente, se sta nascendo l’Accordo Artemis è perché i trattati storici hanno lasciato alcune questioni in sospeso o libere a varie interpretazioni, come lo sfruttamento delle risorse in loco. La nuova normativa sembra considerare obsoleta la pura attività esplorativa introducendo, bene o male, argomenti che fino a questo momento le potenze mondiali hanno evitato di affrontare.

Il patto sarà rivolto prima di tutto ai paesi che parteciperanno al programma della NASA, come si legge sulla pagina propagandistica del sito dell’agenzia spaziale americana: “Le agenzie spaziali internazionali che aderiranno al programma Artemis lo faranno seguendo gli accordi bilaterali dell’Artemis Accords, che descriveranno una visione condivisa per principi, fondata sull’Outer Space Treaty del 1967, per creare un ambiente sicuro e trasparente che faciliti l’esplorazione, la scienza e le attività commerciali per tutta l’umanità. […] La cooperazione internazionale Artemis mira non solo a rafforzare l’esplorazione dello spazio ma a consolidare le relazioni pacifiche tra le nazioni. Pertanto, al centro degli Accordi Artemis c’è l’obbligo di condurre tutte le attività con scopi pacifici, secondo i principi del Outer Space Treaty”.

Un’introduzione convincente con molti riferimenti al trattato OST, che sembrano voler rassicurare il mondo dopo le recenti affermazioni dell’amministrazione Trump. Il 6 aprile scorso, il Presidente aveva infatti emesso un ordine esecutivo invitando il Segretario di Stato a diffondere l’opinione degli Stati Uniti in materia di estrazione mineraria sulla Luna ed altri corpi celesti. Il documento “Executive Order on Encouraging International Support for the Recovery and Use of Space Resources” afferma:
“Lo spazio è un dominio legalmente e fisicamente unico dell’attività umana e gli Stati Uniti non lo considerano un bene comune. Di conseguenza, spetta alla politica degli Stati Uniti incoraggiare il sostegno internazionale per il recupero pubblico e privato e l’uso delle risorse nello spazio esterno, in linea con la legge applicabile”.
Il Segretario di Stato è altresì incaricato di opporsi “a qualsiasi tentativo da parte di qualsiasi altro stato o organizzazione internazionale di trattare il Moon Agreement come riflesso o espressione del consueto diritto internazionale”.

Per molti, queste dichiarazioni sono una chiara violazione dell’OST, nato sul modello del “trattato Antartico”, il quale fornisce le linee guida sull’utilizzo delle aree disabitate dell’Antartide al fine di evitare rivendicazioni di sovranità territoriale e di regolamentare l’utilizzo pacifico delle risorse nel pieno rispetto dell’ecosistema.
L’Outer Space Treaty afferma infatti che: “Lo spazio, compresa la Luna e altri corpi celesti, non è soggetto all’appropriazione nazionale per rivendicazione di sovranità, mediante l’uso o l’occupazione o con qualsiasi altro mezzo.
[…] La Luna e gli altri corpi celesti saranno usati da tutti gli Stati parte del Trattano esclusivamente per scopi pacifici.”

Per altri, invece, non ci sarebbe alcuna contraddizione tra l’OST e l’Accordo Artemis perché il primo si riferisce alla sovranità intesa come acquisizione di un territorio, mentre il secondo propone concetti simili a quelli che regolano la pesca in alto mare, dove le acque non appartengono a nessuno ma lo sfruttamento delle risorse e le attività commerciali non sono vietate. Inoltre, dal punto di vista di Trump, non c’è alcun rinnegamento dei precedenti trattati perché se nessuno può possedere la Luna, nessuno può contestarne l’utilizzo.

Di sicuro, i giuristi esperti di diritto internazionale avranno su cui dibattere nei prossimi mesi e anni. La mossa degli Stati Uniti potrebbe creare una sorta di limbo dove tutto può essere giusto e tutto sbagliato ma certamente sta obbligando il mondo ad affrontare un tema che presto potrebbe diventare un problema.

Il presidente degli Stati Uniti ha sempre mostrato un certo interesse per lo spazio. Pochi mesi dopo la sua elezione aveva firmato la prima direttiva spaziale del suo mandato (Space Policy Directive-1) con la quale spingeva formalmente la NASA a portare di nuovo gli esseri umani sulla Luna, per proseguire poi con l’esplorazione di Marte. Sono seguite altre tre direttive: due mirate a semplificare la regolamentazione dello spazio commerciale e i protocolli per il controllo del traffico spaziale; l’altra, un po’ più stravagante, ha richiesto la formazione della US Space Force come costola dell’Aeronautica Militare Americana, incaricata di sviluppare e testare nuove tecnologie e migliorare la sicurezza nazionale nello spazio.

Gli esclusi

Come abbiamo visto, Russia e Cina non rientreranno tra firmatari dell’Accordo Artemis.
La prima, per il momento, non sarà coinvolta ha riferito un portavoce del Pentagono perché “Mosca è sempre più ostile nel compiere minacciose manovre orbitali verso i satelliti spia statunitensi in orbita terrestre”. Oltre ai conflitti politici sulla Terra, le scaramucce spaziali sono piuttosto frequenti. Lo scorso 15 aprile, ad esempio, la Russia ha eseguito un nuovo test missilistico anti-satellite (DA-ASAT) provocando l’ira degli americani che lo hanno considerato “un altro esempio del fatto che le minacce agli Stati Uniti e ai sistemi spaziali alleati sono reali, gravi ed in crescita”. Ma dimostrazioni di nazionalismo e atti simbolici a sfondo politico fanno già parte della storia dell’esplorazione spaziale, basti pensare all’acceso dibattito che scatenò la bandiera americana piantata sul suolo lunare in occasione dello storico allunaggio del 1969.

Dall’altra parte, la Russia non ha visto di buon occhio l’accordo Artemis e se da un lato la diplomazia si è messa al lavoro, non sono mancati i commenti risentiti.
Dmitry Rogozin, politico e attuale direttore generale dell’agenzia spaziale russa Roscosmos ha commentato su Twitter (con riferimento alla coalizione multinazionale in Iraq organizzata dagli americani per abbattere il regine di Saddam Hussein):
“Il principio di invasione è lo stesso, che si tratti della Luna o dell’Iraq: così è iniziata la creazione di una “coalizione dei volenterosi” e quindi, aggirando le Nazioni Unite e persino la NATO, se queste si oppongono al progetto e avanti verso il proprio obiettivo. Da tutta questa storia ne può uscire soltanto un altro Iraq o Afghanistan”.

Sergei Savelyev, vice-capo del Roscosmos, ha aggiunto che “Ci sono già stati esempi nella storia in cui un paese ha deciso di iniziare a impadronirsi di territori nei propri interessi e tutti ricordano come è andata a finire”; mentre Sergei Ryabkov, viceministro degli Esteri russo, ha affermato “Continua la linea che gli Stati Uniti perseguono sulla Terra: chi non è con noi, è contro di noi”.

Ciò nonostante si sta cercando di trovare una soluzione.
Secondo una recentissima notizia battuta dalla TASS, il Roscosmos ha invitato la leadership della NASA a Mosca per discutere dei futuri progetti ma l’incontro ancora non è stato confermato. Savelyev ha osservato che negli ultimi anni i canali di comunicazione diretti tra le due agenzie spaziali si sono notevolmente ridotti: “invece di discutere di dozzine di progetti di reciproco interesse, tutto si riduce a consegnare gli astronauti alla Stazione Spaziale Internazionale come parte del programma con equipaggio o a consegnare motori RD-180/181 russi agli Stati Uniti”. Una risoluzione positiva sarebbe un vantaggio per tutti perché “i progetti ambiziosi legati all’esplorazione della Luna potrebbero diventare un fattore serio di attrito tra due paesi in tempi difficili“.

Così, mentre per gli Stati Uniti e la Russia c’è qualche speranza di dialogo, per quanto riguarda la Cina la situazione è molto più complessa perché in America già esistono molte restrizioni sulle collaborazioni con il governo di Pechino. Nel 2011 era stato introdotto un testo ad hoc nella legislazione americana, noto come “Emendamento Wolf “, il quale limita pesantemente ogni forma di cooperazione con la Cina ed Enti legati al governo cinese.


Leggi anche: COVID-19, l’impatto della pandemia sull’esplorazione spaziale

Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Elisabetta Bonora
Romana, ligure di adozione. Nella vita professionale mi occupo di web, marketing & comunicazione a 360 gradi. Nel tempo libero sono una incontenibile space enthusiast, science blogger ed images processor, appassionata di astronomia, spazio, fisica e tecnologia, affascinata fin da bambina dal passato e dal futuro. Dal 2012 gestisco il sito web aliveuniverse.today, dal 2014 collaboro con diverse riviste del settore e nel 2019 è uscito il mio primo libro "Con la Cassini-Huygens nel sistema di Saturno". Amo le missioni robotiche.... per esplorare nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare laddove nessun uomo è mai giunto prima! Ovviamente, sono una fan di Star Trek!