RICERCANDO ALL'ESTERO

Come il nostro cervello dà un significato al mondo

La percezione sensoriale non nasce solo a livello dei neuroni ma è data dall'integrazione di informazioni provenienti da diverse zone del cervello e da diversi strati della corteccia cerebrale.

La percezione del mondo che ci circonda è un processo che coinvolge miliardi di neuroni, i quali rielaborano i segnali acquisiti dai nostri sensi (luci, odori, suoni, tocchi) e li integrano con le azioni motorie, i nostri ricordi e le conoscenze pregresse.

Sebbene molti aspetti sulla trasmissione dei segnali siano noti, in realtà non è ancora chiaro come il nostro cervello riesca a combinare tutte le informazioni che riceviamo ogni giorno e a rielaborarle per dare un senso all’ambiente circostante.

Luca Godenzini è a Melbourne per studiare l’attività dei dendriti a supporto della percezione sensoriale. I dendriti sono le ramificazioni neuronali che raccolgono i segnali provenienti da altre cellule nervose e li trasportano al corpo della cellula.


Nome: Luca Godenzini
Età: 30 anni
Nato a: Biella
Vivo a: Melbourne (Australia)
Dottorato in: in corso neuroscienze
Ricerca: Modulazione dell’attività dendritica durante la percezione sensoriale
Istituto: Neural Networks Laboratory, Florey Institute of Neuroscience and Mental Health (Melbourne)
Interessi: giocare a ultimate freesbee, musica, stare all’aperto, esplorare i dintorni
Di Melbourne mi piace: è molto giovane, vivibile, c’è di tutto
Di Melbourne non mi piace: è lontana da casa, le distanze enormi
Pensiero: To be a rock and not to roll. (Led Zeppelin)


Qual è la particolarità dei dendriti in relazione alla percezione sensoriale?

I dendriti sono i compartimenti del neurone che ricevono la maggior parte degli input provenienti dalle regioni circostanti ed è proprio la combinazione di questi diversi segnali a causare l’attivazione generale della cellula.
Anche la percezione sensoriale è dovuta a un processo di integrazione di informazioni, da qui è presto spiegato il nostro interesse per queste strutture.

Un altro motivo fondamentale è che i dendriti dei neuroni piramidali presenti nella corteccia sensoriale ricevono diversi tipi di segnali a seconda dello strato di corteccia in cui si trovano.
La corteccia cerebrale, infatti, è caratterizzata da una struttura a strati, impilati e collegati tra loro grazie a diversi tipi di cellule.

In un neurone, i dendriti possono essere in posizione basale, se vicini al corpo cellulare (o soma), oppure apicale, se lontani dal soma; i dendriti apicali possono allungarsi fino agli strati superiori della corteccia dove assumono una caratteristica ramificazione a forma di ciuffo. In genere, i dendriti tuft (tuft=ciuffo in inglese) ricevono i segnali definiti di feedback, ovvero informazioni già presenti all’interno del nostro cervello perché processate da altre regioni cerebrali o parte della nostra memoria. Invece la zona più vicina al soma riceve per lo più informazioni di feedforward, ovvero segnali sensoriali che provengono direttamente dal mondo esterno.
La cosa interessante è che i segnali di feedback e feedforward arrivano in due zone diverse della cellula eppure vengono integrati in modo coerente per dare la percezione di ciò che sta succedendo attorno.

Neuroni della corteccia uditiva di topo al microscopio a due fotoni. Crediti: Luca Godenzini

Come valuti l’attività dei dendriti?

Abbiamo messo a punto una metodologia in grado di registrare in vivo l’attività dei dendriti, sia nella parte apicale sia in quella basale, seppur separatamente, in modo da valutare l’elaborazione neuronale nei singoli compartimenti.

La tecnica usata si chiama Two-photon calcium imaging e consiste in un particolare microscopio, chiamato a due fotoni, che registra la fluorescenza in vivo di sistemi cellulari. Nel nostro caso, la fluorescenza è legata all’ingresso di calcio che si verifica nei dendriti quando ricevono i segnali dall’esterno; gli input sono dati da una serie di compiti che sottoponiamo ai topi durante gli esperimenti.

Uno dei test comportamentali più comuni consiste nel chiedere all’animale di rispondere a una serie di suoni diversi, di cui uno è associato a una ricompensa. Ogni volta che il topo sente il suono della ricompensa deve rispondere leccando una piccola valvola; in caso contrario, deve controllare il suo comportamento e non rispondere in alcuna maniera.

Durante il test, tramite la Two-photon calcium imaging, registriamo l’attività dei dendriti e cerchiamo di correlarla al comportamento del topo.
Se è vero che i dendriti basali processano i segnali sensoriali dell’esterno (feedforward), quello che vedremo è una risposta basale consistente solo in corrispondenza del segnale acustico generico e non in quello legato alla ricompensa. Al contrario, nei dendriti più distali, cioè quelli che ricevono l’attività di feedback, dovremmo vedere un’attivazione solo in corrispondenza del suono che fornisce un’istruzione (leccare la valvola per avere la ricompensa).

L’attivazione dei dendriti cambia durante l’apprendimento?

È uno degli aspetti che voglio indagare. Nei test comportamentali c’è una fase iniziale in cui si insegna all’animale che se a un certo suono risponde leccando la valvola, allora riceve una ricompensa. Se sbaglia, i tempi per iniziare una nuova sequenza si allungano.

Uno degli obiettivi della mia ricerca è capire se c’è un cambiamento nell’attività dei dendriti durante l’apprendimento. L’idea è che gli stimoli sensoriali acquistano importanza durante l’apprendimento e vengono processati dalla corteccia cerebrale in maniera più affidabile.Quali sono le prospettive future del tuo lavoro?

Vorrei riuscire a registrare l’attività dendritica contemporaneamente nei due compartimenti, basale e apicale. Per fare ciò, vorremmo usare un sistema piezoelettrico che permetta all’obiettivo del microscopio di muoversi velocemente mantenendo il fuoco dell’immagine.
In questa maniera si riuscirebbe a diminuire la risoluzione temporale e a registrare un frame sopra l’altro in maniera continuativa, misurando quasi simultaneamente l’attività nei due compartimenti.

Un altro aspetto che mi piacerebbe sviluppare riguarda i dendriti più superficiali e i segnali che processano. Attualmente il mio lavoro è soprattutto sulla corteccia uditiva del topo e vorrei vedere quali sono le zone del cervello che inviano segnali al questa zona della corteccia cerebrale.


Leggi anche: Scoperta un’interferenza cuore-cervello che altera le capacità percettive

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Luisa Alessio
Biotecnologa di formazione, ho lasciato la ricerca quando mi sono innamorata della comunicazione e divulgazione scientifica. Ho un master in comunicazione della scienza e sono convinta che la conoscenza passi attraverso la sperimentazione in prima persona. Scrivo articoli, intervisto ricercatori, mi occupo della dissemination di progetti europei, metto a punto attività hands-on, faccio formazione nelle scuole. E adoro perdermi nei musei scientifici.