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Il contributo silenzioso dei tecnici di laboratorio

Abbiamo raccolto l'esperienza di tre tecnici che ci hanno raccontato il vissuto degli ultimi mesi.

Medici e infermieri sono stati spesso chiamati eroi, negli ultimi mesi, da quando la vita di tutti è cambiata a causa della pandemia di Covid-19. Il cruciale contributo di questi professionisti nell’affrontare un’emergenza sanitaria come quella che stiamo vivendo è un lavoro in sinergia con altre figure delle professioni sanitarie, forse meno note e anche meno visibili. Tra questi ci sono i Tecnici Sanitari di Laboratorio Biomedico (TSLB). Come affermato dalla Federazione nazionale Ordini dei TSRM e delle professioni sanitarie tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione in un comunicato stampa, i tecnici di laboratorio biomedico hanno lavorato giorno e notte per le analisi di laboratorio come gli “esami microbiologici e virologici (il cosiddetto tampone) indispensabili per diagnosi molecolari rapide e affidabili, necessarie al controllo e alla gestione dell’emergenza”. Esattamente come tutti gli altri operatori sanitari hanno dovuto sottoporsi a turni di lavoro massacranti, che in alcuni casi hanno portato anche a vere e proprie sindromi da stress post traumatico.

Uno studio dell’Università dell’Aquila, in collaborazione con l’Università Tor Vergata condotto su circa 1400 operatori sanitari durante il picco della pandemia (27-31 marzo), pubblicato sulla rivista medrxiv, ha segnalato dei dati preoccupanti: tra gli operatori sanitari sono stati riscontrati sintomi da stress post traumatico quasi nel 50% dei casi, e sono state rilevate anche depressione (24%), ansia e insonnia (19%).

La parola ai tecnici

Per approfondire questo tema, e dare voce a chi è stato nominato poco durante l’emergenza, ma che ha svolto un ruolo fondamentale nei duri mesi del lockdown e non solo, abbiamo intervistato tre Tecnici sanitari di laboratorio biomedico che hanno lavorato durante l’emergenza Covid-19. Quello che ne è emerso è un quadro variegato, con vissuti pesonali diversi tra loro.

Andrea Chicco, 25 anni, laureato presso l’Università di Trieste, è Tecnico di Laboratorio Biomedico presso l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina di Trieste e ci ha raccontato come è cambiato il suo lavoro durante l’emergenza sanitaria: “Il mio lavoro è cambiato perché ho cambiato settore. Io lavoro in un laboratorio analisi cliniche di routine: sostanzialmente quando si vanno a fare gli esami del sangue io sono quello che analizza le provette. Durante l’emergenza sono andato a lavorare all’analisi dei tamponi, cambiando non solo settore ma anche colleghi e dirigente. Inoltre, nel primo periodo, il mio lavoro è cambiato anche dal punto di vista dell’orario perché gli straordinari erano all’ordine del giorno. Ora sono tornato alla mansione precedente, ma ho lavorato per l’emergenza Covid-19 nei mesi di marzo, aprile e maggio. Nel primo periodo gli orari di lavoro sono rimasti giornalieri, quindi turno mattutino e pomeridiano poi ci siamo resi conto che c’era necessità di un organizzare turni più strutturati, così abbiamo iniziato a dividerci in rotazioni mattutine, pomeridiane e notturne”.

Anche gli altri due tecnici che abbiamo intervistato, che preferiscono rimanere anonimi e che chiameremo con i nomi fittizi Laura e Marco, hanno vissuto un’esperienza simile. Laura lavora da 19 anni come tecnico di laboratorio, gli ultimi 5 dei quali presso un laboratorio analisi dell’Azienda Ospedaliera di Venezia. Ci ha raccontato che “grazie agli anni di esperienza in biologia molecolare oggi trascorro le mie giornate chiusa in un bunker ad analizzare tamponi; i primi mesi sono stati difficili, poco personale formato, molti campioni da analizzare e turni sette giorni su sette da coprire… Oggi, nonostante la mole di lavoro sia aumentata, riusciamo ad avere un giorno di riposo a settimana. Il numero di campioni da analizzare è in continua crescita e i mezzi a nostra disposizione permettono di analizzare circa 500 tamponi al giorno. Con l’inizio delle scuole i numeri stanno raddoppiando”.

Mancanza di personale e mancanza di attrezzature

Tutto questo senza contare l’impennata di casi degli ultimi giorni, come ci racconta Marco: “il numero dei tamponi è spropositato e in continuo aumento. Le strutture non sono attrezzate sia per quanto riguarda il personale addetto sia per quanto riguarda tutte le attrezzature e i reagenti”.

La mancanza di strumentazione adeguata e dei reagenti necessari, almeno nella prima fase dell’emergenza, ce l’ha raccontata diffusamente anche Andrea Chicco: “Abbiamo iniziato processando circa 24 campioni ogni 3 ore. Poi, grazie all’adeguamento tecnologico, e per l’aumento dei tamponi da analizzare, abbiamo ottenuto uno strumento automatizzato altamente performante, che può processare 7-800 campioni in 24 ore. All’inizio dell’emergenza non avevamo questa macchina perché si tratta di strumenti utilizzati soprattutto in centri di virologia.” E continua “inizialmente c’è stata una ‘caccia allo strumento’ perché tutto il mondo voleva questi macchinari, così come i reagenti necessari nel processo di analisi, che nelle prime fasi erano troppo pochi rispetto alla domanda.”

I tecnici di laboratorio hanno insomma vissuto (e stanno ancora vivendo, in alcuni casi) mesi di forte stress e super lavoro. Ma sono stati adeguatamente retribuiti per le ore in più e i turni massacranti? In questo caso le esperienze sono state diverse.

Laura ci ha raccontato che “durante il periodo di Emergenza ci sono stati riconosciuti dei premi sulla base delle ore straordinarie effettuate. Purtroppo però il tutto si è concluso con giugno, quando l’emergenza Covid secondo i vertici è rientrata. Sicuramente tra giugno e luglio sono stati chiusi i reparti Covid, ma il lavoro del tecnico non è diminuito affatto”. Marco invece ha sollevato il problema della formazione: “tutto sommato sono stato retribuito correttamente ma ci sono state parecchie lacune dal punto di vista della formazione non adeguata, oltre a dei carichi di lavoro che rasentano l’inumano”.

Andrea ha confermato la retribuzione aggiuntiva: “oltre al mio stipendio base l’azienda sanitaria ha retribuito le ore di straordinario durante l’estate. Abbiamo ricevuto un premio per i nostri sforzi, anche se io ritengo che il premio sia l’aver fatto un buon lavoro.” Il buon lavoro dei tecnici di laboratorio è infatti stato fondamentale durante l’emergenza, e lo sarà anche nei prossimi mesi che si prospettano complicati. I tecnici intervistati ci hanno però voluto ricordare che il loro lavoro è importante in generale, non solo in questa circostanza: “l’80% delle decisioni mediche sono prese su dati di laboratorio”, ha puntualizzato Andrea. Nonostante la soddisfazione nello svolgere un lavoro di così vitale importanza nessuno dei tre tecnici intervistati ha negato che ci siano stati momenti difficili.

Stress, nervosismo e insonnia

“Il carico di lavoro ha provocato in me sintomi da stress, nervosismo e insonnia”, ha raccontato Marco, e la testimonianza di Laura in merito è altrettanto forte: “fortunatamente sono una persona abituata, per esperienze pregresse, a lavorare sotto stress e non ho risentito particolarmente dell’aumento di lavoro. Non nego che all’inizio ho sofferto di ansia e insonnia, ma non legate al lavoro, bensì al carico emotivo che l’emergenza ha creato i primi periodi: telegiornali che parlavano solo di Covid, camion militari che trasportavanoi bare, pazienti che morivano da soli… Ho visto però intorno a me colleghe crollare, sia psicologicamente che fisicamente”.

Andrea ha invece vissuto l’ansia di poter fare di più. “Avevo paura di non aver fatto abbastanza durante il turno, oppure di non essere riusciti a processare i tamponi in tempo, facendo aspettare le persone. Questo mi dava senso di insoddisfazione. Per fortuna ho trovato un ambiente di lavoro molto positivo grazie ai colleghi e al direttore, un ambiente dove nessuno ha mai negato nulla a nessuno, nemmeno quando non mangiavamo, quando eravamo stanchi e non avevamo nemmeno il tempo per andare in bagno. Non è stato facile ma i colleghi sono stati fenomenali e forse senza questa unione tra noi non avremmo ottenuto questi risultati”.


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Immagine: Pixabay

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Francesca Zanni
Ho frequentato un corso di Giornalismo Culturale e tre corsi di scrittura creativa dopo una laurea in Storia Culture e Civiltà Orientali e una in Cooperazione Internazionale. Ho avuto esperienze di lavoro differenti nella ricerca sociale e nella progettazione europea e attualmente mi occupo di editoria. Gattara, lettrice accanita e bingewatcher di serie TV.