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Quanto siamo lontani dai viaggi nel tempo?

Le conoscenze sull'universo che abbiamo oggi sono incomparabili con quelle che aveva a disposizione Einstein. Eppure c'è un aspetto riguardo al quale i progressi latitano: il tempo.

Negli ultimi anni, grazie anche ai risultati sperimentali di astronomia ed astrofisica, abbiamo fatto passi da gigante nel capire com’è fatto l’universo: insomma, quello che sappiamo oggi è incomparabile rispetto a quanto sapeva Einstein mentre elaborava la teoria della relatività (Einstein stesso non riusciva a concepire un universo mobile, in espansione). Eppure c’è una “dimensione” dell’universo su cui sembra non siano stati fatti grandi progressi: ovvero il tempo.

Abbiamo intervistato Angelo Bassi, professore all’Università degli studi di Trieste e ricercatore nel campo dei fondamenti della fisica quantistica, a cui il New York Times ha recentemente dedicato un lungo articolo e Stefano Ansoldi, docente e ricercatore di fisica teorica presso l’università degli studi di Udine, già vincitore di una borsa di studio Fulbright, specializzato nella ricerca sul tunneling quantistico.

Il nostro scopo? Capire cosa sappiamo di più del tempo, dal punto di vista scientifico, rispetto agli anni in cui il viaggio nel tempo è iniziato a diventare un fenomeno pop (con film come Ritorno al futuro o serie tv come Doctor Who ma anche con le storie di Topolino e Zapotek), o per lo meno agli anni in cui Einstein formulava la teoria della relatività e Shrödinger parlava di gatti dentro a scatole.

“La risposta breve è no”, dice Bassi, “non sappiamo nulla di più sul tempo e la questione su cosa sia il tempo è ancora molto aperta”. Anche Ansoldi ammette che, “a differenza di molti altri ambiti teorici, probabilmente potremmo parlare del tempo con qualcuno che ci ha pensato settant’anni fa e questi non si sentirebbe a disagio”. Eppure, le cose ancora da capire sul tempo non mancano.

Le speculazioni sull’entanglement

Un esempio che ha fatto breccia anche nella cultura popolare, è l’entanglement, ovvero quel fenomeno quantistico per cui una particella che reagisce a una nostra interazione causa una istantanea reazione su una sua particella “gemella”, anche se dall’altra parte dell’universo. Insomma, due sistemi correlati reagiscono in sincrono a una sollecitazione, a prescindere da quanto siano lontani, e questo fenomeno va in palese contraddizione con la relatività: nessuna informazione infatti dovrebbe poter viaggiare a una velocità maggiore della luce, mentre qui la reazione è istantanea. “La meccanica quantistica sfida le distanze temporali e ci dice che la nostra idea dello spazio e del tempo sarà destinata a cambiare” conclude Bassi.

Su quali siano le possibili spiegazioni dell’entanglement, il ricercatore afferma che per ora si può solo speculare: è possibile che spazio e tempo non siano uniformi nell’universo e che esistano perciò dei wormhole in grado di modificarne la struttura e la topologia oppure – ipotesi per alcuni aspetti più elegante e più radicale – spazio e tempo potrebbero non essere dei parametri fondamentali della realtà, ma semplicemente dei nostri modi per interpretarla e rapportarci ad essa”. È l’idea di tempo relazionale, sostenuta con argomenti concreti tra gli altri dagli scienziati Ian Barbour e Bruno Bertotti.

“Possiamo immaginare il tempo come il cambiamento nelle correlazioni tra i componenti di un sistema. Questo ci dice che di tempi potrebbero esisterne più di uno. In alcuni sistemi che non hanno correlazioni particolari per assurdo non sarebbe possibile definire un concetto di tempo, mentre in un sistema complesso, come un essere umano o un ecosistema, dove le relazioni non sono banali prendendo un elemento come riferimento si riesce ad arrivare a un concetto di tempo per tutto il sottosistema. Potrebbe non essere vero che esiste un solo tempo, un tempo assoluto. Per un sistema vivente diverso da quello biologico che conosciamo noi potrebbe essere che il concetto di scorrimento del tempo abbia una valenza molto diversa rispetto al nostro” conclude Ansoldi.

Scorciatoie che allungano la strada

Tornando ai wormhole, ormai da decenni nella cultura popolare, cosa possiamo dire?

“Anzitutto sono degli oggetti teorici – dice Ansoldi – come lo sono i buchi neri. I buchi neri sono un’interpretazione, una conseguenza che ci ha messo molto tempo ad essere accettata, della prima soluzione delle equazioni di Einstein. Abbiamo molte evidenze che lo spazio-tempo in alcuni oggetti è molto simile a quello che vedremmo in un black hole e, se per assurdo, domani scoprissimo che i buchi neri non esistono tra i fisici ci sarebbero più persone sorprese di quelle non sorprese, ma quello che possiamo dire, dopo decenni di dibattiti, è che nella comunità scientifica c’è un’opinione prevalentemente accettata su cosa vuol dire quella soluzione (cioè buco nero). Il concetto di wormhole è una leggera estensione di questa idea, entrato nella discussione qualche anno dopo”.

Un wormhole sarebbe un entità in grado di perforare l’universo (esattamente come un cunicolo di un verme dentro la mela) mettendo così in comunicazione due regioni di spazio o di spazio tempo lontane, se osservate con gli occhi della fisica classica. La maggior parte dei racconti di fantascienza prevede siano attraversabili, per essere interessanti, cosa tutt’altro che scontata: si suppone siano particolarmente “fragili”, inclini a perdere stabilità al minimo turbamento esterno.

“Le soluzioni che prevedono wormhole stabili possono essere realizzate solo nella fisica quantistica” prosegue Ansoldi “e una proprietà che dovrebbero avere necessariamente i wormhole per essere attraversabili, secondo la teoria, è una densità di energia negativa, concetto che nella fisica classica non esiste; però, forse, particolari processi quantistici potrebbero generare densità di energia negativa per brevi istanti”. Quindi abbiamo una soluzione matematica, ma che fa a pugni con la fisica, almeno con quella che noi conosciamo; “è un po’ come scrivere un’equazione per progettare un automobile che alla fine risulta avere una massa negativa. Matematicamente la soluzione c’è, ma nella fisica che per ora abbiamo osservato, no”. E in effetti nessuna azienda è in grado di produrre automobili a massa negativa.

Quello che fanno alcuni ricercatori oggi è invece cercare di aggirare la presenza di questo strano ingrediente – la densità di energia negativa – costruendo modelli più sofisticati che, combinando altri ingredienti, apparentemente più naturali, ne possano fare a meno. Anche Bassi è piuttosto scettico sui wormhole e sulla possibilità che consentano di viaggiare nel tempo. “Per come è fatto il nostro universo forse si possono immaginare dei wormhole che conducono nel futuro, ma nessuno – anche per questioni puramente termodinamiche – che porti al passato. I viaggi nel tempo sono previsti da diversi modelli matematici (Gödel ne aveva creato uno ad esempio), ma sperimentalmente è stato dimostrato che il nostro universo non assomiglia a quegli universi”.

“Alcuni recenti modelli di wormhole attraversabile, poi, non fanno nulla di così fantastico” chiosa Ansoldi “ anzi… per assurdo, attraversare il wormhole dal punto di ingresso a quello di uscita richiederebbe di percorrere una distanza superiore a quella che si impiegherebbe a muoversi attraverso lo spazio normale, classico”. Ciò non vuol dire che non esistano possibilità teoriche o che la questione non si stia studiando: studi come traversable wormholes in four dimensions descrivono tentativi di creare configurazioni che, sebbene non perfettamente stabili, permettono all’osservatore di passarci attraverso.

Matrioske e giorni della marmotta

Passiamo a un altro protagonista della cultura pop, il loop temporale, ovvero la possibilità che una persona – o un gruppo di persone – rimanga più o meno volontariamente incastrata in un ciclico rivivere di una stessa situazione, giornata, ecc. Un po’ quello che succede nel classico film Ricomincio da capo o in fortunate serie tv come Russian Doll o Tales from the loop.

“Dal punto di vista tecnico, i personaggi di un racconto di fantascienza che sono coinvolti in un loop temporale, si muovono su una curva tempo chiusa: un certo tipo di soluzioni che esistono in relatività generale prevedono che anche il nostro universo si evolva su una di queste curve chiuse. Se così fosse l’universo ciclerebbe continuamente: a un certo punto della sua storia l’universo ripasserebbe attraverso la stessa configurazione e da lì si evolverebbe sempre nello stesso modo. Dall’orbita di un pianeta alle interazioni tra galassie ai nodi dei lacci delle scarpe che porto in questo momento tutto sarebbe identico. Senza possibilità di cambiare nulla” spiega Ansoldi.

L’idea ha delle implicazioni filosofiche non indifferenti: se un giorno scoprissimo che l’universo si muove su una curva tempo chiusa significherebbe che tutto è predeterminato ed è destinato ad accadere all’infinito, sempre nello stesso modo? Anche quando si tratta di giocare con la fantasia, Ansoldi è molto rigoroso: “sappiamo che le rappresentazioni matematiche sono sempre approssimazioni della realtà, la soluzione matematica normalmente è vera, magari anche con grandissima approssimazione alla realtà, ma è sempre approssimata e quindi su questo ci si può giocare….

Se l’evoluzione non fosse perfettamente chiusa, quindi, ci potrebbero essere degli effetti non deterministici, cosa che funziona in qualsiasi modello fisico o quasi, alla fine. L’universo potrebbe ritornare al proprio stato di partenza con una leggera deviazione, che magari potrebbe essere non trascurabile dopo qualche loop. C’è un margine per turbare un po’ un sistema e magari evitare qualche attentato o qualche guerra”.

Insomma, secondo la fisica anche il loop di lassi di tempo brevi sarebbe da escludere, al massimo potremmo considerare l’intero universo come una gigantesca macchina del tempo che periodicamente ritorna a un suo punto di partenza.

Creare uno spazio-tempo tutto nostro

Esiste però la possibilità, almeno teorica, di plasmare e modificare lo spazio tempo. “Immaginiamo un pallone da calcio che si sgonfi, come una sfera perfetta.” esemplifica Ansoldi. “A un certo punto quando questo pallone diventa molto molto piccolo, così piccolo che la fisica quantistica gli dà possibilità di evolversi in modi differenti da quelli classici, è possibile che, attraverso quello che è chiamato effetto tunnel, il nostro micropallone faccia puff! Scompaia dal nostro spazio tempo, ne crei un altro dove si evolverà – come forse ha fatto il nostro universo all’inizio della sua storia – lasciando un buco nero visibile nell’universo di partenza. Queste soluzioni sono potenzialmente possibili, esistono formalmente, non sono contrarie alle equazioni che descrivono la dinamica di alcuni sistemi che hanno proprietà quantistiche in fisica della relatività generale”.

“Uno dei miei ambiti di ricerca è capire fino a quanto queste soluzioni sopravvivano se diamo una descrizione del fenomeno veramente accurata. Immaginando questi processi facciamo delle approssimazioni: prima abbiamo immaginato una palla che si sgonfia come una sfera che si rimpicciolisce, ma qualsiasi bambino abbia giocato in giardino tra le rose sa bene che in natura il processo di sgonfiamento di una palla è molto diverso e molto più complicato. Se siamo un po’ più stringenti, se siamo più rigorosi e rendiamo più precise le approssimazioni che abbiamo fatto per avere dei modelli matematici più semplici, rimane vero che questo processo può avvenire? Se la risposta è sì di colpo abbiamo tutta una serie di possibilità che si aprono che sarebbero altrimenti precluse. In queste nuove regioni di spazio-tempo create attraverso processi quantistici, potrebbero esistere dimensioni diverse dalle nostre, tempi diversi dai nostri, magari anche più tempi contemporaneamente…anche se tutto questo riesce molto difficile da immaginare”.

Gatti con intollerabili comportamenti quantistici

“Tutta questa serie di esempi ci suggerisce che l’immagine del tempo che abbiamo dovrebbe essere un po’ cambiata… Anche l’idea della freccia del tempo potrebbe essere una nostra semplice percezione. Abbiniamo ‘per comodità’ il passare del tempo alle trasformazioni termodinamiche: chiaramente questa idea, quello che sperimentiamo noi nella vita di tutti i giorni sul tempo non è del tutto sbagliato, con un minimo di realismo. Ma generalizzare, ampliare il concetto di tempo può essere utile allo scienziato per comprenderlo meglio e per comprendere meglio, in genere, una realtà complessa” conclude Ansoldi.

La stessa meccanica quantistica, che potrebbe mettere in moto trasformazioni dello spazio-tempo sostanziali, dev’essere compresa meglio. “Il punto è che la meccanica quantistica ha un problema e questo problema potrebbe significare dover superare completamente la meccanica quantistica, o perlomeno rivederla profondamente” afferma Bassi. “Il problema è la teoria della sovrapposizione: a livello microscopico ci sono queste sovrapposizioni (un fotone si trova contemporaneamente in due luoghi diversi, fintanto che non viene osservato) che però non compaiono nella vita quotidiana, nonostante la teoria lo preveda”.

Un problema che lo stesso Schrödinger aveva messo in evidenza, con il suo celebre gatto, e al momento non esistono spiegazioni convincenti. Certo, c’è la possibilità che il nostro universo si continui a sdoppiare: è una spiegazione ontologica davvero straordinaria, quella degli universi paralleli – prosegue Bassi – ma verso cui non ho molta simpatia. Porterebbe a dover rivedere la nostra concezione di tutto, ma il suo problema fondamentale è che non esiste una teoria matematica consistente che appoggi quella che appare oggi come una speculazione filosofica: è un programma di ricerca che dev’essere ancora completato e finché non è completato sono chiacchiere, per certi versi”.

“La mia idea” prosegue Bassi “forse poco romantica ma pragmatica, è che il principio di sovrapposizione non sia un principio di natura: è quasi vero , ma man mano che i sistemi diventano complessi, più grossi, lo diventa sempre meno. Quindi i sistemi sono sempre meno quantistici, meno sovrapposti, finché si arriva al gatto di Shrödinger che è troppo grande per comportarsi quantisticamente e quindi si comporterà sempre classicamente e sarà sempre o vivo o morto. Dobbiamo immaginare, anche dal punto di vista matematico, questo principio che lentamente si “rompe”, si deteriora man mano che dal mondo microscopico passiamo al mondo macroscopico. Questo significa una cosa importante però: che la meccanica quantistica non è vera e l’obiettivo ora è dimostrare che è falsa”.

Ma c’è un punto di rottura, di collasso in cui la meccanica quantistica non funziona più? “No” prosegue Bassi “è una transizione continua: la meccanica quantistica, partendo dai sistemi microscopici e andando a crescere è molto vera, sempre meno vera e poi falsa. Non c’è un punto preciso in cui “cade”, ma ci sarà una zona grigia, intermedia, in cui c’è una transizione tra il micro e il macro in cui gradualmente diventa sbagliata.

Il tempo tra scienza e fantascienza

Ma continuiamo la nostra discussione tornando al tempo e alla fantascienza: entrambi gli studiosi si definiscono appassionati o moderatamente appassionati del genere, Bassi parla di quanto siano importanti la letteratura e la narrazione fantascientifica e non per aprirci finestre su altri mondi e sul farci vedere le cose da un’altra prospettiva. Conviene sul fatto che, sebbene le pallottole di Tenet non abbiano nulla di più scientifico della DeLorean di Ritorno al futuro, è cambiato il modo di fornire una plausibilità scientifica: “non sono un esperto ma la fantascienza moderna cerca di essere il più aderente possibile alla scienza, dando dei piccoli strappi in alcuni punti che però fanno crollare la credibilità di tutto. E’ una sfida molto affascinante: essere scientifici e credibili nella non scientificità. Il bravo sceneggiatore rende difficile far capire cosa è scienza e cosa non lo è ”.

Con Ansoldi abbiamo cercato di indagare sul perché i viaggi nel tempo hanno avuto una rifioritura nella narrativa negli ultimi anni: “ormai viviamo in un mondo in cui siamo abituati ad avere tutto sottocontrollo: posso programmare la lavatrice dal lavoro, posso accendere il riscaldamento e mettere a bollire la pasta mentre sono in macchina…banalmente prima degli smartphone, da ragazzi, programmare un appuntamento era qualcosa di complesso. Ora non c’è nemmeno la necessità di programmare, ci si manda un paio di messaggi al volo e ci si trova. Abbiamo un controllo in tempo reale dello spazio e siamo abituati ad avere un controllo in tempo reale su tutto. Il viaggio nel tempo ci permetterebbe di avere un real time control anche sull’ultima cosa su cui non abbiamo il controllo. Nella narrativa di una volta, alla Oliver Twist, i personaggi erano trasportati dalla vita, ci mettevano 40 anni a realizzare un loro progetto, ora probabilmente questo piace di meno”.

Sebbene Ansoldi convenga con Bassi sul fatto che anche nella narrativa attuale l’improbabilità scientifica sia semplicemente mascherata più o meno bene, si sente affascinato dai film che prevedono una visione del viaggio nel tempo meno classica e meno spettacolare e,forse, un briciolo più plausibile dal punto di vista scientifico. “Mi ha incuriosito un film, Galaxy quest, quasi una sorta di parodia di Star Trek, in cui un macchinario permetteva di tornare indietro nel tempo di 3 secondi. Oltre ad essere più originale come espediente narrativo, se proprio dobbiamo volare con la fantasia, dal punto di vista scientifico è un ‘viaggio’ più plausibile di uno di qualche migliaio d’anni: un sistema in tre secondi rimane più o meno immutato. Un po’ come dire: partiamo dalle piccole cose. Sappiamo che è più facile far volare un aereo di carta che un’astronave: certo, con l’astronave posso fare molte più cose, ma riuscire a fare volare un aereo di carta è già un inizio”.

Quindi non è cambiato niente, rispetto al 1916? Il tempo si è fermato?

“Il tempo è rimasto immutato nelle nostre teorie perché prima di tutto è una questione molto difficile. Da un lato ci sono molti problemi che vanno risolti prima. Se io faccio una teoria in cui il tempo lo tratto normalmente, quella teoria bene o male funziona. Se invece parliamo di teorie che prevedono la gravità quantistica, se uno vuole quantizzare la gravità deve quantizzare anche lo spazio e il tempo, ma qui entriamo in un dominio in cui cui veridicità e il significato fisico delle teorie non sono chiari. Non è chiaro cosa significhi quantizzare lo spazio e il tempo. Quindi le teorie che si usano, che i fisici usano quando fanno esperimenti, sono tutte teorie con il tempo classico, perché, ancora oggi, è troppo difficile capire cos’è il tempo”.


Leggi anche: La fisica dell’informazione nei sistemi quantistici

Pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

Immagine: NASA

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Carlo Rigon
Di formazione umanistica, ha conseguito il Master in Comunicazione della scienza presso la SISSA di Trieste. Insegnante, si occupa con scarso successo e poca costanza di tante cose. Tra i suoi progetti più riusciti un "museo del dinosauro giocattolo", ora chiuso.