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Lynn Conway, pioniera dell’informatica licenziata perché transgender

Ingegnera elettronica, Lynn Conway ha contribuito a ridefinire il sistema alla base del funzionamento dei microprocessori, dando il via alla rivoluzione informatica degli anni Ottanta e Novanta

Agosto 1968, uffici IBM di Sunnyvale, California. Gene Amdahl, direttore dei sistemi informatici della società, convoca Lynn Conway, dipendente che ha da poco intrapreso la transizione dal genere maschile a quello femminile. Deve comunicarle che è stata licenziata. I dirigenti della IBM temono che una persona transgender possa attirare l’attenzione dei media e fare “cattiva pubblicità” all’azienda; secondo il responsabile medico, inoltre, la condizione di Conway potrebbe causare “gravi problemi emotivi” ai colleghi.

Cinquantadue anni dopo quel licenziamento, nel novembre del 2020, la IBM ha organizzato un evento online per scusarsi pubblicamente con Conway e conferirle un premio per il suo lavoro pionieristico e rivoluzionario in ambito informatico. Meglio tardi che mai.

Laureata in ingegneria elettronica, Lynn Conway è nota per aver messo a punto un programma in grado di migliorare le prestazioni dei processori e per aver contribuito alla progettazione di un sistema di circuiti integrati complessi, dando il via alla rivoluzione informatica che negli anni Ottanta e Novanta ha portato alla diffusione dei personal computer. 

Modello e punto di riferimento per la comunità LGBTQ+ mondiale, Conway è oggi una tranquilla signora di 83 anni. La sua vita è stata segnata da sofferenze e umiliazioni difficilmente immaginabili, ma anche da grandi soddisfazioni. In un’intervista rilasciata alcuni anni fa ad ABC News, ha dichiarato che vivere “è come costruire ponti; la gente può criticare un ponte quanto vuole, ma finché sta in piedi, sta in piedi”. Il suo ponte non è mai crollato.

I primi anni 

Lynn Conway nasce nel 1938 a Mount Vernon, nello stato di New York. Convive con la disforia di genere sin dalla più tenera età, ma negli anni Quaranta la transessualità è per la maggior parte delle persone qualcosa di incomprensibile e inimmaginabile. La madre e il padre, pur essendo persone colte e intelligenti – lei è un’insegnante, lui un ingegnere chimico – non hanno gli strumenti culturali per comprendere certe “stranezze” del figlio. Lynn è costretta a sopprimere la sua vera identità e ad adeguarsi al ruolo di genere assegnatole dalla società. 

Brillante in matematica e appassionata di tecnologia, a 17 anni si iscrive al MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. In questo contesto, per la prima volta lontana dal luogo in cui è cresciuta e dal controllo familiare, Lynn Conway cerca finalmente di esprimere se stessa. Inizialmente si accontenta di ordinare per posta abiti femminili, che indossa quando i suoi compagni di stanza sono via, ma dopo due anni l’urgenza di modificare anche il suo corpo diventa insopprimibile. Iniziare una terapia sotto controllo medico, però, appare impossibile; all’epoca lo stigma nei confronti delle persone transgender, anche tra medici e psicologi, è molto forte. Conway riesce a procurarsi degli ormoni di nascosto, ma le pressioni psicologiche legate all’impossibilità di uscire allo scoperto senza essere etichettata come una “malata di mente” la spingono a fare un passo indietro.

È l’inizio di un periodo segnato da grandi sofferenze e battute d’arresto. Nel 1959 Conway rinuncia all’idea di effettuare la transizione e lascia il MIT. Per alcuni anni lavora come tecnico elettronico e cerca di trovare un equilibrio in grado di farle accettare un ruolo di genere maschile. Sposa una giovane donna che non sa nulla delle sue tribolazioni, con cui ha due figlie. Nel frattempo decide di riprendere gli studi. Si iscrive alla School of Engineering and Applied Science della Columbia University e nel 1963 si laurea in ingegneria elettronica. L’anno successivo ottiene un incarico all’IBM Research Laboratory di Yorktown Heights, nello stato di New York.

È l’epoca d’oro della ricerca informatica, un periodo di scoperte fondamentali su tanti fronti. Conway lavora in un team che si occupa di sviluppare un microprocessore superscalare ad alte prestazioni. Nel settembre del 1965, lei e gli altri ingegneri che lavorano a questo importante progetto vengono trasferiti nella sede principale della IBM, in California.

La transizione e il licenziamento

Il successo professionale, però, non cambia la sua condizione interiore. Nel 1967 la disforia di genere riemerge con prepotenza e la pone di fronte a un bivio esistenziale: effettuare la transizione ed essere finalmente se stessa, costi quel che costi, oppure suicidarsi. L’istinto di sopravvivenza la spinge a seguire la prima strada. Contatta il dottor Harry Benjamin – uno dei pochi medici specializzati in transessualismo, divenuto noto per il libro “The Transsexual Phenomenon”, pubblicato nel 1966 – e, a distanza di dieci anni dal primo tentativo, riprende le cure ormonali.

All’inizio del 1968 comunica a un supervisore di avere appena iniziato un percorso di transizione di genere “per risolvere una terribile situazione esistenziale” che la coinvolge fin dall’infanzia. I diretti superiori, consapevoli delle sue qualità, si adoperano affinché possa restare in azienda. Le consigliano di prendere un periodo di aspettativa in modo da completare la transizione e tornare al lavoro con la sua nuova identità. Interviene però la dirigenza, che impone il licenziamento

La fine del rapporto di lavoro con IBM provoca, in una sorta di effetto domino, il crollo immediato di tutto ciò che Conway aveva costruito negli anni precedenti. Divorzia dalla moglie (per anni le sarà impedito di vedere le figlie), mentre amici, colleghi e parenti le voltano le spalle. 

Nel novembre del 1968, Conway si sottopone a un intervento chirurgico di riassegnazione del genere. Una volta ultimata la transizione, decide di vivere in modalità “stealth”, cioè di non rivelare a nessuno il suo passato, per evitare di incorrere in ulteriori discriminazioni legate alla sua condizione.

Nuovi traguardi professionali

“Dopo l’operazione ho avuto non pochi problemi a rientrare nella Silicon Valley”, ha dichiarato in un’intervista, “come donna sei totalmente invisibile”.

Nel 1971, dopo diversi tentativi, Lynn Conway riesce a ottenere un nuovo incarico lavorativo. Viene assunta alla Memorex Corporation e due anni dopo entra a far parte del team di programmazione dello Xerox PARC (Palo Alto Research Center), dove guida un gruppo che lavora alla rimodellazione del design dei chip dei computer. Qui dà il meglio di sé. Il suo lavoro sui circuiti integrati su larga scala contribuisce a trasformare in profondità l’informatica. Lei e Carver Mead, professore di ingegneria del Caltech, in un certo senso “reinventano” i microchip. Insieme scrivono un libro che diventa un punto di riferimento nelle facoltà di informatica di tutto il mondo. 

All’inizio degli anni Ottanta, Conway lascia il PARC per entrare a far parte della DARPA, agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, dove segue un programma di ricerca che studia il calcolo ad alte prestazioni per lo sviluppo di nuove tecnologie militari. Nel frattempo si avvicina gradualmente al mondo accademico, dapprima come visiting professor presso il MIT di Boston e poi, dal 1985, come professoressa di ingegneria elettronica e informatica presso l’Università del Michigan. 

Il coming out e le scuse della IBM

Conway non rivela pubblicamente di essere transgender fino al 1999, anno in cui va in pensione. Poco dopo il suo ritiro viene a sapere che la verità potrebbe emergere a causa di una ricerca, condotta da un gruppo di storici, sui primi lavori pionieristici all’IBM. Decide quindi di prendere l’iniziativa e, a distanza di trent’anni dall’intervento di riassegnazione di genere, fa coming out come donna transgender. “È stato enormemente liberatorio”, dichiara in un’intervista, “mi ha fatto sentire viva”. 

Nel 2000 crea un sito internet per raccontare la sua storia e fornire supporto ad altre persone transessuali e transgender. “Data la persistente invisibilità sociale, l’ignoranza e le superstizioni sulle questioni di genere”, scrive nell’homepage, “ho sentito il bisogno di dare vita a uno spazio in cui fornire informazioni, incoraggiamento e speranza a chi ha affrontato e sta affrontando questo percorso”. Il sito diventa in breve tempo un punto di riferimento per la comunità transgender mondiale e, raccontando le storie di donne e uomini trans di successo, contribuisce a demolire le idee negative e patologizzanti sulla varianza di genere.

Dopo il coming out di Conway e la rivelazione sulle motivazioni del licenziamento, i vertici di IBM non hanno rilasciato alcuna dichiarazione. La strada seguita per due decenni è stata quella del silenzio. “Per tutti questi anni, mi sono chiesta perché l’IBM non si fosse scusata”, ha detto Conway.

Le scuse, molto apprezzate ma decisamente tardive, sono arrivate solo nel novembre del 2020, cinque mesi dopo una sentenza storica in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha sancito che una persona non può essere licenziata per il suo orientamento sessuale o per la sua identità di genere.


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Articolo pubblicato con licenza Creative Commons Attribuzione-Non opere derivate 2.5 Italia.   

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Simone Petralia
Giornalista freelance. Amo attraversare generi, discipline e ambiti del pensiero – dalla scienza alla fantascienza, dalla paleontologia ai gender studies, dalla cartografia all’ermeneutica – alla ricerca di punti di contatto e contaminazioni. Ho scritto e scrivo per Vice Italia, Scienza in Rete, Micron e altre testate. Per OggiScienza curo Ipazia, rubrica in cui affronto il tema dell'uguaglianza di genere in ambito scientifico attraverso le storie di scienziate del passato e del presente.