2050 – Passaggio al nuovo mondo
Un libro per la rilettura della storia recente. Un saggio per spingerci a immaginare un futuro che sta già nascendo, ora.
Siamo nel 1989. Una serie di eventi creano una frattura con il mondo precedente.
Stiamo parlando della caduta del muro di Berlino o le proteste in Piazza Tienanmen. Quello che era sorto dalle macerie del dopoguerra è spazzato via. Incomincia l’era della globalizzazione.
“Vista dal futuro, penso che l’attuale globalizzazione apparirà come l’esperimento sbagliato di un apprendista stregone”.
Ma noi, per fortuna, siamo i testimoni della fine del mondo globalizzato e decentralizzato. L’anno 2020 appena trascorso, segnato dalla pandemia di Coronavirus, è l’inizio di una nuova era.
Ma che tipo di trasformazioni devono subire le classi sociali per poter affrontare le sfide del futuro?
Da qui prende avvio una profonda riflessione sulla nostra contemporaneità che riguarda la società, il potere, la gestione dello spazio e il rapporto con la Natura.
Lo spaccato della società attuale offre un giudizio desolante. C’è un’élite opaca e incapace di visioni, una classe di intellettuali e di creativi disgregata e inefficace al cambiamento e una neoplebe povera e sbandata.
È una società fragile.
La società attuale “prevede un minimo di sicurezza personale fornita dalle istituzioni accanto a forme brutali di dominio imposte dal mercato”.
È una società in cui cambia il rapporto con lo spazio che abita. Lo spazio non è più un luogo, è globale e isomorfo. Esprimono bene questo passaggio alcune parole che ricorrono nella nostra società, come hub, open, sharing e apartheid.
Il saggio “2050 – Passaggio al nuovo mondo” prende le mosse da questa fotografia della società attuale. Pubblicato dalla Società Editrice Il Mulino, nel 2021 è l’ultimo libro di Paolo Perulli.
L’autore, che ha insegnato nelle Università del Piemonte Orientale, Venezia, Cambridge, continua in questo libro un filone di ricerca a lui caro: la sociologia dell’economia.
C’è spazio per l’innovazione?
L’analisi si sviluppa alla ricerca di elementi che possano portare innovazione all’interno della società. È nella classe sociale dei creativi che l’autore ravvisa la speranza di cambiamenti per il futuro. È in questa classe che riscontra i comportamenti più responsabili verso la natura e i beni comuni.
“La classe creativa, in possesso di soluzioni tecnico-scientifiche che oggi «servono» il capitalismo finanziario e digitale, potrebbe rivendicarne una titolarità, ponendosi come portatrice di interesse non settoriale ma generale”
E l’autore invita questa frangia della società a sviluppare un pensiero critico capace di dare una direzione a un pianeta che ne è completamente privo.
La neoplebe è infatti la classe sociale più rappresentata ma è anche quella che sta scivolando sempre più in una condizione di povertà e ignoranza. È una classe che deve essere rieducata e richiamata alla partecipazione.
Il libro dunque è dedicato agli intellettuali, alle persone che occupano posti all’interno delle accademie e ai creativi. Questa classe, oggi individualista e poco organizzata, deve trovare il modo di collaborare e fare emergere idee comuni. In loro viene riposta la speranza dell’autore per costruire un domani migliore.
Nel mondo nuovo, che l’autore immagina, questi soggetti entreranno nei mercati anonimi e nelle burocrazie che oggi ci governano e le cambieranno dall’interno.
Saranno loro gli autori della creazione di una società glocale, caratterizzata dalla partecipazione della società civile a discapito delle élite e da un apertura delle realtà locali verso la possibilità di creare filiere e catene.
Il ruolo della scienza, lo spazio della Natura
In questa rivoluzione sociale ed economica dipinta da Perulli dobbiamo includere anche il rapporto uomo-Natura. Finora abbiamo cercato di imbrigliare la Natura per piegarla alle necessità dell’uomo. Ma i fatti recenti ci hanno dimostrato che la Natura è in grado di prevaricare le nostre catene e le nostre regole.
Né la politica, né la scienza possono occuparsi della Natura. Contro di loro si punta il dito, in quanto responsabili di numerosi soprusi nei confronti della Natura. E quindi a chi va lasciato il compito di ristabilire un rapporto con essa?
C’è una dimensione di responsabilità individuale, dove le nostre scelte sono in grado di cambiare la direzione intrapresa.
Poi c’è un’azione collettiva, in cui l’autore riconosce gli sforzi della Commissione Europea sottolineando però le misure ancora insufficienti per salvarci.
E qui si affaccia il 2050, rappresentato come l’orizzonte degli eventi, in cui si deciderà il destino del nostro Pianeta. Un destino che tanto dipende dalla giustizia sociale, a cui non ha contribuito minimamente la globalizzazione o la retorica delle organizzazioni internazionali.
Un libro fatto per…
Il libro è dunque una profonda riflessione sul nostro tempo. È adatto a chi vuole approfondire le questioni sociali ed economiche per trovare nuovi modi di relazionarci con la Natura.
Sono infatti ricchissime le citazioni e i rimandi a opere precedenti nel campo della sociologia, dell’economia e non solo. È un libro che apre link esterni pur conservando una struttura tradizionale. Se questa è la sua ricchezza è anche la sua complessità. È fatto per un lettore colto e curioso con una spiccata volontà di capire.
Talvolta complesso per le citazioni dense, è alleggerito dagli esempi che riportano alla memoria fatti recenti di cronaca politica, sociale e economica.
È un libro per tutti i creativi che vogliono sporcarsi le mani con la costruzione della società di domani.
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