archivetrapianto di organi

Speciale trapianti: organi in provetta

SPECIALI - (Questo articolo fa parte dello "Speciale trapianti") E ci sono infine le cellule staminali, quelle che hanno destato il maggior interesse nei media e nel pubblico, insieme alla cosiddetta “ingegneria tissutale”. Un connubio che consentirebbe di costruire organi direttamente in laboratorio utilizzando congiuntamente la chimica e le nanotecnologie. Lo scorso anno i ricercatori sono riusciti a dare vita a piccoli organi animali a partire da cellule staminali in laboratorio. Sia per il polmone della Yale University che per il fegato della Wake Forest University di Boston, gli organi non sono stati costituiti però interamente da staminali, ma piuttosto da strutture di appoggio ricavate da materiali plastici o sistemi derivati dalle nanotecnologie ricoperti da cellule come farebbe uno strato di cute. A marzo del 2010 e a giugno del 2011 sono stati effettuati i primi due interventi di trapianto di trachea bioartificiale. Entrambi gli interventi sono stati coordinati dal professor Paolo Macchiarini, esperto italiano emigrato all'estero, oggi in forza al Karolinska Institutet di Stoccolma, e considerati delle vere novità perché si tratterebbe dei primi trapianti al mondo di questo genere. A marzo del 2010 il prof. Macchiarini, insieme ad un'equipe del Great Ormond Street Hospital for Children di Londra, ha trapiantato un'intero tratto di trachea in un ragazzino di dieci anni affetto da una stenosi congenita. La trachea, in quel caso, proveniva da un donatore, ma tutte le vecchie cellule del donatore sono state rimosse dall'organo lasciandone intatta la struttura sulla quale sono state fatte proliferare le cellule staminali ricavate dal ricevente. Si è trattato in pratica di rivestire di cellule epiteliali la struttura cartilaginea, azzerando così il rischio di rigetto

Speciale trapianti: xenotrapianti

SPECIALI - (Questo articolo fa parte dello "Speciale trapianti") Per un attimo agli inizi degli anni Novanta la possibilità di trapianti d'organi provenienti da animali è sembrata realistica, ma le paure più grandi che allora, come oggi, ci ostacolano sono per lo più immunologiche: come poter trapiantare un organo di un animale senza incappare nel rigetto iperacuto (che avviene a poche ore di distanza dall'intervento e causa la perdita dell'organo) e come risolvere il rischio da parte del ricevente umano di contrarre infezioni virali di derivazione animale, quei virus che facendo il cosiddetto salto di specie, in linea teorica possono colpire il paziente rendendo inutile l'intervento e anche diffondersi ad altre persone. Gli studi che sono stati condotti in questi anni si sono focalizzati sui primati non umani e sui maiali, ma, anche se i primati sono molto più simili all'uomo e le speranze di riuscita potrebbero risultare maggiori, non è questa la via che si sta seguendo: “Le uniche tre specie che garantirebbero un cuore a un individuo di una certa taglia – afferma Emanuele Cozzi, responsabile dell'Unità Operativa di Immunologia dei trapianti dell'Ospedale di Padova e direttore scientifico del Consorzio per la Ricerca sul Trapianto di organi, tessuti, cellule e medicina rigenerativa (CORIT) – sono lo scimpanzè, l'orangutan e il gorilla, che, oltre ad essere difficili da gestire dal punto di vista della stabulazione, sono tutte in via di estinzione e quindi protette. I maiali da allevamento convenzionale, invece, vengono generalmente sacrificati per l'alimentazione umana quando pesano 120-150 chili e quindi, scegliendoli per lo xenotrapianto, non si presenterebbe alcun problema di misura