Il secondo volo di avvicinamento della sonda Messenger della NASA rivela un Mercurio più turbolento del previsto
Le osservazioni con i telescopi terrestri e quelle effettuate fra il 1974 e il 1975 dalla sonda Mariner 10 avevano fatto credere agli astronomi che Mercurio fosse un pianeta freddo e morto e composto da minerali molto simili a quelli presenti sulla Luna. L’ultimo volo di avvicinamento della sonda Messenger della NASA (il secondo dei tre previsti prima che il satellite si piazzi definitivamente in orbita intorno al pianeta, nel 2011 – qui si trova il calendario della missione) ha invece svelato una superficie tormentata da eruzioni vulcaniche.
“Non è un pianeta morto,” spiega Thomas Watters, un esperto di planetologia della Smithsonian Institution di Washington DC, “ma un corpo celeste che è stato molto attivo, nonostante le sue piccole dimensioni.”
In una serie di articoli apparsi la scorsa settimana sulla rivista Science, Watters e altri colleghi che lavorano nel gruppo di ricerca di Messenger, riportano i risultati delle osservazioni ottenute nel primo e nel secondo volo di avvicinamento della sonda, quest’ultimo avvenuto lo scorso settembre 2008.
Secondo gli esperti le differenze chimiche fra la Luna e Mercurio suggeriscono che le due superfici si sono evolute in maniera completamente diversa. La Luna per esempio è ricca di feldspati, che rendono il suolo lunare molto riflettente. Le osservazioni del Mariner 10 avevano fatto erroneamente credere che anche la superficie di Mercurio contenesse una grande quantità di questo tipo di minerali. Messenger però, che è in grado di misurare la riflettanza superficiale con una maggiore accuratezza, ha mostrato un pianeta molto più opaco del previsto e anche i dati raccolti dagli spettrometri sembrano suggerire la scarsità di feldspati nella crosta superficiale.
Secondo gli scienziati il motivo di questa assenza è la vera sorpresa: molto probabilmente la superficie del pianeta è stata rimodellata completamente dai fenomeni vulcanici. Stando ai dati e alle immagini riportate dalla sonda questa attività potrebbe essere relativamente recente.
Un’altra questione critica sono le tracce di attività tettonica sul pianeta. In base alle osservazioni di Mariner 10 gli scienziati avevano ipotizzato che le tracce – rotture della crosta e faglie – di questo tipo di attività osservate sulla superficie del pianeta derivassero dalla contrazione legata al suo raffreddamento. Le nuove prove di attività vulcanica però rendono improbabile questa teoria, perché la contrazione chiuderebbe le vie di espulsione del materiale vulcanico, impedendo di fatto la formazione di vulcani.
Qui si può leggere il comunicato stampa della NASA