Marte, Curiosity trova metano e molecole organiche: i mattoni della vita
Marte era abitabile miliardi di anni fa? La scoperta di antiche molecole organiche e della variazione stagionale del metano orientano le future missioni
SCOPERTE – Molecole organiche nel cratere Gale che risalgono a oltre 3,5 miliardi di anni fa e una variazione stagionale del metano nell’atmosfera. Queste sono le due scoperte emerse dai dati del rover Curiosity della NASA che fanno pensare che Marte potesse essere abitabile miliardi di anni fa o potrebbe esserlo in futuro, ma gli scienziati sottolineano che nessuna delle due è una evidenza diretta della presenza di forme di vita sul pianeta rosso. Gli articoli pubblicati sulla rivista Science l’8 giugno gettano le basi per le future missioni esplorazione del suolo marziano: ExoMars dell’Agenzia spaziale europea (ESA) e Mars 2020 della NASA,. Thomas Zurbuchen, dello Science Mission Directorate della NASA, ha spiegato: “Con queste nuove scoperte, Marte ci dice di proseguire e continuare a cercare le prove della vita. Sono fiducioso che le nostre missioni in corso e future sveleranno scoperte mozzafiato sul pianeta rosso”.
Dopo anni di lavoro i dati del rover Curiosity, lanciato nel novembre 2011 e approdato sul suolo marziano nell’agosto 2012, continuano a stupire. Le scoperte si devono al lavoro dello strumento SAM, Sample Analysis at Mars, che ha raccolto campioni di roccia in quattro differenti aree del cratere Gale, un antico bacino datato 3.6 miliardi di anni e che si estende con un diametro di circa 154 chilometri a sud della pianura Elysium Planitia. Già nel 2013 lo strumento del rover aveva rilevato la presenza di molecole organiche che contenevano cloro nelle rocce sedimentate in punti più profondi del cratere. I ricercatori hanno utilizzato questi dati come un “inventario” delle molecole trovate nei sedimenti dell’antico lago per orientare i due studi che hanno portato a questi risultati.
Molecole organiche nel cratere Gale
Analizzando le rocce sedimentarie, dette “mudstone”, i ricercatori guidati da Jen Eigenbrode del Goddard Space Flight Center della NASA, che ha pubblicato i risultati in un primo articolo su Science l’8 giugno, hanno evidenziato la presenza di molecole organiche che contengono carbonio e idrogeno, ma anche tracce di ossigeno, azoto e altri elementi. Proprio questi elementi d’altronde sono i precursori della vita, cioè i mattoni da cui essa può essere originata, ma gli scienziati restano cauti. La presenza di molecole organiche, che sono alla base del metabolismo cellulare, non indica infatti la presenza di vita passata perché potrebbero essere state create anche da processi non biologici. La Eigenbrode ha spiegato:
“Il rover Curiosity non ha individuato la sorgente delle molecole organiche. Che si tratti di una prova dell’antica presenza vita, che si tratti di cibo o che siano esistite in assenza di vita, il loro ritrovamento nei materiali marziani fornisce importanti indizi chimici sulle condizioni e sui processi che avvenivano sul pianeta pianeta”.
Se infatti oggi la superficie di Marte non è abitabile, esistono prove che dimostrano come in un lontano passato sulla superficie marziana ci fosse acqua allo stato liquido, un ingrediente essenziale per lo sviluppo della vita come la conosciamo. I dati di Curiosity dunque indicano che gli ingredienti necessari alla vita, tra cui anche i mattoni chimici e le sorgenti di energia per il metabolismo cellulare, erano presenti insieme all’acqua nel cratere Gale 3.5 miliardi di anni fa, ma c’erano delle complicazioni, come ha sottolineato la Eigenbrode:
“La superficie marziana era esposta sia a radiazioni dallo spazio che a sostanze chimiche aggressive, entrambe in grado di distruggere la materia organica. Individuare antiche molecole organiche nei primi 5 centimetri di roccia sedimentata quando Marte era forse ancora abitabile ci permetterà di indirizzare le future missioni che perforeranno il suolo in profondità a caccia della storia di queste molecole”.
Il rover della NASA ha raccolto campioni di rocce mudstone nel suolo marziano in quattro diverse aree del cratere Gale, rocce che si sono formate gradualmente miliardi di anni fa dal limo che si accumulava sui fondali dell’antico lago. Lo strumento SAM ha poi riscaldato i campioni raccolti in uno speciale “forno” fino a raggiungere temperature di circa 500 gradi Celsius, che hanno permesso il rilascio delle molecole organiche dalla roccia polverizzata. Proprio analizzando questi campioni, lo strumento ha individuato la presenza di zolfo, un elemento che è noto per le sue proprietà di conservazione, tanto da essere utilizzato per rendere gli pneumatici delle auto più duratori, e che in questo caso avrebbe coadiuvato la preservazione delle molecole organiche.
Il risultato ottenuto dal team di Eigenbrode ha evidenziato che le concentrazioni di carbonio sono dell’ordine di 10 parti per milione o anche superiori, un valore che è molto vicino a quello osservato nei meteoriti marziani e soprattutto che è circa 100 volte superiore rispetto ai precedenti rilevamenti di carbonio organico sulla superficie del pianeta rosso. Tra le molecole identificate dallo studio troviamo infatti il tiofene, il benzene, il toluene e piccole catene di carbonio, come ad esempio il propano e il butene.
La variazione del metano nelle stagioni marziani
A guidare invece il team di ricercatori del secondo articolo pubblicato su Science l’8 giugno è Chris Webster, del Jet Propulsion Laboratory della NASA di Pasadina, in California, che ha evidenziato l’esistenza di variazioni stagionali nell’atmosfera marziana analizzando i dati relativi a circa 3 anni sul pianeta rosso, che equivalgono a circa 6 anni sulla Terra. Anche in questo caso fondamentale per la scoperta sono state le analisi eseguite dallo strumento SAM. In particolare, gli scienziati ritengono che il metano individuato nel cratere Gale non abbia origine biologica, ma a stupire è stata la ciclicità delle sue concentrazioni. Nei mesi estivi infatti le rocce analizzate mostrano dei picchi di metano, che poi calano durante i mesi invernali. Webster ha spiegato:
“Questa è la prima volta che osserviamo una ripetizione nel ciclo del metano e ci offre un grande aiuto nella comprensione di questo meccanismo. La scoperta si deve alla longevità di Curiosity, che con la lunga presa dati ha permessi di osservare e determinare gli schemi di questo ‘respiro’ stagionale”.
Si tratta di una scoperta molto importante, anche perché sulla Terra la maggior parte del metano è prodotto da fonti organiche, mentre per il metano marziano si ritiene sia stato prodotto da processi abiotici. I dati di Curiosity hanno così permesso di rilevare un ciclo stagionale che oscilla tra 0.24 e 0.65 parti per milione, con un picco sul finire dell’estate nell’emisfero settentrionale del pianeta. Questo fa pensare che il rilascio del metano in superficie sia dovuto ai cambiamenti stagionali di temperatura, che portano alla liberazione del gas immagazzinato nei cristalli a base di acqua detti “clatrati” che si trovano nel freddo sottosuolo marziano.
Da Curiosity al futuro: c’è stata vita?
Nel corso degli anni di attività il rover Curiosity ha permesso la scoperta di molte caratteristiche del suolo e del sottosuolo marziano, dimostrando l’esistenza dei mattoni della vita, una condizione che insieme all’acqua allo stato liquido fa pensare che il suolo di Marte fosse in passato popolato. Se così non fosse, la loro presenza sarà fondamentale per il supporto alla vita delle popolazioni terrestre che cercheranno di colonizzarlo. Michael Meyer, scienziato a capo del del Mars Exploration Program della NASA, ha spiegato:
“Questi sono segni della possibile vita su Marte? Noi non lo sappiamo ancora, ma questi risultati ci dicono che siamo sulla strada giusta”.
Proprio sul lavoro e sui successi del rover Curiosity infatti si preparano le future missioni di esplorazione del pianeta rosso. Nei prossimi anni infatti la NASA lancerà il rover Mars 2020, mentre l’ESA si prepara al lancio della missione ExoMars. Due missioni il cui obiettivo sarà quello di perforare in profondità il suolo marziano e di studiarne sia la superficie che il sottosuolo a caccia anche di altri composti organici, che potranno finalmente rispondere alle domande che da tempo tormenta gli scienziati: Marte era abitabile 3,5 miliardi di anni fa o lo sarà per l’uomo in futuro?
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