Alla SISSA di Trieste gli scienziati dimostrano che crescere in un ambiente biligue aiuta lo sviluppo cognitivo
La globalizzazione ha fatto aumentare il numero di famiglie “miste”, quelle in cui i bambini crescono imparando due lingue, quella della mamma e quella del papà. L’ambiente ricco di stimoli linguistici ha un effetto positivo sullo sviluppo cognitivo del bambino, in particolare sulle funzioni esecutive, cioè quelle che sottendono la capacità di eseguire qualsiasi tipo di compito non solo quelli linguistici. Così scrivono ieri, 9 Luglio 2009, Jacques Mehler e Agnes Melinda Kovàcs, della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste sulla rivista Science.
Un bambino in una famiglia bilingue già a pochi mesi, ancor prima di iniziare a parlare, distingue la lingua materna da quella paterna e apprende le regolarità linguistiche più velocemente di un bambino che vive a contatto con una lingua sola. Mehler sottolinea che questo non significa che i bambini bilingui sono più intelligenti, ma che sono semplicemente più esperti, più allenati.
Mehler e Kovàcs hanno eseguito dei test in laboratorio su bambini di 12 mesi, bilingui e monolingui. Ai piccoli venivano fatte udire degli stimoli verbali con diverse strutture linguistiche. Osservando il loro comportamento era possibile stabilire quanto facilmente comprendevano la struttura. I dati dimostrano che i bambini bilingui riescono ad apprendere due diverse strutture linguistiche simultaneamente mentre quelli monolingui hanno maggiore difficoltà in questo compito.
Mehler sfata anche un mito sui bambini bilingui: non è vero che ci mettono più tempo a pronunciare la prima parola. I dati sperimentali infatti confermano che un bimbo bilingue produce le sue prime parole intorno a un anno, per arrivare a circa una quindicina intorno ai diciotto mesi di vita, proprio come i bambini monolingui.