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Ispra: precari sul tetto fino a Natale

Rischiano il posto in 217. Si smantellano così anni di ricerche e importanti attività di prevenzione e intervento ambientali

POLITICA – Dal 25 novembre un gruppo di precari dell’Ispra, l’Istituto superiore per la protezione dell’ambiente e la ricerca, staziona giorno e notte sul tetto della sede romana di via Casalotti. E non ha intenzione di scendere almeno fino a Natale, se non avrà dal Ministro dell’ambiente le rassicurazioni richieste in merito al posto di lavoro. Quei precari sono solo alcuni degli oltre 200 fra ricercatori, tecnici e personale amministrativo che rischiano di perdere il posto fra la fine di quest’anno e il prossimo gennaio. Contratti in scadenza, cervelli a perdere. «Nel 2008 sono stati accorpati nell’Ispra i tre istituti Apat, Icram e Infs, tutti e tre fondamentali per le ricerche sull’ambiente, la protezione del nostro territorio e la gestione delle emergenze ambientali» spiega Michela Mannozzi, che si occupa di monitoraggio ambientale ed è precaria da più di sei anni. «In tutto, allora, i tre enti impiegavano circa 1.600 persone, molte delle quali con contratti co.co.co. Cinquanta erano stati mandati a casa già nei mesi precedenti; altri 230 non hanno visto rinnovarsi il contratto lo scorso giugno e ora sono a rischio 217 posti di lavoro. E pensare che, inizialmente, quando c’è stato l’accorpamento eravamo ottimisti. Pensavamo che la ricerca si sarebbe potuta sviluppare meglio e in modo più coordinato». Ottimismo deluso: oggi l’istituto viene smantellato pezzo per pezzo, e vengono demoliti al contempo anni di ricerca e mandati all’aria progetti importanti. Come quello di Simone Canese, che da precario coordina un gruppetto di ricercatori precari, e che a marzo è stato protagonista su giornali e tv per aver scoperto una spettacolare foresta di corallo nero nelle profondità marine, fra la Sicilia e la Calabria. «Simone gestisce progetti europei per 700 mila euro» dice Mannozzi. Tutti soldi che andranno in fumo.

Ma la ricerca non è la sola vittima dei tagli selvaggi. A rischio ci sono infatti attività cruciali per la tutela della salute e dell’ambiente, e basta dare un’occhiata al sito dell’istituto per rendersene conto. «L’Ispra si occupa delle bonifiche sui siti di interesse nazionale, come Gela e Porto Marghera, e delle valutazioni di impatto ambientale; coordina inoltre i primi interventi quando si verificano emergenze in mare, come sversamenti pertoliferi o chimici, e molto altro ancora» prosegue Mannozzi. «In particolare, l’attività di gestione delle emergenze marine è svolta da un gruppetto di una dozzina di persone, reperibili 24 ore su 24; già oggi la loro azione è gravemente compromessa e con i licenziamenti ne rimarrebbero soltanto due». Così, era precaria la task force che a ottobre si è occupata della “nave dei veleni” di Cetraro, in Calabria, e in più occasioni, in importanti convegni internazionali anche presso agenzie dell’Onu, l’Italia è stata rappresentata da chi oggi rischia il posto. «Ci siamo assunti responsabilità che sono ben al di sopra di quelle che un precario dovrebbe avere e chiediamo che questo sia riconosciuto» puntualizza Michela Mannozzi. «Non siamo tutti giovani ricercatori. Abbiamo età comprese fra i 27 e i 42 anni, e c’è chi va avanti con contratti a termine anche da 14 anni».

In un Paese circondato dal mare e a forte rischio idrogeologico, dove la gestione dei rifiuti resta un problema e l’inquinamento ammorba le città, la politica del Ministero dell’ambiente sembra davvero poco comprensibile. «Sospettiamo che si vogliano trasferire molte delle attività relative alla protezione ambientale nelle mani dei privati, cosa che in parte sta già avvenendo» riprende la ricercatrice. «Ma si tratta di settori di interesse pubblico, che dovrebbero quindi essere gestiti dallo Stato. I privati possono essere di supporto, e in passato lo sono stati fornendo aiuti importanti. Ma il settore pubblico deve continuare ad avere un ruolo chiave».

Lo scorso 8 dicembre i precari sul tetto dell’Ispra hanno addobbato un albero di Natale e lo hanno mandato al Ministro Prestigiacomo, accompagnato da una maglietta con su scritto “Non sparate sulla ricerca” e da una maschera bianca, a rappresentare la loro invisibilità agli occhi dello Stato. «Lo abbiamo fatto per ricordarle che sotto Natale molti di noi rischiano il posto e invitarla a intervenire» conclude Mannozzi. Affinché tutti possano seguire la vertenza, i precari dell’Ispra hanno allestito un sito internet, meno patinato di quello ufficiale, ma certamente efficace.

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