In base a dati sperimentali e equazioni matematiche un fisico americano spiega perché l’occhio ama il rettangolo aureo
NOTIZIE – L’ipotesi è suggestiva, ma forse il lavoro di Adrian Bejan, fisico della Duke University, di Durham nel North Carolina, necessita di qualche ulterore approfondimento sperimentale. Lo scienziato, in un recente lavoro apparso sulla rivista International Journal of Design & Nature and Ecodynamics, sostiene che la supremazia estetica del canone aureo dipende dalla naturale tendenza del sistema visivo (umano e animale) a osservare il mondo lungo il piano orizzontale.
Andiamo con ordine. Il canone aureo è quel rapporto fra le dimensioni (di un edificio, una scultura, un dipinto…) pari a 1,618 (cioè circa 3/2) che nella storia è stato più volte indicato come esteticamente perfetto. Fra le tante opere che lo rispettano si trovano il Partenone, la Gioconda, i quadri di Mondrian, l’Ultima cena di Dalì.
È specialmente durante il Rinascimento che l’idea di una superiorità estetica del canone aureo, in particolare del rettangolo aureo, cioè il quadrilatero le cui dimensioni stanno in relazione nel rapporto di circa 3/2, ha preso definitivamente piede.
Ora Bejan ritiene di aver capito i motivi evolutivi di questa preferenza. Nell’articolo lo scienziato sostiene che la presenza del rettangolo aureo è così massiccia nei manufatti umani proprio perché il nostro occhio riesce a esaminare con estrema rapidità questo tipo di forme. Questa facilità di analisi visiva si tradurrebbe nel piacere estetico che proviamo guardando un oggetto che rispetti queste proporzioni.
A questo punto sono di dovere almeno due osservazioni. Bejan basa le sue conclusioni su equazioni matematiche derivate da una più generale legge fisica da lui formulata alcuni anni fa, e solo parzialmente sostenute da dati empirici riguardo il funzionamento del sistema visivo. La “teoria costruttale” (constructal theory) sostiene che una qualsiasi configurazione in natura è un fenomeno fisico che unisce i sistemi animati e l’inanimati secondo la “legge costruttale”, da lui formulata nel 1996: “perché un sistema (di flusso) finito persista nel tempo (sopravviva) la sua configurazione deve evolversi in modo da offrire un accesso più semplice alle correnti forzate che vi fluiscono attraverso”. Per un sistema animato, in parole semplici, significa che l’evoluzione biologica dovrebbe portare a rendere più semplici ed efficienti le funzioni vitali per l’organismo. Partendo da questo assunto, e in base alla letteratura, Bejan ha osservato che per la maggior parte degli esseri viventi, uomo compreso, è più semplice e veloce analizzare una scena visiva lungo l’asse orizzontale, questo perché il nostro mondo si estende principalmente lungo il piano del suolo su cui ci muoviamo. Per una gazzella, per esempio, il pericolo può giungere da dietro, davanti, destra o sinistra, ma difficilmente dal basso o dall’alto, ed è ragionevole che il suo sistema visivo si sia sintonizzato specialmente su questo piano.
In base a queste osservazioni lo scienziato ha cercato un’equazione in grado di massimizzare la velocità di analisi degli oggetti visivi. Secondo lui la prestazione migliore si ottiene quando il rapporto fra base e altezza di un oggetto è uguale a quello fra le velocità di analisi lungo queste due dimensioni, e da questo deriva, sempre secondo Bejan, che i tempi di analisi lungo le due dimensioni sono più o meno uguali.
Per eguagliare i tempi, visto che il sistema visivo tende ad essere più veloce lungo l’orizzontale, la lunghezza della base deve essere maggiore di quella dell’altezza, ed è proprio il rapporto aureo quello che descrive meglio la differenza fra le due dimensioni.
Sono però proprio i dati empirici a cui Bejan fa riferimento a essere il primo tallone d’Achille dello studio: come lui stesso dichiara, in letteratura i dati sulla velocità di analisi lungo il piano orizzontale sono abbondanti, mentre sono molto scarsi per quello verticale.
Un altro dubbio è di ordine più generale: è proprio vero che il canone aureo suscita questa sensazione esteticamente piacevole? La questione è materia di discussione da molti decenni. La credenza infatti è sopravvissuta per secoli fino a che gli psicologi non hanno cominciato a cercare delle prove empiriche, ma a questo punto le certezze hanno iniziato a vacillare. Le opinioni sono rimaste a lungo discordanti: Gustav Fechner, celebre psicologo dell’800 e fondatore della psicofisica, ne confermava il valore estetico ma molti lavori successivi hanno mosso critiche sia alla validità degli esperimenti di Fechner, sia alle sue conclusioni. Le critiche sono forse culminate con il libro del 1990 di Holger Hoge, psicologo dell’Università di Oldenburg, in Germania, dall’esplicito titolo “The golden section hypothesis. Its last funeral”.
Un’ulteriore osservazione che si può muovere alle convinzioni di Bejan, è che in alcune opere da lui stesso citate, il rettangolo aureo a cui si fa riferimento ha la base più corta dell’altezza, vanificando così tutte le considerazioni fatte sulla predominanza della dimensione orizzontale.
Nonostante questi punti oscuri il lavoro di Bejan merita di essere approfondito con opportune osservazioni empiriche, sull’essere umano e su altri animali. Interessante per esempio sarebbe testare le preferenze estetiche di animali il cui mondo visivo si estende lungo la verticale, come certi rapaci che cacciano sempre dall’alto e la cui vista sembra essere più acuta proprio lungo questo piano.