Torna di moda una pratica antica: raccogliere e riutilizzare l’acqua piovana. Voi lo fate o conoscete esempi pubblici virtuosi? Allora fateci sapere, per costruire insieme una mappa di buone pratiche italiane.
SPECIALE ORO BLU – Corsi e ricorsi storici: fino a una trentina di anni fa la raccolta dell’acqua piovana, da riutilizzare in casa o per innaffiare orto e giardino, era molto comune in Italia, specie al Sud. Poi, con la diffusione più capillare degli acquedotti, la pratica si è persa. Oggi però rispunta, con una serie di esempi virtuosi pronti a sfidare la crisi idrica che incombe.
Ed è qui che vi chiediamo una mano. Noi di OggiScienza ne abbiamo raccolto qualcuno, voi segnalateci quelli che conoscete: alla fine, potremo realizzare insieme una mappa delle buone pratiche di raccolta della pioggia distribuite sul nostro territorio .
A differenza di altre strategie “domestiche” per il risparmio idrico, come l’applicazione di frangigetto ai rubinetti di casa, il recupero dell’acqua piovana ha più a che fare con interventi illuminati di edizilia residenziale, industriale, o pubblica. “La tecnologia necessaria in realtà è molto semplice: bastano un serbatoio di raccolta – anche piccolo per gli usi di un appartamento – e un sistema di filtraggio. Il problema è piuttosto la rete di distribuzione”, spiega Giulio Conte, socio fondatore dell’Istituto Ambiente Italia, per il quale si occupa di gestione delle acque e delle risorse naturali e autore del libro Nuvole e sciacquoni. Come usare meglio l’acqua in casa e in città (Edizioni Ambiente, Milano 2008). “Una volta che si è raccolta l’acqua, bisogna farla arrivare dove serve, per esempio alla cassetta di scarico del Wc, alla lavatrice o a eventuali rubinetti esterni. Questo però comporta rifare tutto l’impianto idraulico di casa, e in genere non è una soluzione pratica. A meno, ovviamente, di situazioni particolari, in aree in cui l’acqua è molto costosa o se si ha la possibilità di recuperare cisterne antiche”.
Così, a darsi da fare sono soprattutto comuni o società con un’attenzione particolare al tema del risparmio idrico. Quando si è trattato di ristrutturare la piazza centrale di Castelnuovo Berardenga, piccolo borgo in provincia di Siena, per esempio, l’idea è stata quella di farlo nel modo più “eco” possibile: pavimentazione con materiali di riciclo e pannelli fotovoltaici per alimentare le pompe delle fontane, alimentate ovviamente con acqua piovana raccolta dall’antica cisterna, recuperata.
Altro esempio di edilizia sostenibile è l’Istituto tecnico commerciale Floriani di Riva del Garda: durante recenti lavori di ampliamento della scuola è stata realizzata una vasca di recupero dell’acqua piovana, utilizzata per l’irrigazione del giardino e lo scarico dei wc.
A Rimini, invece, è un centro commerciale – I Malatesta – il fiore all’occhiello dell’eco-edilizia: un ipercoop con impianto fotovoltaico e generatore eolico per la produzione autonoma di energia da fonti rinnovabili, un tetto d’erba che aiuta a mantere il caldo d’inverno e il fresco d’etate e un sistema di recupero dell’acqua piovana (con una vasca che ne tiene 700 metri cubi), per irrigare le aree verdi e alimentare l’impianto antincendio.
A Preganziol, in provincia di Treviso, hanno fatto le cose ancora più in grande, realizzando un intero villaggio residenziale con un sistema integrato di gestione del ciclo delle acque: non solo recupero delle acque piovane con un sistema di fitodepurazione, ma anche recupero e riutilizzo delle acque grigie (quelle della doccia e del lavandino, per intenderci), fognature separate per acque grigie e nere e dispositivi di risparmio idrico per tutti i rubinetti delle singole abitazioni. Il progetto è stato ultimato da poco, ora si aspetta che vada a regime.
Voi conoscete altri esempi? Oppure avete optato per un sistema domestico, magari “fai da te”, di raccolta della pioggia? Forza allora, raccontateci la vostra esperienza! E se invece volete farvi un’idea più precisa del tema, potete dare un’occhiata qui e qui.
Qui, qui e qui, invece, suggerimenti e buone pratiche all’estero.